Anno nuovo, vecchio stress, soprattutto sul lavoro e soprattutto per le donne. A quanto pare le lavoratrici italiane continuano a essere alle prese con problemi cronici come ritmi frenetici, carichi di lavoro non facilmente sostenibili (men che meno conciliabili con la vita privata) e, in particolare, con l’insoddisfazione. A dirlo sono i dati emersi da un sondaggio, curato dal portale Indeed specializzato in offerta e ricerca di lavoro, dal quale emerge che queste difficoltà riguardano in particolare le donne.

L’insoddisfazione professionale è donna

Secondo la ricerca, circa la metà delle donne occupate (49%) ritiene di essere sottopagata o di non avere comunque un compenso adeguato (58%). Sono proprio queste le due principali cause di insoddisfazione – e dunque anche di stress – per le lavoratrici italiane, che sentono di non riuscire a esprimere tutto il proprio potenziale e a realizzarsi sul lavoro. «La mancanza di apprezzamento (42%) e di soddisfazione (35%) seguono nella classifica delle motivazioni più ricorrenti. C’è anche chi dice di non riuscire a dare il massimo perché si sente infelice (24%) o perché non prova senso di appartenenza (18%)», spiegano da Indeed.

Vita privata e lavoro: donne in difficoltà

Lo stress, dunque, pesa sulla qualità della vita professionale femminile, che già fatica a conciliarsi con quella privata, aumentando la frustrazione. Il 58% delle donne occupate dichiara di soffrirne almeno 2-3 giorni a settimana, mentre per il 30% è addirittura una problematica di tutti i giorni. Il 24% delle lavoratrici partecipanti al sondaggio dichiara di sperimentare quotidianamente sensazioni di difficoltà, mentre il 19% di chi non riesce a prosperare lamenta mancanza di supporto da parte dei propri manager.

Perché lo stress sul lavoro colpisce soprattutto le donne

Lo stress e l’insoddisfazione non risparmiano neppure gli uomini, colpiti però in una percentuale minore rispetto alle donne (31%). La domanda verrebbe spontanea: perché? Peccato che la risposta sia facilmente immaginabile: sicuramente incide uno stipendio mediamente più basso, legato anche a maggiori contratti part-time per il personale femminile. «Ci sono richieste spesso “involontarie” di riduzione degli orari di lavoro, per necessità aziendali o anche familiari: la donna, del resto, ha sulle proprie spalle il carico del lavoro di cura invisibile e non retribuito, cioè quello per far fronte a bisogni fisici, psicologici, emotivi e di sviluppo, di familiari e parenti», spiega Valentina Marchionno, Network Coordinator Stimulus Italia, Psicologa clinica con Master in Gender Equality Diversity and Inclusion.

Il lavoro invisibile delle donne

«Secondo il report dell’European Institute for Gender Equality, le persone che si prendono maggiormente cura dei familiari e della casa ogni giorno sono le donne, che rappresentano rispettivamente il 34 e il 72% della popolazione, per gli uomini le percentuali scendono a 25 e a 34. C’è un problema culturale per cui la cura della propria famiglia è percepita quale problema della donna e non quale responsabilità condivisa. L’uomo oggi, molto di più rispetto a un tempo, aiuta la propria compagna nella quotidianità, ma resta un esecutivo: è la donna che ha in carico il pensiero, l’organizzazione, la pianificazione», spiega la psicologa. Da qui il senso di oppressione e “l’effetto sandwich”.

Chi sono le donne della “generazione sandwich”

È proprio il carico mentale a pesare sulla cosiddetta “generazione sandwich”, tra i 40 e i 50 anni. «Sono schiacciate da più richieste, più impegni e più incarichi perché si prendono cura dei genitori, a volte anziani o con difficoltà dovute all’età che avanza, della casa e dei figli. A questi doveri, s’aggiunge il carico delle sfide lavorative. Le aiuterebbe non solo avere orari più flessibili, ma soprattutto un’organizzazione migliore anche a casa: è importante parlare con il proprio partner, comunicare i disagi, chiedere più collaborazione non solo dal punto di vista esecutivo, ma anche mentale».

Che aiuto serve alle donne e madri che lavorano

Insomma, non basta aiutare seguendo le indicazioni che arrivano dalla donna: i partner dovrebbero diventare più “indipendenti”. «Per fare un esempio pratico, se questa sera l’uomo decide di cucinare, è bene che pensi anche alla spesa e si preoccupi di sentire i componenti della famiglia per chiedere loro se saranno a casa all’ora di cena – spiega l’esperta – Oltre a lavorare, infatti, si occupano di casa, figli e genitori anziani. Nel 35,7% dei casi, hanno chiesto aiuto in ambito socio-assistenziale, come emerge da un report di Stimulus Italia sul benessere dei professionisti nei luoghi di lavoro».

Stress sul lavoro e mancanza di flessibilità

Le ricerche confermano che alla base dell’insoddisfazione e del malessere nella vita lavorativa delle donne c’è soprattutto il carico di lavoro (39% dei casi), insieme a uno scarso riconoscimento del proprio impegno (36%) e «un work life balance molto spesso insoddisfacente (28%). La mancanza di flessibilità (18%), in particolare della possibilità di lavorare da remoto, e un eccessivo numero di riunioni (14%) completano il quadro», come emerge dal sondaggio Indeed. Eppure, dopo il periodo della pandemia Covid che ha reso necessario il ricorso al lavoro agile (o da remoto), si è vissuto quasi con sollievo il ritorno in ufficio. Perché ora si desidera più flessibilità?

Non solo smart working

«Avere orari flessibili permette di gestire il proprio tempo in funzione delle proprie necessità. Ma possono aiutare anche consulenze sociale: per esempio, sapere quali sussidi esistono rispetto a un problema che vivono, quali sono le agevolazioni a cui hanno diritto o anche per supportarli nel cercare enti, associazioni, realtà che sul proprio territorio possano portare un aiuto concreto», sottolinea Marchionno. Sperimentazioni come la settimana corta o realtà di aziende che hanno asili nido in azienda o stanze per allattare possono essere altrettanti utili.

Superare la diffidenza culturale

A volte, però, le donne lavoratrici si sentono in difficoltà anche nel chiedere l’accesso a misure che potrebbero aiutarle. Da un lato, infatti, «è importante che un’azienda capisca chi sono i suoi lavoratori, quali bisogni hanno, quali esigenze sentono, così da studiare insieme agli HR delle soluzioni di supporto e sostegno». Dall’altra, però, «non sempre i lavoratori ricorrono agli strumenti a loro disposizione, perché non ne capiscono il significato oppure perché temono le reazioni dei propri colleghi: c’è una diffidenza culturale che va superata. Diventano fondamentali i workshop, la formazione, i momenti di dialogo e di confronto», spiega ancora l’esperta.

Servono stipendi migliori

Il sondaggio indica, comunque, che migliori stipendi (o benefit) sono ritenuti validi incentivi dal 58% delle lavoratrici, per migliorare le condizioni professionali. «Quando i dipendenti si sentono bene, sono più produttivi, creativi e motivati. Questo si traduce in una maggiore fidelizzazione dei talenti, una migliore performance e, in definitiva, in risultati più solidi», commenta Gianluca Bonacchi, Senior Talent Strategy Advisor di Indeed. A seguire si trovano comunque proprio una maggiore flessibilità (35%), maggior attenzione nel creare ambienti di lavoro caratterizzati da benessere (35%) e supporto per la progressione nella carriera (30%), spesso ancora limitata.

Più possibilità di carriera

«Le donne, per cultura, sono abituate a candidarsi per una nuova posizione solo quando sentono di essere pronte e di poter soddisfare tutti i requisiti che vengono richiesti. L’uomo no», spiega Marchionno. Per questo attività come workshop di empowerment, programmi di mentoring, sportelli socio assistenziali e corsi di educazione finanziaria possono aiutare la crescita professionale femminile. La stessa Stimulus Italia, specializzata nella consulenza per il benessere psico-sociale in azienda, ha attivato un programma EAP – Employee Assistance Program, che comprende supporto psicologico individuale, ma anche orientamento di tipo sociale, legale e fiscale: «L’area sociale è in crescita, segno di un bisogno delle famiglie che non riesce ad essere soddisfatto in altri contesti», sottolinea l’esperta di DEI.

Le donne possono avere soddisfazioni dal lavoro?

Ad oggi, dunque, sembra che per le donne non sia ancora possibile trovare sufficienti soddisfazioni dal lavoro. Dall’indagine Indeed, su 1000 persone over 18 interessate a nuove possibilità di occupazione, è emerso infatti che meno di una donna su 5 (19%) sente di riuscire a prosperare sul lavoro. «Come dimostrano i dati del Global Gender Gap Report 2024, sono necessari 134 anni per raggiungere la parità di genere tra uomini e donne. È quindi fondamentale agire sul piano culturale perché i ruoli di genere diventino meno rigidi e più permeabili per le generazioni più giovani: libri, film, cartoni animati ne parlano già e questo può contribuire a un cambiamento culturale», conclude Marchionna.