Due notizie arrivate in contemporanea riaccendono il fuoco delle polemiche. Il contributo per pagare la baby sitter o i servizi per l’infanzia (quello previsto per le neo mamme che rinunciavano al congedo parentale facoltativo, rientrando al lavoro poco dopo il parto) non è stato prorogato per il 2019. Dai moduli di richiesta e dalle carte di identità dovrà sparire la dizione “genitori” e torneranno obbligatoriamente le indicazioni “padre” e “madre”. Il dibattito si incendia di nuovo, in rete, dentro e fuori dai palazzi della politica e all’interno delle stesse forze di maggioranza (con un po’ di confusione sui diversi bonus).
“Basta aiuti per baby sitter e servizi per l’infanzia”
La misura uscita dal catalogo degli strumenti per il sostegno alla maternità e alle famiglie – diversa dal classico bonus nido, mantenuto e potenziato – consisteva in una somma messa a diposizione delle neo mamme lavoratrici per pagare una tata o la retta di nidi e servizi per l’infanzia, in caso di rientro in servizio subito dopo lo stop obbligatorio per la maternità: fino a 600 euro al mese per ogni mese di congedo facoltativo non fruito, erogati per 6 mesi al massimo (3 mesi per le autonome e le imprenditrici, periodi proporzionali all’orario per le lavoratrici part time). Il rinnovo del contributo, introdotto in via sperimentale e temporanea nel 2012 e via via confermato, è rimasto fuori dall’ultima legge di Bilancio. Governo e Parlamento, come è stato rivendicato nel pieno del polverone, hanno puntato e punteranno su altro.
Informazioni a scoppio ritardato
Al mancato rinnovo del beneficio, mesi fa, non è stata data pubblicità. La questione è esplosa a scoppio ritardato perché l’Inps – ma solo il 3 aprile – ha diramato un messaggio e pubblicato un avviso nelle schede di presentazione online della prestazione. “Attenzione, il contributo baby sitting o asilo nido non è stato prorogato per il 2019. Pertanto, a far data dal primo gennaio 2019. non è più possibile presentare domanda per accedervi ”.
Chi invece aveva inoltrato prima la richiesta, rientrando nei termini massimi, avrà a disposizione qualche mese per “consumare” il bonus. “Le madri beneficiarie – precisa l’istituto di previdenza – potranno usufruire delle prestazioni per i servizi di baby-sitting entro il 31 dicembre 2019. Il contributo per far fronte agli oneri degli asili nido invece potrà essere fruito fino al 31 luglio 2019”.
Ma c’è anche il rischio di perdere parte del beneficio. “I mesi residui rimasti a fine anno saranno considerati oggetto di rinuncia, con il conseguente ripristino dei corrispondente periodo di congedo parentale non utilizzato”.
Via “genitori”, tornano “madre e padre”
Le polemiche stanno montando anche per una decisione presa dal vicepremier leghista Matteo Salvini, in qualità di ministro dell’Interno. Nonostante il parere contrario incassato dal Garante della privacy e dell’Anci, l’associazione nazionale dei comuni italiani, ha raggiunto l’obiettivo annunciato lo scorso autunno “in difesa della famiglia naturale”, parole sue: la rimozione della dizione “genitori” (e parents) – dai moduli di richiesta delle carte d’identità per i minori e dai documenti degli under 14 – e la sostituzione con “madre” (e mother) e “padre” (e father). Un decreto ad hoc è stato firmato il 31 gennaio 2019 e pubblicato sulla “Gazzetta ufficiale” il 3 aprile, stessa data dell’avviso dell’Inps sul taglio dei bonus. Le reazioni non si sono fatte attendere. Piovono proteste e commenti, in prevalenza di segno negativo. Famiglie Arcobaleno, la Cgil e pure esponenti del movimento Cinque stelle – fuoco amico – contestano il colpo di mano del numero due del governo. Si annunciano battaglie legali davanti ai Tar. La regione Piemonte si offre di pagare i ricorsi delle coppie interessate dalla “correzione”.
“Decreto illegittimo e discriminatorio”
Marilena Grassadonia, fondatrice e presidente dell’associazione Famiglie arcobaleno, su Facebook e nelle interviste va giù dura: “Il decreto è palesemente illegittimo e discriminatorio. Non permette di far coincidere lo status documentale con quello legale dei bambini e delle bambine che già oggi sono riconosciuti figli e figlie di due padri e due madri (attraverso la trascrizione di atti esteri o perché sono stati adottati dal compagno o dalla compagna del genitore biologico) e di quelli che verranno in futuro. Ma un atto amministrativo del ministero – affonda – non può contravvenire alle disposizioni di legge e alle sentenze dei Tribunali. L’emanazione è un’azione di pura propaganda politica da parte di un governo dove, per restare alle ultime notizie, il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana non sa di avere le deleghe per le adozioni e i fondi per il bonus baby sitter vengono cancellati, impedendo alle madri lavoratrici di poter tornare serenamente al lavoro dopo la gravidanza, qualora lo desiderino. Il solo effetto sarà rendere più difficile la vita di alcune cittadine e cittadini, spargendo odio e divisione”.
Arcigay: “Governo asino”
Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay , incalza: “Si tratta di un provvedimento anacronistico, colmo di tronfia ignoranza. Quello che ci fa infuriare non è solo la deliberata volontà di discriminare le famiglie omogenitoriali, che è il motivo esplicito per il quale si produce questo arretramento, ma è anche la totale noncuranza con sui si innesta un grave cortocircuito nella macchina della pubblica amministrazione, che paralizzerà gli uffici e intaserà i tribunali. Solo un asino come Salvini – sostiene – poteva arrivare a tanta stupidità: ci spieghi il Ministro come faranno i funzionari delle anagrafi ad emettere le carte d’identità dei figli dei partner dello stesso stesso. Cambieranno genere seduta stante a uno dei genitori? E ha idea della valanga di procedimenti legali che questo provvedimento provocherà?”.
No anche dalle mamme single
Tra i molti commenti che rimbalzano in rete – non tutti contro– ci sono anche quelli scritti da donne sole. Sara, ad esempio, annota: “Sono mamma single e quella casella vuota (dove c’è l’indicazione padre) è un colpo al cuore ogni volta. La dicitura genitore restituisce dignità a tutti e a tutte”.