Cresce il numero degli occupati e dei neoassunti 50enni, tante posizioni di lavoro restano scoperte (a febbraio circa 200.000, secondo i dati dell’Osservatorio Excelsior-Unioncamere) eppure di precari – anzi, soprattutto di precarie che vogliono, o devono, trovare lavoro a 50 anni – ce ne sono e hanno vita complicata. Sembrano situazioni che la logica non farebbe coesistere, invece nel nostro mercato del lavoro contraddizioni, strozzature e anche opportunità si trovano… in perfetto disequilibrio.

È cresciuta la sottoccupazione

Chiariamo subito insieme a Carlo Carboni, membro del consiglio scientifico internazionale di Sociologia del lavoro e co-curatore con Raffaele Brancati del saggio Verso la piena sottoccupazione. Come cambia il lavoro in Italia (Donzelli), che «negli ultimi anni nel nostro Paese si è alimentata un’illusione: quella di essere diretti verso la piena occupazione. In realtà abbiamo assistito a una rapida crescita non di un’occupazione dotata di stabilità e tutele, ma della sottoccupazione, con forme e tipi di lavoro frammentato e vulnerabile. La precarietà – intesa come incertezza sulle prospettive del proprio reddito o del proprio posto di lavoro – costituisce un nostro problema costante e riguarda soprattutto giovani, donne, stranieri ed è più consistente nel Sud». Ecco perché trovare lavoro a 50 anni è spesso una strada in salita.

Le donne sono penalizzate

Le donne, di qualunque latitudine ed età, restano – purtroppo non è una novità – mediamente le più penalizzate. Alcuni dati ne riassumono la fragilità economica: il tasso di occupazione femminile in Italia è tra i più bassi d’Europa e il reddito da pensione medio lordo – dicono i dati Inps – per le donne è di circa 1.500 euro più basso (in pratica un meno 35%) rispetto a quello degli uomini. Non solo. Tra gli iscritti a forme di previdenza complementare, le donne sono solo il 38% e, secondo una ricerca di Assindatcolf, stanno aumentando quelle che per motivi familiari non lavorano proprio: il 34,7% in più nel 2023 rispetto al 2018. La somma di questi problemi non porta a previsioni rosee.

Trovare lavoro a 50 anni è spesso una necessità

Quindi lavorare anche dopo i 50 anni, oltre che una forma di realizzazione personale, diventa spesso una necessità. Ma rimettersi in pista non è facile. «È un’età in cui la donna si trova con i figli grandi ma ancora da seguire, con i genitori che stanno invecchiando e per queste ragioni viene risucchiata anche psicologicamente in una sfera che spesso la allontana dall’impegno professionale» dice Alessandra Giordano, Direttore Employability e Career Development di INTOO (Gi Group Holding). «La domanda che deve farsi, e a cui va data una risposta con onestà, è: “Sento comunque il bisogno di rimanere una professionista e cercherò di trovare un equilibrio rispetto alle tematiche familiari, anche tramite supporti, o voglio dedicarmi del tutto alla famiglia abbandonando in modo consapevole il mio percorso lavorativo? Noi vediamo dibattersi di fronte a questo dilemma professioniste di ogni livello. E a rendere il tutto più complesso c’è la paura di confrontarsi con la tecnologia».

Per trovare lavoro a 50 anni occorre aggiornare le proprie competenze

«Restare employable, occupabile, e aggiornare le proprie competenze è fondamentale. Dopo che sei stata magari per 25-30 anni in un’azienda, quella era la tua nicchia, ma se poi sei rimasta a casa e ti assume un’altra realtà chiedendoti uno sforzo tecnologico importante, sei sicura di non essere in grado di farlo?» continua Giordano. «Se ti guardi indietro hai superato tanti scogli, puoi farcela anche questa volta. Io dico alle donne, anche a quelle che un posto ce l’hanno: investite sulla vostra employability perché è la chiave per la longevità professionale. Come? Valorizzando e aggiornando costantemente le competenze, consapevoli delle evoluzioni dei ruoli e delle organizzazioni».

L’importanza di fare networking

Poi per trovare un nuovo lavoro c’è un’arma preziosa a disposizione: il networking. «Se ci chiediamo come abbiamo trovato la baby sitter o la badante, molte di noi si risponderanno: “Parlando fuori da scuola o con le colleghe e amiche”. Questa competenza ce l’hai, te ne devi rendere conto e contestualizzarla nell’ambito lavorativo» continua Giordano. «Le donne sono più brave perché la loro voglia di dare le mette in condizione di ricevere, mentre gli uomini partono dal ricevere prima di dare. Il networking è una leva importante anche mentre si ha un posto in una azienda, quindi il consiglio è di non passare la giornata sempre con le solite tre colleghe, ma creare legami anche con persone di altre funzioni e aziende. Noi donne siamo troppo abituate a pensarci come separate in due sfere: lavorativa e privata ma siamo un unicum. Occorre transilienza: ogni competenza che maturo in ogni ambito devo essere in grado di riversarla anche negli altri».

Servono nuove forme contrattuali

Non basta poi la buona volontà della singola persona per riuscire a restare in pista a ogni età. Tutti devono fare la loro parte, anche le aziende, la politica, le istituzioni. «Una cosa di cui si parla poco è mettere in atto dei meccanismi per rendere sopportabile la vita lavorativa tra i 60 e i 70 anni» dice Gianpiero Dalla Zuanna, professore ordinario di Demografia all’università di Padova e accademico dei Lincei. «C’è ancora l’idea che uno vada avanti a lavorare facendo sempre le stesse cose, mentre occorrerebbero anche nuove forme contrattuali. Siamo in un momento unico nella storia dell’Occidente, i baby boomer sono tanti e vivranno più a lungo dei loro genitori e nonni e quelle che un tempo sarebbero state viste come le persone al tramonto della vita in realtà hanno ora davanti un periodo di tempo molto lungo. Anche sul lavoro». Vince chi accetta la sfida di reinventarsi e magari scopre di eccellere dopo i 50 e i 60 anni in attività che non aveva mai sperimentato prima. Così da passare, in una sorta di fioritura tardiva, dallo stato di boomer a quello di late bloomer.

Trovare lavoro a 50 anni: 7 consigli per ricollocarsi

Avere chiara la situazione previdenziale. Questi calcoli – fatti anche con l’aiuto di un esperto – servono a valutare l’impatto di un’eventuale contribuzione figurativa o di periodi non coperti da contribuzione per capire se, per esempio, si possa o no accedere alla pensione anticipata.

Attivare il proprio network. Si tratta della rete di relazioni formali e informali per allargare i propri contatti e per ricercare informazioni utili. È bene non far trasparire emozioni negative, ma voglia di fare e di rimettersi in gioco.

Adottare una mentalità flessibile. Bisogna essere aperti rispetto a ruoli, settori e soluzioni contrattuali diverse da quanto già sperimentato o desiderato. È bene anche prestare attenzione ai bandi e alle iniziative specifiche del territorio per l’occupazione femminile. Il punto fondamentale è rientrare velocemente nel mercato del lavoro e ridurre al minimo i periodi non coperti da contribuzione.

Considerare tutti i soggetti del mercato del lavoro per chiedere supporto nella ricerca di un impiego. In primo luogo intermediari come le agenzie per lavoro, ma anche associazioni di categoria locali, sindacati, centri per l’impiego, società di consulenza.

Costruire un c.v. funzionale. Nel curriculum vanno valorizzate le proprie competenze in funzione del ruolo per cui ci si propone. È bene attingere a tutta la propria storia professionale e personale. Per esempio, le attività di care giving portano a sviluppare competenze spendibili anche nel mercato del lavoro, come la flessibilità, l’empatia o il pensiero creativo.

Scegliere parole chiave facilmente riconoscibili. Per esempio sul profilo Linkedin, occorre far emergere anche le competenze trasversali come autonomia, gestione dei processi e lavoro di squadra.

Essere pronta a un capo giovane. Essere aperti al confronto intergenerazionale è cruciale, perché oggi i ruoli gestionali sono spesso ricoperti da persone anagraficamente giovani.