Il governo Conte bis punta sulla famiglia e sul sostegno alla maternità, almeno a parole. Nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) – l’impalcatura su cui verrà costruita la manovra finanziaria – l’impegno è formale, dichiarato: “Le politiche di rilancio comprendono un progetto complessivo e sistematico di sostegno e valorizzazione delle famiglie, in particolare per quelle prive di adeguate risorse e quelle con persone disabili”.
L’elenco delle promesse: saranno mantenute?
Nell’ambito dell’azione per le pari opportunità, promette sempre la Nadef, “si introdurranno ulteriori strumenti di sostegno della genitorialità e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche facilitando l’accesso ai servizi di assistenza all’infanzia, indirizzati a sanare le disuguaglianze di genere. Si recepirà la direttiva europea sui congedi di paternità e sulla conciliazione tra lavoro e vita privata, si rivedrà la disciplina dei congedi parentali e dello smart working e si adotteranno misure di sostegno all’educazione dei figli e alla frequenza degli asili nido”. Non solo. “Per favorire l’inversione del trend demografico negativo, saranno adottate misure a sostegno della natalità”. E saranno sostenuti i i caregiver familiari, che finalmente” troveranno una definizione normativa”. Di tutto un po’, insomma. Ma quante di queste promesse verranno mantenute?
Un assegno omnicomprensivo per ogni figlio
In dichiarazioni e interviste il premier Giuseppe Conte e la neoministra per le Pari opportunità, la famiglia e la disabilità – la renziana Elena Bonetti – danno qualche indicazione su cosa bolle in pentola, in concreto. L’idea del governo è quella di riformare e razionalizzare l’attuale sistema di bonus e contributi vari ad oggi previsti per sostenere e incentivare la natalità, meccanismi da compattare. Si ragiona su un assegno unico, da destinare ad ogni nuovo nato.
La formula è semplice: un figlio, una “dote”. L’ipotesi è di erogare 240 euro al mese per ogni bimbo entrato in famiglia e fino alla maggiore età (con un importo maggiorato in presenza di disabilità). Poi, nei casi in cui i ragazzi continuino ad essere a carico dei genitori, verrebbero dati 80 euro mensili fino al compimento di 26 anni. Non è dato sapere se si pensi a una misura universale – da destinare cioè a tutti, indipendentemente dal reddito – o “solo” alle famiglie in condizioni economiche medie e basse (ad esempio con redditi sotto una certa soglia). Le fonti ufficiose, sul punto, divergono.
Assegno unico: retroscena e precedenti
Se confermato – e nei termini di cui si parla – l’assegno unico per le famiglie sarebbe una copia carbone della proposta elaborata dall’economista e senatore dem Tommaso Nannicini e finita nel programma elettorale del Pd targato Renzi, nel 2018. Parte delle indiscrezioni che circolano in questi giorni, al di là delle dichiarazioni, si basano sui contenuti di questo piano, tradotto in un disegno di legge presentato alla Camera nel giugno 2018 e attualmente all’esame della commissione Affari sociali della Camera (è il numero 787, reperibile nel portale camera.it).
Le risorse e i bonus aboliti
Se e quando il progetto “un figlio, un assegno” diventerà realtà – ecco un’altra indicazione concreta, sempre ipotetica – comporterà l’assorbimento degli assegni familiari (5,7 miliardi) e le detrazioni per i figli a carico (11 miliardi), agevolazioni da cui oggi sono tagliate fuori le famiglie incapienti (senza un monte Irpef da cui scalare gli “sconti” fiscali) e i lavoratori autonomi. Sparirebbe però anche il bonus Renzi, gli 80 euro in busta paga, dirottati sempre sui figli.
Per escludere colpi bassi, e pessime sorprese, potrebbe essere prevista una clausola di salvaguardia: nessuno riceverebbe meno di quello che ottiene oggi. Una famiglia con un solo reddito da lavoro dipendente di 35mila euro all’anno e con due figli a carico minorenni – stando alle simulazioni fatte un anno fa dal Pd – a regime avrebbe 1.400 euro in più all’anno di reddito disponibile.
Raddoppio del congedo paternità
La ministra Bonetti ha garantito che si sta lavorando anche al raddoppio e all’estensione del congedo obbligatorio di paternità, misure richieste dalla Commissione europea e già contemplate da un disegno di legge delega del Movimento cinque stelle (e pure da una proposta dem, che arriva a prevedere quattro mesi di astensione retribuita dal lavoro). Gli attuali 5 giorni obbligatori per i papà, da fruire subito dopo il parto o comunque durante i primi mesi di vita di un figlio, dovrebbero diventare 10. E la possibilità di stare accanto ai bimbi appena nati, senza rimetterci economicamente, verrebbe data anche ai lavoratori autonomi e ai dipendenti pubblici, oltre che ai colleghi dei settori privati.
Nidi: taglio rette e aumento strutture
Dalla rappresentante del governo arriva un’ulteriore conferma, doppia: “ridurre o rendere gratuita la retta per gli asili nido” e dare “sostegno ai territori per aumentare il numero di strutture”, cominciando dalle aree dove l’offerta copre meno dell’8 per cento della domanda.
Non sarà semplice come sembra. I nidi dipendono dai comuni e meccanismi di riduzione delle tariffe sono già previste, anche per scelte delle singole regioni. Resta poi da capire se gli obbiettivi dichiarati saranno perseguiti con la rimodulazione del bonus esistente (1.500 euro l’anno di contributi, per pagare le rette oppure gli operatori specializzati che seguono a casa i bimbi con gravi malattie), facendo leva sulle detrazioni fiscali oppure con altre modalità.
Documentazione e approfondimenti
Il testo integrale della Nota di aggiornamento al Def, e altri documenti tecnici, si possono trovare nel portale del ministero dell’Economia (mef.gov.it, selezionare Documenti e pubblicazioni e poi Documenti di Finanza Pubblica).