II cileno Alejandro Aravena ha ricevuto il Pritzker Prize 2016, il Nobel degli architetti, per avere progettato abitazioni personalizzabili: case di poche stanze che si possono ampliare in base agli stili di vita e alle possibilità economiche. Prendi un bilocale e poi, quando ti serve, ti allarghi aggiungendo un vano. Sì, perché se vita e lavoro diventano più flessibili, anche la casa si adegua. Può essere condivisa, come dimostra il successo di Airbnb. Oppure si sgancia dal concetto di acquisto di un nido sicuro.
In Europa succede da tempo: in Germania i locatari sono oltre il 57%. E in Inghilterra vanno in affitto i due terzi degli under 45: la chiamano “Generation rent”. Un movimento anche politico, che a Londra avvia campagne sociali e social per favorire canoni più equi (www.generationrent.com). Ma come la mettiamo in Italia, dove il mattone è considerato un bene rifugio e resiste la cultura della casa di proprietà? A guardare bene, anche da noi qualcosa si muove: Solo Affitti, la rete di agenzie che si occupano esclusivamente di locazioni, negli ultimi anni ha registrato il +46,5%. La stessa tendenza si ritrova online. «Nel 2005 il 71% degli italiani che cercavano casa puntava all’acquisto, ora la percentuale è scesa al 58%» dice Carlo Giordano, amministratore delegato del portale di annunci Immobiliare.it. «Di questo passo, intorno al 2025 affitto e vendita saranno testa a testa ed emergeranno nuove forme di condivisione degli appartamenti».
Il mercato immobiliare è cambiato. «Anche se le condizioni sono favorevoli all’acquisto, perché i prezzi delle case si sono abbassati e gli interessi danno respiro, accedere ai mutui resta difficile: le banche non sanno cosa succederà alle famiglie nel lungo periodo e senza una rendita fissa spesso non aprono neanche l’istruttoria» spiega Marco Marcatili, analista della società di studi economici Nomisma. A conti fatti, conviene andare in affitto: non bisogna affrontare spese collaterali né avere a che fare con gli istituti di credito. «Senza il giogo delle rate ventennali si è più liberi di trasferirsi, cambiare lavoro, spostare capitali in nuove imprese anziché immobilizzarli nel mattone» osserva Stefano Sampaolo, esperto di politiche abitative per il Censis, Centro studi investimenti sociali.
Investire nel mattone non convince. Certo, la “generazione affitto” dei nostri 18-35enni non può permettersi l’acquisto: quella di tanti giovani è prima di tutto una scelta economica. Non hanno un capitale iniziale, non hanno uno stipendio fisso… Ma la crisi o la mancanza di liquidità c’entrano fino a un certo punto. «Il 54,7% delle famiglie, in realtà, potrebbe permettersi di investire nel mattone, eppure sceglie di non farlo» rivela Marcatili. «Alcuni hanno capito che nel tempo gli edifici possono svalutarsi». E c’è chi inizia a pensare che anche spendere per un tetto da lasciare in eredità ai figli non sempre ha senso: Nomisma rivela che il 42,6% dei nostri studenti sogna di lavorare e vivere all’estero. La casa vicina a mamma e papà, quindi, potrebbe rivelarsi una zavorra di spese. «E dato che anche i prodotti finanziari si sono rivelati instabili, molti preferiscono tenere la liquidità aspettando momenti migliori» aggiunge Marcatili.
Ai ragazzi piace l’house sharing. Un sondaggio Ikea mostra che i giovani non considerano più “casa” le 4 mura di proprietà, ma un luogo sociale e flessibile. E, tra quei pochi che comprano grazie all’aiuto dei genitori, si segnala un’altra esigenza: avere una stanza in più da scambiare o mettere in affitto online. «Questo dimostra che sta cambiando proprio il concetto di abitazione» continua Marcatili. «Non più bene rifugio come era per i nostri padri, ma bene condiviso». E si vanno diffondendo anche nuovi status symbol legati al posto in cui si abita: «Molti preferiscono vivere in affitto in quartieri trendy come San Lorenzo o il Pigneto a Roma o Tortona e Isola a Milano, anziché acquistare un appartamento in periferia» osserva Mario Breglia, presidente dell’Istituto indipendente Scenari Immobiliari. «Oggi si convive, si fanno meno figli, gli spazi sociali si spostano in luoghi di comunità o sul web: la casa deve essere funzionale a bisogni e desideri mutevoli». Ecco perché la temporaneità dell’affitto diventa spesso una condizione stabile, in linea con lo spirito dei tempi.