La Sidief, società che ha il compito di gestire gli immobili della Banca d’Italia, rivela che nel 2017 quelli locati a breve termine hanno superato le 730.000 unità. Nel 2016 erano appena 410.000 e l’anno prima 320.000. Al contrario, l’affitto tradizionale (regolato di solito con contratti di 4 anni più 4) è rimasto stabile, attorno alle 660.000 unità. Il boom degli affitti “stile Airbnb”, cioè quelli inferiori a 30 giorni, che non devono essere registrati, è innegabile.
Chi possiede una seconda casa e vuole metterla a reddito pensa immediatamente a questa formula. Ma non per tutti è la scelta giusta. La realtà è che l’affitto breve assicura introiti maggiori della locazione tradizionali solo se risponde a precisi criteri (non solo di posizione) e se hai a disposizione tempo sufficiente per occuparti della gestione di afittuari e appartamento. Ecco cinque domande che ti aiuteranno a chiarirti le idee.
Quali sono gli immobili più adatti?
«Ovviamente i più richiesti dai turisti sono quelli nei centri storici e nelle località di villeggiatura più rinomate» spiega Max Diana, responsabile di Aurimmobil, agenzia immobiliare che ha creato uno spin-off specializzato nelle locazioni brevi in Val Pusteria. «Ma sono un’ottima fonte di reddito anche le case collocate vicino ai poli fieristici, alle grandi aziende, alle sedi universitarie che organizzano convegni e ai principali ospedali perché possono ospitare i parenti dei degenti». In questi casi, infatti, il tasso di occupazione annua, cioè il numero delle notti prenotate, può essere addirittura maggiore di quello nelle località sciistiche o marittime, che restano vuote nelle stagioni morte».
C’è una metratura ideale?
Diversamente da quanto si pensa, i più redditizi non sono i piccoli appartamenti. «Se possono ospitare al massimo due persone rischiano di essere più costosi di una camera in hotel» spiega Edoardo Grattirola, fondatore di Sweetguest, società che gestisce oltre mille immobili a Milano, Firenze, Roma, Torino, Venezia, in Salento e in Liguria ed è in procinto di aprire in molte altre città italiane. «Molto più appetibili le case con almeno due camere, magari un divano letto in soggiorno e un paio di bagni, che accolgono 4/6 persone e in proporzione sono più economiche».
Che budget bisogna mettere in conto?
Negli affitti tradizionali di solito l’immobile è fornito vuoto. Nel caso degli affitti brevi, l’arredamento e il buono stato degli ambienti sono invece fondamentali: fare le scelte giuste aumenta infatti l’appeal dell’appartamento. «Il proprietario deve prevedere queste spese come investimento iniziale e sottrarle quando calcola la rendita effettiva dell’immobile affittato» sottolinea Grattirola. Il costo dei lavori iniziali dipende dallo stato della casa.
«Mediamente si va dai 5.000 ai 30.000 euro. Noi consigliamo almeno di ritinteggiare le pareti e di sostituire la vasca con la doccia. E di aggiungere alcuni comfort ritenuti indispensabili da chi si trova in un’altra città per vacanze o per lavoro come il wi-fi, ma anche piccoli elettrodomestici come il frullatore e il tostapane».
Il padrone di casa può però contare sul bonus ristrutturazioni che in 10 anni rifonde il 50% della cifra spesa per questi lavori. Per attirare l’attenzione sulle piattaforme online come Airbnb, che contano decine di migliaia di proposte, si può poi pensare di investire in un servizio fotografico professionale capace di valorizzare l’appartamento.
Quali altre spese devo considerare?
Le bollette di luce, gas, acqua, internet, diversamente dall’affitto tradizionale, sono a carico del proprietario. Non cambia invece la tassazione: in entrambi i casi si può scegliere la cedolare secca del 21%, a cui vanno aggiunte l’Imu, la Tasi (il tributo comunale sui servizi indivisibili) e la Tari (tassa rifiuti).
A conti fatti quanto rende?
«Le case che gestiamo nei centri storici e turistici, al netto della nostra commissione, hanno una rendita mediamente superiore del 30-35% rispetto agli affitti tradizionali» rivela Grattirola. «Ma ci sono casi estremi, come le ville sul lago di Como, che in poche settimane garantiscono gli introiti di un anno di locazione con contratto regolare». Invece nelle zone periferiche delle grandi città, secondo i dati dell’osservatorio immobiliare Tecnocasa, il rendimento lordo di un affitto tradizionale è superiore a quello della locazione temporanea. Prima di decidere di destinare un appartamento all’affitto breve, quindi, bisogna verificare se la zona in cui si trova rientra in quelle che vengono proposte come appetibili consultando i siti delle agenzie specializzate.
Posso gestire tutto da solo?
Se non ci si avvale di un’agenzia il guadagno ovviamente cresce. Attenzione, però. «Occuparsi in prima persona di un appartamento rischia di trasformarsi in un vero e proprio lavoro part-time» spiega Grattirola. Serve il tempo per seguire le prenotazioni, accogliere i clienti e sbrigare le imcombenze burocratiche (con il decreto Sicurezza, per esempio, è diventato obbligatorio segnalare alla Questura i dati degli inquilini anche per i soggiorni di una sola notte).
Durante la permanenza degli ospiti bisogna risolvere eventuali contrattempi e, una volta partiti, organizzare la pulizia dell’appartamento. Per limitare l’impegno, alcuni fissano un limite minimo di permanenza di 2-3 notti, ma così si perde la fetta dei clienti mordi-e-fuggi. Un’alternativa proposta da Airbnb è la figura del co-host: una persona fidata alla quale il proprietario può delegare alcuni compiti, ma a cui deve devolvere anche una parte degli introiti.
La scelta va ponderata perché se il co-host non è affidabile, i giudizi degli ospiti possono essere negativi facendo calare il voto complessivo sull’appartamento e riducendo così il numero di prenotazioni successive.
Il servizio “chiavi in mano”
Le agenzie che si occupano di affitti brevi e offrono ai proprietari servizi all inclusive stanno crescendo con percentuali a doppia cifra. Si occupano di fotografare l’appartamento, lo pubblicano sui siti di prenotazione online (come airbnb e booking) con annunci accattivanti, accolgono il cliente all’arrivo e alla partenza, riscuotono i pagamenti e gestiscono le pulizie, il cambio biancheria e le piccole manutenzioni. Un aiuto notevole che però costa. Quanto? Difficilmente le commissioni scendono sotto il 20-25% degli incassi, ma in alcune località arrivano a superare il 40%.