Sono 350mila le imprese a rischio chiusura, a cui si aggiungono migliaia di famiglie in difficoltà a causa delle nuove regole bancarie sugli “scoperti” nei conti correnti. Dal 1° gennaio 2021, infatti, sono entrate in vigore le norme dell’Eba, l’European Banking Authority. Più precisamente, il Regolamento UE n. 171/2018 che di fatto aumenta il rischio di vedersi bloccare i conti correnti e con essi i pagamenti di utenze, stipendi, contributi previdenziali o rate di mutui e finanziamenti.
Basta un debito di 100 euro per 3 mesi
Cosa succede? Accade che per il mancato pagamento di soli 100 euro per un privato e 500 euro per una impresa, per più di tre mesi consecutivi (90 giorni), i correntisti rischiano il blocco del Rid e la segnalazione alla Centrale rischi come “cattivi pagatori”.
Se per le imprese questo si traduce in un freno alle richieste di credito, fondamentali per mandare avanti un’attività nella maggior parte dei casi, anche per le famiglie i disagi sono molti.
Quando si finisce in rosso
Dall’inizio del 2021, con l’entrata in vigore delle nuove norme europee diventa molti più facile finire nella black list di una banca e soprattutto di essere segnalati alla Centrale rischi per la cosiddetta sofferenza: «Le regole sono cambiate per unificare a livello europeo il concetto di inadempienza, come ricorda il sito della Commissione europea. Perché un privato finisca in inadempienza bisogna che ci siano tre condizioni: importo non pagato superiore a 100 euro, una cifra che sia maggiore dell’1% del totale del credito ricevuto dalla banca, e che il ritardo superi i 90 giorni. Se ciò avviene si è considerati in default» spiega Alicia Olmedilla Munoz di Kruk, esperto di gestione del credito.
Un rischio non così remoto in un momento di grande crisi economica legata alla pandemia. Ancora più delicata è la situazione per le imprese: in caso di fatturato superiore ai 5 milioni di euro, la soglia di sforamento è di appena 500 euro, pari appunto all’1%. Secondo il presidente dell’Associazione bancaria italiana (ABI), Antonio Patuelli, si tratta di «un meccanismo micidiale, soprattutto in epoca di pandemia» perché chi accumula un ritardo di tre mesi nel pagamento «finisce per essere inserito nella lista dei cattivi pagatori, con tutto quello che ne consegue».
Chi può diventare un cattivo pagatore
Cosa succede, in pratica, se si supera la soglia di flessibilità prevista? Se le imprese segnalate alla Centrale Rischi non potranno più avere accesso al credito, dunque a nuovi finanziamenti per mandare avanti l’azienda, neppure i privati sono esenti da rischi: «Abbiamo constatato che può accadere che anche il contitolare di una persona classificata inadempiente può vedersi bloccati i conti correnti, dunque può non disporne per il pagamento, per esempio, di bollette della luce, del gas o altro – spiega l’esperta – Può accadere, per esempio, alla moglie di un piccolo imprenditore, a un familiare o a un socio cointestatario di un conto, qualora l’altro intestatario risulti in default, anche su un conto differente».
Mentre fino a poche settimane fa, infatti, si potevano compensare eventuali scoperti con altre linee di credito, dal 1° gennaio le banche non possono più ricorrere a questa flessibilità. «Per questo diventa importante monitorare con frequenza i propri conti e le relative spese, e contattare l’istituto bancario o finanziario qualora ci si trovi in difficoltà» suggerisce Alicia Olmedilla Munoz.
Flessibilità addio?
Proprio per evitare situazioni critiche, la stessa Banca d’Italia ha esortato banche e intermediari finanziari a mettersi in contatto con i clienti per dare indicazioni chiare, anche su eventuali casi nei quali lo sconfinamento del conto corrente in rosso sia ammesso. Pur non essendo un diritto del cliente, infatti, la banca può decidere interventi che vadano incontro ai correntisti in difficoltà, come la possibilità di andare oltre il fido bancario con una cosiddetta CIV, commissione di istruttoria veloce, che prevede particolari commissioni. Lo stesso vale per la possibilità di utilizzare il conto corrente per pagare le utenze domestiche (o gli stipendi nel caso di imprese), ma solo a fronte di una negoziazione diretta e individuale, dunque non automatica né prevista dalle norme generali.
I consigli per evitare di finire nella black list
«La norma europea esorta alla responsabilità individuale nell’onorare i pagamenti, quindi il primo consiglio è di monitorare attentamente i propri conti. Si tratta di abituarsi a un’educazione finanziaria che non è poi così diffusa – spiega l’esperta – Questa passa, ad esempio, dall’uso di un diario nel quale annotare quotidianamente le proprie spese. Questo permette a fine mese di avere consapevolezza di come si spendono i soldi, suddividendoli poi in uscite necessarie, come il mutuo o il cibo, e quelle superflue o che si possono ridurre, come per esempio le uscite al ristorante, al cinema o l’acquisto dell’ultimo modello di cellulare».
Il metodo del 50-30-20 per non finire in rosso
«È vero che la pandemia e i lockdown hanno limitato le spese per i locali, la palestra o i viaggi, ma ha reso necessario l’acquisto di computer, tablet o la connessione internet per la Dad o lo smart working» osserva l’esperta Kruk, aggiungendo un ultimo consiglio: il metodo 50-30-20, con cui riservare il 50% delle proprie entrate alle spese essenziali, il 30% alle superflue e il 20% al risparmio. Quindi, simulando uno stipendio di 1.200 euro si hanno a disposizione 600 euro per le spese essenziali, 360 per le spese superflue e 240 da accantonare come risparmio» conclude Alicia Olmedilla Munoz.