La paura ha tante facce, ma io credevo di non averne, fino a quando non sono diventata invisibile. E allora ho capito che essere invisibile faceva paura. Ho 50 anni e 4 anni fa ho perso il lavoro: la testata per la quale lavoravo ha chiuso i battenti e io, come altre colleghe, ho scelto un incentivo all’esodo anziché il licenziamento. Scelta che non rifarei. Sono sempre stata piuttosto ottimista, saranno le mie origini napoletane, ma credevo che mi sarei rialzata e credevo, forse ingenuamente, che Milano mi avrebbe ripagata come avvenne 30 anni fa quando arrivai per lavorare poco più che 20enne. A Milano, si sa, si corre, si produce, si lavora, non c’è mai tempo abbastanza.

Perdere il lavoro rende invisibili

Avere 50 anni a Milano e non avere un lavoro rende invisibili. All’inizio non avevo capito che non avevo perso “solo” il lavoro ma avevo smarrito la mia identità. Fino a quel momento non mi ero resa veramente conto di quanto mi identificassi in quel lavoro e quanto mi sarebbe mancato. Credevo che avrei assaporato la libertà, che avrei tirato fuori dal cassetto i sogni in attesa… I primi mesi accompagnavo mia figlia a scuola finalmente senza correre, mi fermavo a bere il caffè con calma, progettavo un futuro e una nuova fase della vita.

Le aspettative fanno i conti con la realtà

Purtroppo, però, i progetti non sono diventati realtà, perché non sono più riuscita a ricollocarmi. A poco a poco, ho iniziato a sentirmi sempre più invisibile. Non avevo più un ufficio, non avevo più colleghe con cui scambiare chiacchiere alla macchinetta del caffè, non avevo più un’assicurazione, non avevo più weekend perché ogni giorno era uguale all’altro, non avevo più un’identità sociale. Non ero più nessuno. Mia figlia, nei primi tempi della nuova vita, tornando da scuola mi diceva: «Sei l’unica mamma che non lavora!». All’inizio mi “giustificavo” raccontandole di aver fatto la giornalista per 20 anni e le facevo vedere le foto di lei da piccola seduta alla mia scrivania, poi ho compreso la sua difficoltà nel vedermi diversa dalle altre mamme.

Per il mondo del lavoro, i 50enni non sono una risorsa

In poco tempo il lunedì mattina è diventato il momento più brutto: tutti correvano al lavoro e io restavo fuori dalla scuola cercando di convincermi che non ero invisibile, avevo solo bisogno di tempo. Nel frattempo ho scritto un libro (il tema, l’aborto, è tosto: così mi hanno detto), ma non ho trovato un editore, probabilmente perché sarei dovuta essere prima un personaggio visibile e io non lo ero più. Ho mandato curriculum a chiunque, scritto, chiamato, provato a reinventarmi. Per il mondo del lavoro i 50enni non sono una risorsa. Per il mondo del lavoro i 50enni sono invisibili.

Lavoro perso, identità persa

Spesso leggo sui giornali delle “bellissime 50enni” e di come fanno ad avere una pelle tonica, un fisico da pin up o un uomo attraente – magari più giovane – vicino. Ecco, io invece ho le rughe, non ho un uomo e sono in menopausa, ma è solo il lavoro che mi manca, di tutto il resto me ne frego. Vorrei poter pagare il mutuo e le bollette senza passare le notti sveglia a domandarmi, ora che tutti i soldi sono finiti, come andare avanti. Vorrei avere di nuovo un’identità per non perdermi tra la gente che corre, tra chi chiede: «E tu che lavoro fai?». Vorrei che mia figlia fosse fiera di me.