Giovanna, 33 anni, aveva una casa di proprietà in una città del Nord-Est quando ha incontrato Guido ed è andata a vivere da lui. «Così ho deciso di vendere l’appartamento che avevo comprato nel 2006. Ma dopo il 2008 i prezzi sono crollati molto al di sotto della cifra che avevo pagato io e non sono mai più risaliti» dice oggi, con un punta di sconforto. «Ho sempre pensato che la casa fosse una sicurezza economica. Invece si è rivelato un investimento in perdita».

La storia di Giovanna trova un riscontro nei numeri, che parlano di mercato immobiliare in calo da anni in Italia: l’Ufficio Studi di Tecnocasa ha stimato che una casa valutata 100 nel 2010 è arrivata nel 2020 a valere 70 nelle grandi città e 62 in provincia. Eppure tanti di noi pensano ancora che la casa di proprietà sia un imprescindibile investimento per il futuro. È un retaggio culturale che affonda le radici nelle politiche attuate a partire dal secondo dopoguerra: all’epoca più della metà delle famiglie italiane viveva in affitto e, nel tentativo di ridurre le diseguaglianze tra il ceto benestante e le classi medie e popolari, vennero introdotte grandi agevolazioni fiscali per chi richiedeva un mutuo per la prima casa. Risultato: oggi il 70% delle case è di proprietà, una delle percentuali più alte in Europa, se pensiamo che in Germania la quota è del 45% e in Svezia del 39%. È anche per questo che il mito della casa “propria” rimane: sembra che tutti gli altri ne possiedano una. Ma l’emulazione che spinge tanti a comprare regge poco alla prova dei fatti.

La casa non è un “bene rifugio”

L’errore più comune è pensare che la casa sia un “bene rifugio”, cioè qualcosa che continua a far guadagnare denaro nel corso degli anni. Non è così. «La prima casa non va considerata come un investimento, ma come un oggetto di consumo durevole» spiega Giacomo Morri, docente di Corporate Finance & Real Estate alla SDA Bocconi di Milano. Aggiunge Vincenzo De Tommaso, responsabile dell’Ufficio Studi del portale immobiliare Idealista: «Se oggi compriamo un immobile del valore di 250.000 euro con un mutuo ventennale, aggiungendo gli interessi arriviamo a pagarne 280.000: cioè il 12% in più, notaio e tasse escluse. Ma non è detto che, tra 20 anni, il valore della casa sia salito della stessa percentuale».

Per esempio a Milano, che pure è la città più vivace d’Italia, il prezzo delle case usate nel secondo trimestre del 2021 ha segnato in media solo un +1,8%, dopo un inizio anno addirittura in negativo. Non solo: un conto è comprare a Bologna o Milano, dove la domanda ha “tenuto” anche nel post-pandemia, «un conto è farlo a Torino o Napoli, dove nel 2020 è calata del 30%» sottolinea De Tommaso.

E, all’interno della stessa città, bisogna considerare le differenze tra quartieri. «Spesso, pensando proprio di fare un investimento, capita di acquistare in una periferia in via di riqualificazione. Ma se l’intervento tarda ad arrivare, una zona in presunta ascesa può deprezzarsi rapidamente, con la conseguente perdita di valore della casa» aggiunge l’esperto di Idealista. C’è poi un ulteriore aspetto da prendere in considerazione: la variabile demografica. «Il continuo calo delle nascite riduce il fabbisogno di immobili. Tra una generazione i proprietari saranno in prevalenza anziani, ma i giovani che erediteranno la case dei nonni e dei genitori saranno sempre meno. Le abitazioni sul mercato saranno quindi in sovrannumero e, per la legge della domanda e dell’offerta, il loro valore calerà» riflette il professor Giacomo Morri.

A questo punto, è logico chiedersi: vale ancora la pena di indebitarsi per acquistare una casa da lasciare ai figli?

Non sempre la rata del mutuo costa meno dell’affitto

C’è un altro falso mito da sfatare, o quanto meno contestualizzare: che la rata del mutuo costi meno dell’affitto. Prendendo sempre come esempio Milano, è vero che qui i canoni sono alti e l’offerta di immobili di qualità è bassa. «Il che rende più appetibile l’idea di pagare un mutuo: ai tassi attuali – l’Omi, Osservatorio mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, stima il tasso medio attuale all’1,38% – la rata per la solita abitazione da 250.00o euro, costa 1.200 euro contro un affitto medio di circa 1.000» osserva Vincenzo de Tommaso di Idealista.

Calcoli simili li hanno fatti anche molti amici di Alessandro, 50enne che abita proprio a Milano. «Ma poi ho analizzato bene la situazione e ho scoperto che, se al mutuo aggiungi l’anticipo per il notaio, le tasse, il costo dei lavori di manutenzione, non ti resta niente in tasca. E io non voglio vivere con l’ansia di non poter cambiare l’auto se la mia si rompe, o di ritrovarmi indebitato se perdo il lavoro» ragiona.

Gli esperti consigliano non a caso di andare in banca prima di aver trovato la casa da comprare anziché dopo: solo accertandosi dei costi aggiuntivi, come le commissioni d’agenzia, la tassa di registro, la polizza assicurativa, si può valutare il costo effettivo. «La verità è che il mutuo costa meno dell’affitto se hai una famiglia che ti paga le rate o ti ha prestato parte del capitale per comprare l’appartamento nuovo o ti ha ceduto un immobile da ristrutturare. Altrimenti non ci stai dentro. E allora molto meglio l’affitto: magari non è la casa ideale ma, se si rompe il riscaldamento o ci sono da fare lavori condominiali, tocca al proprietario pagare, non a me» aggiunge Alessandro.

La voglia di casa di proprietà è aumentata

Resta il fatto che, nei primi 3 mesi del 2021, la voglia di casa di proprietà è aumentata del 38,6% rispetto all’anno precedente. «Ha fatto presa sugli italiani la narrazione secondo cui il binomio bassi tassi di interesse e risparmi accumulati durante la pandemia renderebbe conveniente l’acquisto di un’abitazione con un mutuo ventennale» spiega Elena Molignoni, responsabile Business Unit Immobiliare di Nomisma. «Ma questa presunta “formula magica” potrebbe indurre a passi falsi quanti non considerano le proprie possibilità reali».


«La prima casa non va considerata come un investimento, ma come un oggetto di consumo durevole. Se oggi compriamo un appartamento di 250.000 euro, con un mutuo di 20 anni arriviamo a pagarne 280.000. Non è detto che il suo valore salga altrettanto»


Secondo il recente report di Nomisma, su 3,3 milioni di famiglie intenzionate a comprare casa entro i prossimi 12 mesi, solo 1 milione ne hanno davvero le possibilità economiche. Poi ci sono “gli incauti” (1,8 milioni), che già oggi hanno un reddito appena sufficiente a soddisfare le esigenze primarie, e “gli sprovveduti” (504 mila famiglie), ovvero «soggetti che non sono in grado di valutare correttamente le proprie condizioni economiche attuali ma soprattutto future», rileva il report, ma che pure ritengono la prima casa un investimento inattaccabile.

I giovani e la casa di proprietà

Comprare casa non conviene nemmeno ai giovani, che possono contare sugli aiuti statali? In base al decreto Sostegni bis, chi ha meno di 36 anni e un Isee inferiore ai 40.000 euro annui ha accesso prioritario al Fondo di Garanzia Prima Casa fino al 30 giugno 2022: significa che viene “coperto” dallo Stato fino all’80% della quota capitale del mutuo richiesto alla banca, oltre a essere esentato da alcune imposte.

Nonostante la novità, secondo Luciano Monti, docente di Politiche dell’Unione europea alla Luiss di Roma, i giovani non si precipiteranno in banca: «Misure simili esistono già dal 2013 e la percentuale di under 35 conviventi con un genitore è passata da meno del 60% a quasi il 65%. I giovani non hanno difficoltà ad accendere un mutuo ma a mantenerlo, data la precarietà lavorativa». Senza dimenticare il fattore discrezionalità: dal momento che la garanzia del mutuo da parte dello Stato non è totale, le banche dovranno comunque valutare l’affidabilità del richiedente e, quindi, tenderanno a privilegiare chi ha una garanzia familiare alle spalle rispetto a chi non ce l’ha.

«Per incentivare l’acquisto di una casa sarebbe meglio sostenere l’occupazione anziché invitare i giovani a sovraindebitarsi» concorda Giovanni Semi, docente di Sociologia e autore di Casa dolce casa (il Mulino). «L’affitto oggi conviene anche a loro perché, mentre non ci sono aiuti statali per saldare le rate del mutuo, chi non ce la fa a pagare il canone trova sostegni al reddito. Per di più, in alcune città, come Torino, la pandemia ha indotto molti proprietari a rimettere sul mercato immobili prima destinati a Airbnb, rendendo più accessibile l’affitto mensile».

Senza contare che oggi molto più di ieri i ragazzi si trasferiscono dove trovano lavoro. «Pensare che un neolaureato si voglia vincolare per 20 anni a un appartamento di proprietà» osserva Semi «vuol dire guardare ai giovani con le categorie mentali di decenni fa». Quando, appunto, la casa era un feticcio, un simbolo di successo e soprattutto un buon investimento per gli anni a venire. Peccato che nel frattempo il mondo (anche immobiliare) sia cambiato.

LA MAPPA DEI PREZZI DELLE CASE

Una casa in Italia costa in media 1.729 euro al metro quadro. Secondo il portale immobiliare Idealista.it, la Valle d’Aosta è la regione più cara (2.578 euro) davanti a Trentino-Alto Adige e Liguria, mentre il Molise è la più economica (891 euro). In Lazio la media è 2.034 euro, in Lombardia 1.793 euro (ma sale ovviamente a Milano, soprattutto nei nuovi quartieri residenziali come City Life, che vedi nella foto di apertura di questo articolo).

Che succede con la riforma del catasto?

La riforma del catasto, inserita nella Legge delega sulla riforma fiscale in discussione in Parlamento, ha l’obiettivo di fotografare lo stato del nostro sistema immobiliare e di rivedere le rendite catastali per avvicinarle ai valori di mercato. Due le novità principali: saranno accatastati terreni e immobili finora non censiti, come gli immobili abusivi o i terreni edificabili accatastati come agricoli; verranno poi introdotti nuovi criteri per classificare gli immobili, passando dall’attuale misurazione per vani a quella per metri quadri.

La riforma del catasto entrerà in vigore solo a gennaio 2026 e perciò, secondo Giacomo Morri, docente di Corporate Finance & Real Estate alla SDA Bocconi, «fino ad allora non avrà impatto sull’acquisto della prima casa, che al momento è esente da Imu». Inoltre, nella Legge delega è specificato che le nuove rendite catastali non faranno reddito, quindi per i prossimi 4 anni non si pagheranno tasse più alte.