I gruppi di baratto e scambio non sono certo una novità, ma durante la pandemia hanno trovato una nuova popolarità. Passata la prima fase dell’emergenza sanitaria, infatti, sempre più persone utilizzano le piattaforme social come Facebook, dove i gruppi dedicati a questa pratica sono moltissimi e divisi per città e regione, e i siti dedicati per scambiarsi oggetti e beni di diverso tipo. Le motivazioni sono molteplici, dalla volontà di liberarsi di cose magari non nuove ma in perfette condizioni fino alla necessità nata dalla difficoltà a reperire determinati beni di consumo, tanto più in un momento in cui in molti si trovano ad affrontare ristrettezze economiche.
La pandemia sembra insomma averci insegnato un nuovo tipo di frugalità, che si aggiunge alla volontà di eliminare gli sprechi che negli ultimi anni, ad esempio, ha reso molto popolari app e programmi per evitare lo spreco del cibo in eccesso di ristoranti e supermercati, come nel caso di Too Good To Go. Il guadagno è duplice: da una parte si promuove un’economia circolare e più sostenibile e dall’altra si entra in contatto con persone a noi prossime che, anche a causa della pandemia, potrebbero trovarsi in difficoltà o soffrire particolarmente dell’isolamento.
Le app e i siti da utilizzare
Se anche tu hai intenzione di metterti in contatto con persone che abitano nelle vicinanze per barattare qualcosa, non hai che l’imbarazzo della scelta. Tra le app ci sono XTribe, che attraverso un sistema di geolocalizzazione permette di scoprire se nelle vicinanze è in vendita un prodotto o un servizio di cui sei alla ricerca e che offre anche la possibilità di noleggiare, o SwappyVerse, creata per ridare una nuova vita agli oggetti inutilizzati che siamo soliti accumulare in casa, compresi i telefoni che vengono cambiati sempre più frequentemente, con altri oggetti di cui potremmo aver bisogno.
Se in quarantena o durante la pausa estiva hai invece avuto modo di fare pulizia degli armadi e ti sei accorta di quanti vestiti inutilizzati ma nuovi possiedi, un posto giusto per scambiarli è armadioverde.it, una community online dove si “swappano” (dall’inglese “swap”, scambiare) più di 20.000 vestiti l’anno. Iscrivendosi a siti come coseinutili.it e zerorelativo.it, invece, ci si può scambiare letteralmente di tutto, guadagnando “crediti” che permettono di “commerciare”, rigorosamente senza l’impiego di denaro, oggetti di vario tipo, dal cibo ai vestiti, dai vecchi dischi agli oggetti di elettronica. A essere scambiati non solo solo le cose materiali, ma anche le competenze: ne è l’esempio la piattaforma teach4learn, dove si possono offrire e ricevere lezioni di moltissime discipline diverse fra loro, dalle lingue straniere al ricamo passando per la matematica.
È un modo per sentirsi parte di una comunità
Come ha raccontato recentemente la Bbc, «in tutto il mondo le persone si sono rivolte allo scambio, al commercio senza denaro e al baratto durante la pandemia di coronavirus, per fare la loro parte nella comunità locale, risparmiare denaro o semplicemente per procurarsi ingredienti [come ad esempio il lievito, ndr] difficili da trovare. Con l’incertezza economica incombente e i livelli di ansia in aumento, il baratto sta diventando una soluzione alternativa emergente per cavarsela – e rimanere occupati – nel bel mezzo della crisi provocata dal Covid». È anche un modo per dimostrare vicinanza senza cadere nel rapporto sbilanciato della beneficenza, dove c’è un soggetto subordinato che riceve e uno che dona: nel caso di uno scambio, infatti, entrambi i soggetti coinvolti riceveranno qualcosa che li lascerà soddisfatti.
Come ha spiegato alla Bbc David Miles, professore di economia finanziaria presso l’Imperial College Business School di Londra: «Il baratto è un bel modo per mostrare un po’ di spirito di comunità e solidarietà con le persone senza utilizzare dei soldi. Questa pratica ha a che fare più con il significato del gesto che si compie che con il reale valore economico della transazione. A volte lo scambio e il fatto che non ci siano soldi di mezzo fa sembrare la pratica un gesto molto più gentile e comunitario, non commerciale, dell’aiutarsi l’uno l’altro». Certamente non può sostituire l’economia tradizionale ed è ristretto a una certa tipologia di prodotto, ma è una buona abitudine che fa bene alle persone e anche all’ambiente.