Il blocco degli sfratti sta per finire. Dal 1° luglio riprenderanno i provvedimenti esecutivi nei confronti dei cittadini morosi, anche se in modo graduale e in tre scaglioni. Il 30 giugno, infatti, scadrà lo stop, ma solo per i casi di inquilini in ritardo con il pagamento del canone d’affitto già dal periodo precedente il 28 febbraio 2020, cioè prima della pandemia. È quanto previsto da un emendamento al decreto Sostegni, approvato il 4 maggio 2021.
La situazione, però, è complessa: da un lato i sindacati degli inquilini lanciano l’allarme, avvertendo che il numero di morosità è in forte crescita e potrebbe aumentare con la fine del blocco dei licenziamenti e l’aumento dei casi di lavoratori in cassa integrazione, in difficoltà con il pagamento degli affitti. Dall’altro Confedilizia protesta contro il congelamento delle pratiche, che mette in ginocchio i proprietari degli immobili, a loro volta alle prese con le conseguenze della crisi economica legata all’emergenza Covid. L’associazione che raggruppa i proprietari di case si è anche rivolta alla Consulta, ritenendo che il blocco degli sfratti violi diversi articoli della Costituzione.
La morosità è in aumento
I dati indicano una situazione incandescente. Secondo le prime stime, ad esempio, a Genova gli sfratti da smaltire potrebbero sfiorare i 2000, ma il quadro è analogo anche in altre città: nel solo comune di Milano si calcolano oltre 3000 pratiche pendenti, che nella provincia di Bologna arriverebbero a quasi 5000. I numeri sono analoghi a Torino, Napoli e in tutte le grandi città. A confermare l’emergenza sono le richieste di accesso al bonus affitti: «Solo a Roma in tre settimane a disposizione per presentare la domanda, sono arrivate 49.000 domande di accesso ai fondi straordinari, da parte di famiglie che faticano a pagare l’affitto. A questi vanno aggiunti 4.500 sfratti registrati in media ogni anno nella Capitale» avverte Emiliano Guarnieri, segretario generale del sindacato degli inquilini Sunia di Roma. «È una situazione anomala, che richiede interventi straordinari» aggiunge.
La situazione non migliora nei centri più piccoli, nelle sedi dei centri universitari e nelle località turistiche, che risentono degli effetti del lockdown e delle restrizioni. In zone turistiche come l’Alto Garda, ad esempio, gli affitti sono molto alti, ma il turismo stagionale si è pressocché azzerato, aumentando la morosità generale che è la principale cause di sfratto. Da metà 2019 a metà 2020 i provvedimenti sono passati da 84 a 114 (+35%), dei quali 109 per morosità: 81 per la casa, 28 per negozi, uffici, laboratori e altri usi.
Non va meglio in altre zone, nel centro Italia: in Abruzzo sono 1.472 i nuclei familiari destinatari di provvedimento di sfratto e 1.350 su cui pende già la richiesta di esecuzione presentata all’ufficiale giudiziario da parte dei proprietari e si attende solo l’arrivo delle forze dell’ordine per sgomberare l’appartamento. «È una vera emergenza, dolorosissima per tutti. Non servono battaglie di bandiera, ma una soluzione concreta, perché sono numeri non gestibili e potrebbero peggiorare con la fine del blocco dei licenziamenti» esorta Guarnieri. I sindacati parlano di una “bomba a orologeria”, soprattutto tenendo conto che il 31 ottobre scadrà la moratoria sui licenziamenti e molti stipendi saranno tagliati. D’altro canto la crisi economica ha colpito anche i proprietari degli immobili che da mesi non possono contare sulle entrate degli affitti.
La proroga in 3 scaglioni
Se la proroga del blocco degli sfratti sta per terminare, i provvedimenti scatteranno con gradualità e in tre scaglioni: il primo riguarderà per le morosità precedenti al 28 febbraio 2020, quindi prima della pandemia, per le quali le esecuzioni degli sfratti riprenderanno dal 1° luglio 2021; il secondo step interessa le morosità tra il 28 febbraio 2020 e il 30 settembre 2020, con il blocco che terminerà dal 1° ottobre 2021; il terzo riguarda i casi tra il 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021, con le esecuzioni che riprenderanno dal 1° gennaio 2022.
Le ragioni dei proprietari
Se gli inquilini faticano a pagare, i proprietari da mesi non possono contare sulle entrate dei canoni e, anzi, devono continuare a sostenere oneri come le spese di condominio, le tasse come l’IMU o le stesse bollette delle utenze. Per questo Confedilizia ha chiesto lo sblocco totale degli sfratti, senza scaglioni, ma ha sottolineato come la questione ora sia arrivata alla Consulta. Il Tribunale di Trieste, infatti, ha sollevato la questione di costituzionalità dei decreti legge che prevedono la sospensione delle esecuzioni di sfratto degli immobili, perché violerebbero sei articoli della Costituzione: l’articolo 3 (eguaglianza dei cittadini avanti la legge), l’articolo 24 (possibilità per tutti di agire in giudizio), l’articolo 42 (riconoscimento della proprietà privata), l’articolo 47 (tutela del risparmio), l’articolo 77 (emanazione di decreti da parte del governo) e l’articolo 117, comma 1 (potestà legislativa).
Ad essere messa in discussione è la costituzionalità degli articoli 103 comma 6 del decreto legge 18/2020 e 13 comma 13 del decreto legge 183/2020. L’ordinanza del Tribunale triestino è molto articolata, ma in sostanza mette in dubbio i presupposti di necessità e urgenza della sospensione degli sfratti per morosità preesistenti alla pandemia, spiegando che «non può giustificarsi ed è palesemente irragionevole». Inoltre sottolinea la posizione del proprietario «quasi che egli non dovesse subire i contraccolpi della pandemia allo stesso modo, o anche maggiormente, in confronto all’occupante». Davanti all’abusività dell’occupazione dell’immobile «non si comprende il motivo – è scritto sempre nell’ordinanza – per cui non debba prevalere il ripristino della legalità violata».
Abbassamento del canone e agevolazioni fiscali
«La verità è che non esistono dati certi sulle morosità residenziali in aumento, mentre il problema riguarda molti affitti di immobili commerciali. Questo non vuol dire che non ci sia o non ci sarà un’emergenza anche a livello abitativo, ma allora servono interventi concreti e solidi. In Spagna, ad esempio, c’è stato un blocco degli sfratti analogo a quello italiano, ma sono anche stati stanziati fondi per sostenere sia gli affittuari che i proprietari, mentre da noi le tasse per questi ultimi sono rimaste invariate» spiega l’avvocato Cesare Rosselli, segretario generale di Assoedilizia.
I proprietari di immobili sottolineano anche come nel novero degli sfratti rientrino anche quelli per morosi che risalgono a prima dell’emergenza Covid, che qualcuno ha ribattezzato i “furbetti” dell’affitto. I sindacati ammettono che potrebbe trattarsi del 2-3%, ma ritengono che la maggioranza di chi non riesce a pagare il canone riguarda persone che hanno subito un aggravamento delle condizioni economiche a causa della pandemia. Da qui la richiesta di un abbassamento dei canoni accompagnata da agevolazioni fiscali per i proprietari. A Roma, ad esempio, i contributi per questi ultimi sono stati dell’ordine di 250 euro all’anno, troppo pochi (e spesso non ancora erogati) per far fronte alle spese. «Occorrono interventi concreti e rapidi, meno burocrazia: il pagamento del bonus affitti dovrebbe essere diretto e senza passaggi intermedi ai destinatari: se passerà da Comuni o Regioni i tempi di allungheranno irrimediabilmente, senza alcun beneficio e anzi aggravando la situazione. Il tempo per le norme quadro è terminato, ora occorre agire con concretezza e rapidità» spiega Guarnieri.