Quando Ilaria ha cominciato a contare quanti giorni di ferie le spettassero e quanti soldi aveva messo da parte, noi coinquiline avevamo già capito. Aveva in mente qualcosa. Lei era l’unica fra noi con un lavoro stabile, ma nel giro di pochi anni si era fatta inglobare completamente: mai un giorno di ferie, chiamate, email e messaggi in continuazione persino nel weekend. La sera tornava a casa sempre più tardi, e spesso non mangiava neanche. Il primo passo è stato ritagliarsi delle ore per la palestra, poi cominciare a spegnere il cellulare aziendale nel weekend. Finché, passata l’estate, è arrivato l’annuncio: «A marzo parto per l’Australia, e a gennaio mi licenzio». Il suo piano? Un mini retirement, ovvero una sorta di pensione breve da gustarsi in anticipo.

È partita con la sua amica Michela, anche lei fresca di licenziamento, e anche se sono via da meno di due mesi hanno già incontrato tantissimi coetanei che hanno fatto la loro stessa scelta. C’è chi ha lasciato una carriera sicura e un destino già segnato, chi ha smesso di fare “lavoretti” e deciso di godersi i risparmi una volta per tutti, ma sono sempre più anche quelli per cui ormai il mini retirement è uno stile di vita e lo praticano a cadenza regolare.

Mini retirement: il significato del trend

Con questo termine, letteralmente traducibile con “mini pensione”, si intende infatti una pausa dal lavoro di breve durata, ma comunque significativa. Non ci sono vere e proprie regole, che chi si ferma per anni, o periodi che vanno dai sei ai tre mesi. Il fenomeno – anche detto adult gap year – di per sé non è una novità: i gap year sono già diffusi tra gli studenti di tutto il mondo e, anche se da noi sembra essere una scoperta recente, in realtà in Paesi come Danimarca, Svezia e Norvegia non è inusuale prendersi pause dal lavoro anche in età adulta. A dare un nome e rendere popolari i mini retirement per la prima volta è stato l’imprenditore americano Tim Ferris, che nel 2007 ha pubblicato un’autobiografia/manifesto dal titolo The 4-Hour Workweek con una serie di idee per rivoluzionare il mondo del lavoro.

Tra le tante proposte, molte delle quali irrealizzabili, spuntavano queste “pensioni a rate” che oggi conquistano la GenZ. La possibilità per i lavoratori di dedicarsi ai viaggi, alla cultura o semplicemente prendersi del tempo tra la fine di un contratto e l’inizio di uno nuovo o per riprendersi da un periodo particolarmente stressante, e ritornare poi alla carriera con rinnovate energie.

Bye bye pensione, hello mini retirement

Che il fenomeno sia ritornato in voga con rinnovata popolarità, però, non è un caso. Si tratta dell’ennesima dimostrazione che anche in ambito lavorativo stiamo vivendo cambiamenti epocali: uno fra tutti, come i tradizionali giorni di vacanza che i contratti concedono non siano più sufficienti per persone sempre più inglobate dal lavoro. Ad aggravare questo quadro, la prospettiva di una pensione sempre più lontana e sempre meno soddisfacente. I dipendenti, soprattutto i più giovani, cominciano a sentire che non ci sia più una vera ricompensa per la vita di sacrifici cui sono abituate le generazioni precedenti.

Inoltre, come dimostrano diverse ricerche, le nuove generazioni sono anche sempre più consapevoli dell’importanza della salute mentale. Il troppo lavoro, la mancanza di confini e gli ambienti tossici hanno un impatto enorme che sempre più lavoratori non hanno più intenzione di ignorare. E così non bisogna stupirsi di chi, dopo anni di sacrifici, invece che investire i soldi guadagnati in un mutuo o in un’automobile, sceglie di partire e vivere di rendita quanto possibile.

Una scelta di vita che ha pro e contro

Ovviamente, la scelta di intraprendere un mini retirement non è adatta a tutti. Per essere in grado di mantenersi senza lavorare serve un gruzzolo notevole, e l’unico modo perché una pausa di questo genere abbia successo è non trasformarla, a sua volta, in una fonte di ansia e stress. Ecco perché il fenomeno è diffuso soprattutto tra i giovani tra i 27 e i 30 anni, che hanno lavorato abbastanza da avere qualche risparmio e un curriculum invidiabile, ma non hanno a carico una famiglia o altre proprietà.

Ma le pensioni a piccole dosi non hanno età, e la meno coraggiosa Generazione X comincia a goderne scegliendone una versione “micro”. Sono sempre di più infatti le storie di dipendenti che alternano anni di lavoro (tre, cinque o dieci) a mesi o anni di micro retirement: pause meno impegnative che consentono di staccare, ma che non durano abbastanza da avere un vero peso sulla carriera.

E se i soldi finiscono prima di essere pronti alla fine della pausa, non è il caso di rassegnarsi. Invece che cercare un altro lavoro e riprendere con il frullatore quotidiano, si può optare per un bridge job, ovvero un “lavoretto” part time che permette di rientrare nel budget senza rinunciare alla libertà. Ritornare al lavoro si può, anzi si deve, ma solo quando si è finalmente pronti e riposati.