Almeno dieci giorni di congedo, obbligatori e retribuiti, per i neo papà. Il passaggio da misura sperimentale (e dunque provvisoria) a misura strutturale (cioè stabile). L’estensione del diritto alla pausa-paternità anche ai lavoratori del settore pubblico, fin qui tagliati fuori. Lo stanziamento di un “tesoretto” per finanziare il tutto.
Sono questi i perni del disegno di legge presentato alla Camera dal deputato Alessandro Amitrano, del M5S, e assegnato per la discussione alla commissione Lavoro. La proposta delega al Governo il compito di emettere un decreto legislativo ad hoc, nel giro di dodici mesi, e poi i provvedimenti attuativi.
Quanti giorni sono previsti oggi per i papà
Nel nostro ordinamento – ricapitola il parlamentare nell’introduzione del ddl, datata aprile 2019 – il congedo obbligatorio di paternità è stato introdotto in via sperimentale dalla contestatissima “riforma Fornero” del 2012, per dare attuazione a una direttiva Ue del 2010. La misura, inizialmente applicata dal 2013-2015, è stata via via prorogata (fino al 2019 compreso) e modificata. Si è partiti con la concessione di un giorno obbligatorio per arrivare ai cinque giorni attuali, più uno facoltativo, utilizzabili anche in modo frazionato. Ad oggi l’agevolazione è fruibile dai padri lavoratori dipendenti del settore privato, anche adottivi e affidatari, entro il quinto mesi mese di vita (o di adozione e affidamento) di un figlio. L’Inps, per il tempo passato a casa o in ospedale, vicino al neonato e alla madre, paga un indennizzo pari al 100 per cento della retribuzione.
Cosa prevede il disegno di legge
Se e quando il ddl andrà in porto e saranno emessi i decreti delegati – ecco le possibili novità – i giorni diventeranno almeno dieci e saranno accordati anche ai dipendenti pubblici, chiamando in causa le casse di previdenza interessate, per la copertura della quota di stipendio non percepita. Lo Stato, prevede la proposta di legge, metterà sul piatto 100 milioni l’anno, limite massimo.
Aumentano i padri che usano il congedo
“Il tasso di fecondità italiano è stimato all’1,42 nel 2030 e all’1,66 nel 2070. Pertanto – argomenta il deputato – gli interventi normativi per il rilancio demografico rappresentano una priorità. L’accesso ai congedi parentali diventa uno strumento dirimente, oltre che la più importante forma di conciliazione tra l’attività professionale e la famiglia”. L’interesse, da parte dei papà che vivono in Italia, sembra esserci. “Recenti statistiche certificate dall’Inps – spiega sempre il parlamentare – evidenziano l’aumento dei padri che si assentano dal lavoro utilizzando i congedi previsti dalla legge: sono passati dai 50.474 del 2013 ai 107.369 del 2017, con una crescita del 113 per cento, anche se si tratta comunque di poco più della metà dei potenziali beneficiari”.
Come funziona nel resto d’Europa
Lo stesso deputato illustra la situazione nel resto dell’Europa. Nell’area Ue non esistono disposizioni minime comuni, ma “solo” la direttiva del 2010 e una risoluzione interlocutoria votata in primavera dal Parlamento europeo, a fine legislatura. Ciascuno Stato si regola come crede. “In Danimarca – esemplifica l’onorevole – il congedo di paternità spetta solo ai lavoratori dipendenti e consiste in due settimane di astensione dal lavoro da richiedere nell’arco delle prime quattordici settimane dopo la nascita del figlio. In Francia – prosegue – il coniuge, il partner legato con un patto civile di solidarietà (uno dei passaggi destinati a far discutere, se recepito e replicato in Italia) o il convivente di una donna che ha avuto un figlio possono avere undici giorni consecutivi per l’accoglienza di un bambino e, nel caso di nascite multiple, diciotto giorni consecutivi. Dalle rilevazioni ufficiali, emerge che Oltralpe usufruiscono del congedo circa due terzi dei padri che ne hanno diritto (65 per cento)”.
L’esempio della Norvegia
“La Norvegia – altre informazioni date dal deputato – è il primo Paese al mondo ad avere previsto una quota di congedo parentale riservata al padre, cui spettano due settimane di astensione dal lavoro dalla nascita del bambino (totalmente retribuite dallo Stato) e dodici settimane entro il primo anno di vita del bambino. Queste misure rientrano nel congedo parentale, che dura complessivamente quarantasette settimane ed è retribuito al 100 per cento. In Svezia i padri possono usufruire di dieci giorni lavorativi di congedo temporaneo collegato alla nascita di un bimbo o all’adozione e anche di un congedo fino al compimento del diciottesimo mese di età del figlio. In Finlandia il congedo di paternità, varato nel 1978, è attualmente di diciotto giorni lavorativi, cui si aggiunge un possibile bonus di altri ventiquattro giorni in situazioni particolari. In Spagna il congedo è pari a quindici giorni consecutivi (più altri due, per le nascite multiple) ed è retribuito al 100 per cento. In Austria il congedo di paternità non è riconosciuto ai lavoratori del settore privato, mentre ai lavoratori del pubblico impiego spettano circa quattro settimane”.
In altri Stati Ue la durata è più breve: in Grecia e nei Paesi Bassi i padri usufruiscono solo di due giorni. In altri ancora (Irlanda e Repubblica Ceca) il congedo paternità non è previsto. In Germania, al posto del congedo, per i neo papà sono previsti vantaggi economici, sotto forma di indennità aggiuntive.