I cambiamenti possono essere destabilizzanti o essere un’occasione di crescita, sta a noi capire cosa vogliamo trarne e mettere in campo le strategie giuste, virtuose perché un nuovo elemento in squadra al posto di un altro non diventi un problema, anzi: un’opportunità.

In sostanza, bisogna capire come valorizzare il turnover e dare nuova linfa vitale all’azienda e al personale che compone l’ufficio. Con un po’ di attenzione, non solo è possibile ma – alla fine dei giochi – potremmo essere più che soddisfatti.

Cos’è il turnover

Per valorizzare il turnover dobbiamo conoscerlo. Con questa espressione, ben nota a chi si occupa di gestione del personale, si intende il flusso di persone assunte e licenziate o dismesse all’interno di una realtà professionale. È una sorta di scambio che comporta una variazione di equilibrio fra i colleghi (oltre alle conseguenze economiche che alle volte può comportare per chi se ne va).

Non bisogna commettere l’errore di credere che riguardi soltanto i dipendenti, perché a cascata coinvolge anche i piani alti. Se chi svolge il proprio lavoro non è contento o i cambiamenti destabilizzano il gruppo, è una questione che tocca anche i capi, il management e tutti quelli che fanno parte dell’azienda.

Molto banalmente, basti pensare a chi lavora in team con persone che ruotano in continuazione. Se non si è bravi nei tempi e nel gestire la novità, è difficile ricreare e mantenere quella sintonia necessaria per far sì che tutto fili liscio, sia a livello pratico che umano.

Fisiologico Vs patologico

Il concetto di turnover cammina a braccetto con quello di precariato ed è soprattutto dal 2008 che gli italiani devono farci i conti. C’è una distinzione da fare fra fisiologico e patologico, però.

Infatti, è naturale – ed è sempre esistito – un ricambio periodico del personale. Pensionamenti, promozioni, nuove proposte di lavoro, strategie differenti. Questo rientra in una condizione fisiologica, il processo di entrata e uscita dei dipendenti.

Il turnover patologico, invece, è l’effetto di una sofferenza interna all’azienda ed è assolutamente da evitare. Spesso dipende da una cattiva organizzazione del lavoro, da un alto livello di stress e nervosismo fra i dipendenti, da un’eventuale mancanza di trasparenza, da una cattiva gestione e un’errata spiegazione delle mansioni assegnate, da problemi relazionali all’interno del team.

È un’eventualità da evitare, che incide negativamente sulla reputazione dell’azienda. Inoltre, in genere, in questi casi i primi ad andar via sono i dipendenti più qualificati. Sono molto ambiti e quindi agevolati nel trovare nuove opportunità professionali. Ma non ci sono solo perdite di organico, anche il bilancio ne risente. Bisogna, infatti, considerare dei costi aggiuntivi – e non previsti – per la ricerca e la selezione dei nuovi impiegati.

Come giocare d’anticipo

Per evitare perdite improvvise, e quindi valorizzare il turnover quando viene pianificato o segue i normali andamenti fisiologici, l’ufficio del personale può fare un’analisi del clima aziendale e delle exit interview (colloqui con chi sta per lasciare l’azienda), mettere in atto dei piani di formazione e di sviluppo, rivedere le politiche retributive in base ad anzianità e mercato, dare degli incentivi.

E ancora coinvolgere i dipendenti nelle scelte strategiche per raggiungere gli obiettivi, essere trasparente e comunicativo, puntare sulla comunicazione aziendale per rendere il marchio sempre più attraente. Ma se il turnover è necessario, ecco cinque modi per renderlo virtuoso.

1. Mobilità interna

La regola d’oro è non trascurare mai i dipendenti, vanno sempre trattati con rispetto e fatti sentire speciali. Per evitare insoddisfazioni, quindi, si può far leva su cambi di ruolo, avanzamenti di carriera all’interno dell’azienda stessa. In sostanza bisogna far capire ai propri impiegati che non è necessario cercare altrove l’appagamento professionale e che i capi per cui lavorano tengono al loro benessere.

Questa strategia farà in modo di favorire l’engagement dei dipendenti e attrarrà eventuale nuova forza lavoro. Sapere che c’è possibilità di crescita è un dettaglio che viene visto sempre di buon occhio da un ipotetico candidato.

2. Backfill

Per valorizzare il turnover non bisogna dimenticare di aprire delle posizioni quando qualcuno lascia l’azienda. Questo metodo viene chiamato backfill ed è attuabile se si consultano sempre i database con i profili dei dipendenti.

Le proposte, infatti, vanno fatte alle persone giuste, qualificate ma che sono a rischio licenziamento a causa di una certa insoddisfazione. Insomma, le promozioni devono essere mirate. A tal proposito, ecco 5 modi per usare in modo sano la competizione sul lavoro.

3. Exit interview

Quando un dipendente va via non è quasi mai una situazione positiva, ma si può ribaltare a favore dell’azienda con un colloquio finale. È bene scoprire perché lo sta facendo, raccogliere e analizzare dati. Bisogna capire i trend e individuare i motivi di scontentezza di un team di lavoro per impedire che altri elementi lascino il posto.

L’exit interview, inoltre, può essere l’occasione per avere informazioni sui competitor: compensi, benefit e politiche di talent acquisition. Una domanda può essere davvero importante, anzi importante è la risposta: cosa ha spinto una determinata persona a lavorare per la stessa azienda diversi anni?

In questo modo si possono realizzare quelle che vengono definite tavole di rimpiazzo. Uno strumento che è il risultato di informazioni organizzative e relative alle persone che fanno/hanno fatto parte del team di lavoro.

4. Referral dei dipendenti e prime impressioni

Il referral dei dipendenti è un programma che incoraggia i dipendenti già presenti in azienda a suggerire amici o contatti di talento per ricoprire eventuali posizioni aperte. Spesso viene eseguito su un sistema di bonus, che premia i lavoratori che hanno segnalato colui che poi è stato assunto.

Per valorizzare il turnover è essenziale conoscere anche le prime impressioni del personale assunto da poco. Coinvolgerlo fin da subito nelle dinamiche aziendali lo fa sentire importante, parte di un progetto che non vorrà abbandonare tanto facilmente.

5. Candidate experience efficiente

Curare la fase di selezione, la candidate experience, è fondamentale per creare un legame immediato con il possibile neoassunto. È bene sapere come si sente nella fase di recruitment, e che non pensi di essere uno dei tanti.

In definitiva, al centro va messa sempre la persona. Vanno usate le parole giuste, bisogna cercare di entrare in empatia. L’obiettivo è che l’azienda venga presa in considerazione da professionisti di valore, che sappiano quanto vale il posto di lavoro e si impegnino per ottenerlo.

Questi sono tutti aspetti che influiscono sui candidati, ma anche su chi è già dipendente. Se c’è attenzione alle persone fin dall’inizio, non può che essere un di più che spinga a fidelizzarsi e a non abbandonare la nave (nemmeno quando è in difficoltà).