Tornato al timone del governo, con una nuova maggioranza, il Presidente del Consiglio ha annunciato un progetto ambizioso e forse utopistico: azzerare i costi per l’accesso a nidi e affini, almeno per le famiglie meno ricche, e aprire nuove strutture
“Azzeramento totale delle rette per la frequenza degli asili nido a partire dal prossimo anno scolastico, per le famiglie con redditi bassi e medi, e aumento dei posti disponibili soprattutto al Sud”. È l’impegno che il premier Giuseppe Conte ha preso in diretta davanti a deputati, telecamere e taccuini.
Un’utopia, pura propaganda o un obbiettivo raggiungibile e in tempi stretti? Per rispondere servirà tempo. Le competenze in materia sono delle regioni, con cui il governo dovrà trattare e collaborare, e dei comuni. Ma da quale situazione di parte? L’ultimo rapporto in tema diffuso dall’Istat (con l’elaborazione dei dati ufficiali rilevati nell’anno scolastico 2016-2017 e resi noti qualche mese fa) certifica quello che le mamme e le famiglie vivono nella loro esperienza quotidiana. Pochi posti in strutture pubbliche, con tariffe non da poco. Lunghe liste d’attesa. Costi ancora più elevati nel privato. Scomodità e distanza, rispetto a casa o al luogo di lavoro.
Ecco il quadro della situazione
L’Italia è ancora molto lontana dal target minimo stabilito dall’Unione europea per quanto riguarda la conciliazione di maternità e occupazione e la promozione di una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. L’accesso a nidi e affini o ai servizi integrativi, indica la Ue, dovrebbe essere garantito ad almeno il 33 per cento dei bambini tra 0 e 3 anni, cioè a 1 piccolo su 3. Invece – dice l’Istituto di statistica – solo 1 bambino su 4 (il 24 per cento dei baby residenti ) è preso in carico da un nido o da un servizio integrativo per l’infanzia e solo 1 su 8 (12,3 per cento) frequenta una struttura pubblica.
Le medie statistiche appiattiscono le differenze, enormi, tra le diverse zone del Paese. I posti disponibili variano da un minimo del 7,6 per cento di copertura dei potenziali utenti in Campania a un massimo del 44,7 per cento in Valle D’Aosta. Diverso è anche il peso dei privati. In Calabria il 73 per cento dei nidi e dei servizi integrativi è privato, nella provincia autonoma di Trento il 73 per cento è pubblico.
Offerta di strutture a macchia di leopardo
L’offerta è variabile anche all’interno delle singole regioni. I capoluoghi di provincia, ad esempio, hanno una maggiore dotazione di strutture rispetto al resto del territorio. In Lombardia le città-polo riescono ad accogliere il 65,7 per cento dei bambini residenti, in altri comuni – sempre dati di fonte Istat – si precipita sotto la media nazionale. Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Valle D’Aosta e provincia di Bolzano mostrano una copertura mediamente elevata e piuttosto uniforme e anche nei comuni non capoluogo.
Pure la spesa media delle amministrazioni comunali per gestire i servizi pubblici o privati cambia, e di molto, da zona a zona. Si passa da un minimo di 88 euro l’anno per un bambino residente in Calabria a un massimo di 2.209 euro l’anno nella provincia di Trento. In alcuni parti d’Italia sono già in corso esperienze virtuose e progetti mirati, per l’azzeramento o la riduzione dei costi a carico delle famiglie. Su scala nazionale, uguale per tutti, c’è il bonus asili.
L’esempio di San Lazzaro di Savena
Gli esempi positivi, in questo panorama, non mancano. San Lazzaro di Savena è un comune di 32.500 abitanti alle porte di Bologna. Sta avendo una grande visibilità – in tv, sui giornali e online – perché è riuscito a centrare il massimo risultato, grazie anche al contributo economico della regione Emilia Romagna: nidi comunali (o meglio, poli educativi da 0 a 6 anni) gratuiti per tutti gli iscritti. Possibile?
“Subito dopo la mia prima elezione – racconta la sindaca, Isabella Conti, a marzo riconfermata al timone dell’amministrazione – abbiamo cominciato a ragionare sulle misure di sostegno alla genitorialità da rendere concrete. Quando tra il 2016 e il 2017 la Regione Emilia Romagna ha messo a disposizione 8 milioni di euro, destinati al sistema educativo da 0 a 6 anni e da spendere nei modi più disparati, abbiamo preso una decisione: restituire le rette già pagate alle famiglie con l’Isee sotto i 15mia euro. Poi ha preso forma l’idea di rendere gratuiti nidi e asili per tutti, sobbarcandoci per intero le spese. Si parla di 2 milioni e mezzo di euro, in buona parte già a nostro carico. Abbiamo recuperato altre risorse con il contrasto all’evasione fiscale e grazie all’efficientamento energetico, collocando i led ovunque. Nel 2018 siamo riusciti ad aprire il primo polo educativo sperimentale, totalmente gratuito, con nido e materna insieme e con un approccio pedagogico particolare. Il percorso è continuato, con lo stesso fine: sgravare un numero maggiore di famiglie dal peso delle rette. Da quest’anno – prosegue la prima cittadina di San Lazzaro – anche le altre 5 strutture comunali sono diventate a costo zero per i genitori, in anticipo sui tempi programmati, con l’impiego di ulteriori fondi regionali. L’esenzione totale vale per tutti i nuclei familiari, senza alcun limite di reddito. I bimbi inseriti sono 300, non c’è nessuno in lista d’attesa. Alcune famiglie utilizzano le strutture private, dove abbiamo un certo numero di posti convenzionati, con tariffe ridotte”.
Un progetto virtuoso anche in Regione Lombardia
Altro esempio virtuoso. In Lombardia, dal 2017, è attiva la misura Nidi gratis. Si tratta di un sistema che integra le agevolazioni tariffarie stabilite dai comuni e consente di azzerare le rette previste per l’iscrizione e l’acceso a nidi e micro nidi pubblici o privati convenzionati. “Questa iniziativa è sempre più apprezzata – sottolinea Silvia Piani, assessore regionale alle Politiche per la famiglia – anche in considerazione del fatto che le famiglie non sono tenute ad anticipare alcun pagamento. Provvedono gli uffici. Sono particolarmente orgogliosa dei risultati raggiunti nella passata edizione, con più di 500 comuni aderenti, oltre 1.000 strutture coinvolte e circa 15.000 famiglie lombarde aiutate”.
Come funziona la misura Nidi gratis
Per rifinanziare e prolungare il progetto, con il supporto determinante del Fondo sociale europeo, quest’anno la regione Lombardia ha messo 37 milioni di euro sul piatto. Non tutte le famiglie possono e potranno però usufruire dello sconto massimo. Per ottenere la gratuità del servizio sono richiesti alcuni requisiti: avere figli di età compresa tra 0-3 anni iscritti a strutture nido e micro-nido pubbliche e/o private dei comuni ammessi alla misura Nidi gratis 2019-2020; indicatore dell’Isee ordinario/Isee corrente/Isee minorenni 2019 (nel caso in cui il comune lo richieda per l’applicazione della retta) inferiore o uguale a 20 mila euro; entrambi i genitori devono essere residenti in Lombardia; entrambi i genitori devono essere occupati (con un contratto di lavoro dipendente o una posizione di lavoro autonomo) oppure un genitore deve essere occupato, mentre il genitore disoccupato deve essere in possesso della Did (Dichiarazione di immediata disponibilità) e del Psp (Patto di servizio personalizzato). Per i nucleo monoparentali, le condizioni si riferiscono al solo genitore presente, l’unico soggetto autorizzato a presentare la richiesta.
Domande e chiarimenti: quando e dove
Ma come fare per poter accedere alla misura e avere il nido a costo zero, in Lombardia? Le scadenze si avvicinano. Le domande andranno inoltrate dalle 12 di lunedì 23 settembre alle 12 di venerdì 25 ottobre esclusivamente per via telematica, attraverso il sistema Bandi online, raggiungibile all’indirizzo www.bandi.servizirl.it. Prima occorrerà registrarsi (con la Carta regionale dei servizi, con la Carta nazionale dei servizi oppure con lo Spid). Per le famiglie con più bimbi piccoli è ammessa l’agevolazione per ognuno dei figli iscritti al nido ed è previsto l’invio di una istanza per ogni bimbo. L’elenco definitivo delle strutture disponibili a breve verrà pubblicato sul sito di Regione Lombardia (regione.lombardia.it) e sul portale di Anci Lombardia (anci.lombardia.it), dove si trovano già liste parziali. Milano, il comune più popoloso e gettonato, aderisce (anche se il numero degli aventi diritto è limitato rispetto alla massa della potenziale utenza). Per chiarimenti e spiegazioni ci si può rivolgere a [email protected]. o chiamare il contact center gratuito (800.318.318, digitando poi 1). Per l’assistenza tecnica in fase di compilazione della domanda sono a disposizione il numero verde 800.131.151 (sempre gratuito) e la mail [email protected]. In alternativa basta chiedere agli uffici municipali del luogo di residenza.
Il bonus nido attivo su scala nazionale
Su scala nazionale, per tutte le famiglie, dal 2017 c’è il bonus asilo. Potrebbe essere modificato oppure annullato, se si darà corso agli impegni presi dal premier Conte. Per i figli nati dall’1 gennaio 2016 (o adottati o in affidamento dalla stessa data) per ora spetta un contributo economico agganciato al versamento delle rette di asili nido pubblici e privati o al pagamento dell’assistenza domiciliare, per i bimbi con gravi malattie cronache.
La somma annuale, inizialmente fissata in 1.000 euro, è stata portata a 1.500 per il 2019, il 2020 e il 2021. Per avere il benefit non sono previsti limiti di reddito. Ma bisogna fare attenzione alla compatibilità o meno con altre misure di sostegno (questo bonus non è cumulabile, ad esempio, con le detrazioni fiscali per la frequenza all’asilo nido e con il bonus infanzia, nei mesi di sovrapposizione). Altre informazioni di base e la guida per la presentazione delle domande si trovano nel portale dell’Inps (inps.it).