Mentre la massa del pubblico televisivo si indignava per l’edizione più trash mai vista del Grande Fratello, un drappello selezionato di spettatori seguiva su canale Nove un originale talent dedicato ai cervelli innovatori del nostro Paese.
Come funziona il talent
Il talent si chiama B Heroes. Partito a marzo dopo una selezione di 500 startup, ha portato sul piccolo schermo 32 buone idee di business e ha fatto vedere in diretta come avviene il processo di “accelerazione”, ovvero come un progetto diventa impresa. In palio, nella finale del 7 giugno alle 21.25, il titolo di migliore startup italiana e 800.000 euro di investimenti.
L’idea è venuta a Fabio Cannavale, insieme a Intesa Sanpaolo e Cariplo Factory, “per favorire la diffusione e la promozione in Italia della cultura dell’imprenditorialità”. L’amministratore delegato di lastminute.com ha coinvolto nel ruolo di coach, mentor e consulenti, pezzi grossi di aziende come Microsoft, Google, Facebook, Mosaicoon, ContactLab, nomi poco conosciuti per il pubblico televisivo ma molto rilevanti in quello del lavoro. La loro presenza davanti alle telecamere ha trasformato B Heroes nel più reale dei reality: niente litigi, scandali o competizioni fittizie ma informazioni utili e la possibilità di scoprire cosa vuol dire e come si fa oggi a entrare nel mondo del lavoro con un’idea propria.
Tra le finaliste del talent ci sono anche due donne, Monica Regazzi di Homepal, un sito che permette di comprare, vendere e affittare casa tra privati, e Virginia Tosti di Start2Impact, una piattaforma che forma online gli studenti alle professioni digitali e li mette in contatto con i piccoli imprenditori che devono modernizzare l’attività. A loro abbiamo chiesto di riassumere i punti chiave e i consigli pratici che hanno assimilato durante la trasmissione e che possono servire a chi volesse cimentarsi in una startup.
Consigli utili per startupper
La concretezza prima di tutto
«Uno dei problemi principali di chi dà vita a un’impresa è l’ansia di buttarsi a capofitto» racconta Monica Regazzi. «Soprattutto quando hai ottenuto i primi fondi, il tuo obiettivo è ottenere risultati. In una startup si è in pochi, ci sono mille cose da fare e l’operatività giornaliera è fitta e velocissima. Ma rischia di travolgerti. Partecipare a B Heroes ci ha permesso di fermarci a riflettere» Monica, 48 anni, una carriera nei servizi finanziari, ha sviluppato la sua idea con due soci e, nella sua esperienza, la cosa più importante è la “messa a terra” dell’idea: capitale, competenze e network sono le fondamenta su cui costruire.
«Punti cruciali soprattutto per noi donne» sottolinea. «Spesso siamo fortissime nella creatività e abbiamo competenze professionali solide» dice. «Però quando si tratta di parlare di soldi ci troviamo in difficoltà. In più, tendiamo a fare tutto da sole. La rete delle conoscenze e dei partner invece è essenziale». Anche la scelta dei soci deve essere ben ponderata. «Trovare finanziamenti è la prima preoccupazione ma è meglio non accettare chiunque ti dia dei soldi. I soci giusti sono quelli che ti supportano e ti aprono delle porte, non quelli che ti mettono in difficoltà alla prima crisi». Sì, perché le crisi vanno messe in conto. E anche il fallimento. «In Italia è la paura numero uno dell’imprenditore» dice Monica. «E, invece, può insegnarti molto e renderti più forte. Dovrebbe capirlo l’imprenditore ma anche il sistema che c’è intorno a lui».
Mai smettere di imparare
«Il problema dei giovani è che non si mettono alla prova. Appena hanno un progetto si immaginano subito il muro davanti. E invece dovrebbero smettere di rimuginare e agire: il muro si smonta un mattone alla volta». Virginia Tosti, 31 anni, come molti della sua generazione ha una laurea e un’esperienza lavorativa che non combaciano, a cui si è aggiunta un’idea imprenditoriale diversa ancora rispetto al proprio background. Per lei elasticità, velocità e cambiamento sono i cardini che fanno girare una startup per il verso giusto.
«B Heroes è stato essenziale per il network. Spesso chi ha un’idea ha paura a parlarne e a farla circolare perché teme che venga rubata. Un grave errore: solo affrontando il confronto e raccogliendo feedback capisci se della tua azienda c’è un reale bisogno». Grazie al network Virginia e il suo partner hanno anche trovato gli altri 3 compagni di avventura che lavorano a Start2Impact. Un team è forte se, prima di tutto, condivide la tua idea, ma quanto contano le competenze nella formazione di una squadra? «Molto, ma non in senso stretto. Per esempio, io ho appreso un linguaggio di programmazione in un mese. Se avessi fatto un colloquio appena 30 giorni fa non l’avrei avuto in curriculum. Credo che il valore principale sia la disponibilità a imparare. Per questo ogni mattina mi sveglio all’alba e studio».