Un malato che può guarire. Usa questa metafora per descrivere il Sistema sanitario nazionale il professor Giuseppe Remuzzi, uno dei più illuminati e stimati medici italiani. Direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e docente di Nefrologia alla Statale di Milano, parla con la saggezza di chi lavora da sempre in ospedale, e lo fa con passione. «In questi giorni il sistema sanitario compie 40 anni, ma non c’è troppo da festeggiare. È un paziente critico: il cervello è sano, perché l’idea che lo fonda è grandiosa, ma il cuore non pompa più il sangue sufficiente. Rimetterlo in forma è fondamentale: una sanità solidale è un motore di sviluppo eccezionale».
Quali sono i pregi della nostro Sanità?
«Il mondo ce la invidia, perché offre a tutti cure gratuite. È capillare e rapida nelle urgenze. Una paziente ha bisogno di un trapianto di cuore? Lo riceve senza pagare un centesimo, da specialisti di alto livello. In America, invece, guarisce solo chi può permettersi costosissime assicurazioni».
E i difetti?
«Le qualità positive si sono trasforma- te in problemi, spesso per questioni economiche. L’accessibilità e la gratuità iniziano a zoppicare, perché lo Stato investe meno: nel 2009 si destinava al settore il 9,5% del Pil, ora siamo fermi al 6,7%. Si è detto che occorreva tagliare i costi, ma bisogna intervenire sugli sprechi. Anche i cittadini devono comportarsi in maniera più virtuosa: se il medico ti dice che per il mal di schiena non serve una Tac e tu insisti per farla, togli la possibilità a chi ne ha davvero bisogno».
Secondo il rapporto di Cittadinanzattiva, appena presentato, nel 2017 il 37% degli italiani si è rivolto al Tribunale dei diritti del malato per le liste d’attesa e il caro-ticket.
«Le liste d’attesa si adeguano all’offerta: aumentare medici ed esami a disposizione risolverebbe il problema che però, poi, si ripresenterebbe. Prendiamo la mammografia: una 35enne che non ha problemi può aspettare anche qualche mese; una 45enne con un nodulo sospetto deve farla in 2 giorni. Peccato che in 48 ore si possa avere solo intramoenia (in un ospedale pubblico ma pagando, come prevede la riforma del ’99, ndr). Io abolirei questa possibilità così da lasciare il posto a chi ne ha diritto. Il caro-ticket? Le Regioni lo mettono per finanziare la sanità. Ecco perché i politici non dovrebbero tagliare i fondi».
Quali sono le altre cure per il nostro “malato”?
«Coinvolgere i medici di famiglia, che ora sono liberi professionisti, nel Sistema sanitario, creando studi associati con più dottori disponibili 24 ore su 24 per non intasare reparti e pronto soccorso. Chiudere i piccoli ospedali e puntare su ambulatori che rispondono alle esigenze reali del territorio. E spezzare il circolo vizioso delle strutture “accreditate”, ovvero le cliniche private ma finanziate all’80% con soldi pubblici. Il privato deve rimanere tale, sostenuto solo da imprenditori, mentre il denaro dello Stato vada agli ospedali».
Ci sono altri sistemi sanitari a cui ispirarsi?
«Quello francese funziona bene: è simile al nostro come gratuità e accessibilità, ma investe di più nella ricerca. Ottimo il neozelandese, super informatizzato: con la telemedicina il medico controlla il malato a casa. Questo è il futuro: meno posti letto e robot che aiutano nella diagnosi e nelle terapie. Così lo specialista ha più tempo per parlare con il paziente».
I numeri
2.980 Gli euro che gli italiani spendono ogni anno in cure. Per i francesi sono 4.000, per gli americani 8.260. 6,7% La percentuale del Pil destinato alla sanità. Negli Usa è il 19,2%. 13 I mesi d’attesa per una mammografia. 55% Gli abitanti del Nordest che sono soddisfatti del Ssn. Al Sud sono l’11%. (Fonti: Ocse, Censis, Cittadinanzattiva)
Il libro da leggere
Nel saggio appena uscito in libreria La salute (non) è in vendita (Laterza), Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, analizza pregi e difetti del Servizio sanitario nazionale, nato esattamente 40 anni fa. Fu infatti istituito il 23 dicembre del 1978, con la legge 833.