L’emergenza coronavirus ha costretto a casa molti cittadini, compresi molti lavoratori che non si sono potuti recare in ufficio e in azienda. Qualcuno è rimasto a casa anche non in presenza di specifico divieto, ma per semplice timore di contagio, mentre alcune aziende hanno deciso di sospendere le attività. Come viene regolamentata l’assenza? Quando scatta la malattia? Intanto, sul fronte tasse, il Governo ha varato un decreto di sospensione del pagamento di tributi e ritenute per i cittadini e le imprese delle “zone rosse”. Sospeso anche il pagamento delle rate dei mutui per i residenti nelle aree interessate da misure restrittive a causa dei contagi.
Assenza dal lavoro: di che tipo?
Sono diversi i motivi per i quali ci si può trovare a casa dal lavoro a causa dell’emergenza coronavirus: ad esempio, per la quarantena scattata nelle “zone rosse”, dove l’assenza dal lavoro è giustificata. C’è anche chi è in l’isolamento perché positivo al tampone o ammalato. Esiste poi il caso di chi è in quarantena volontaria, perché rientrato da zone a rischio: avendo l’obbligo di comunicare la propria condizione all’azienda sanitaria locale, la sua assenza dal lavoro è inquadrabile come dovuta a un provvedimento amministrativo, dunque legittima. Diverso il caso di chi non si reca al lavoro per paura, senza che ci siano condizioni oggettive di malattia o di rischio contagio che ne giustifichino l’assenza.
Ma chi paga per le assenze? Quali misure possono essere previste?
Coronavirus e smart working
Per chi vive o lavora nelle “zone rosse”, la soluzione privilegiata è lo smart working o lavoro agile. Molte aziende l’hanno già adottata, agevolate anche dal decreto-legge del Governo del 23 febbraio, che ha permesso di superare un limite della legge esistente (maggio 2017): «Per attivare il lavoro agile dovrebbero essere previste due condizioni: che ci sia un accordo scritto tra azienda e lavoratore, e che questo sia depositato sul portale del ministero del Lavoro. Ma in queste condizioni di emergenza, il Governo ha dato la possibilità di derogare per coloro che si trovano nelle zone a rischio contagio, elencate nello stesso decreto-legge e nel Dpcm correlato (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, NdR)» spiega Antonello Orlando, esperto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
I lavoratori interessati, dunque, possono svolgere la propria attività da casa, ma non necessariamente dall’abitazione di residenza: «Potrebbero trovarsi anche altrove, non importa. Ciò che conta è che svolgano le proprie mansioni previste in accordo col datore di lavoro. Si tratta della migliore soluzione in questo momento anche se presenta alcuni limiti: per esempio, il lavoratore potrebbe non avere una dotazione informatica fornita dall’azienda. D’altro canto è vero che con lo smart working questa non è comunque una condizione necessaria: in molti casi gli accordi prevedono che, a fronte del beneficio di lavorare fuori ufficio, il dipendente si doti autonomamente di quanto gli occorre» spiega Orlando.
A casa in malattia
«Va ricordato che i primi tre giorni di malattia sono sempre a carico del datore di lavoro. Quando si superano, invece, occorre stabilire a chi spetti l’indennità. Al momento, per chi non fosse contagiato ma semplicemente costretto a rimanere a casa perché in zona rossa non è automatico il riconoscimento di malattia. Finché l’Inps non si esprimerà con un pronunciamento univoco, non è detto che nei casi di quarantena scatti automaticamente lo stato di malattia. Per evitare possibili fraintendimenti, quindi, il suggerimento è di rivolgersi al medico di base per una certificazione di malattia» spiega l’esperto, che aggiunge: «A nostro avviso in queste condizioni i criteri dovrebbero essere più ampi ed estesi, ad esempio, anche a casi di mal di gola lieve o febbre non alta, se in aree a rischio».
La cassa integrazione
C’è anche il caso delle imprese che sospendano le attività: «Grazie al decreto-legge del 23 febbraio, le aziende del comparto industriale possono ricorrere alla cassa integrazione ordinaria, per eventi straordinari e non prevedibili. In questo caso i lavoratori possono stare a casa per alcune ore o giorni, ricevendo un’indennità. Si tratta, però, di una misura per la quale va presentata una domanda apposita, tramite il portale dell’Inps, e che comunque rappresenta una soluzione-tampone» spiega Orlando.
Smaltire le ferie arretrate
«Un’altra possibilità è che i datori di lavoro approfittino del momento contingente per far smaltire le ferie arretrate ai propri dipendenti. In questo modo si garantisce il rispetto delle misure di sicurezza varate dalle Autorità, risolvendo anche il problema dell’accumulo di giorni di ferie, che a volte si fatica a godere» spiega l’esperto.
Stop a tasse e ritenute, congelati i mutui
In una condizione di crisi come quella attuale, il Governo ha intanto varato un altro decreto, che prevede la sospensione degli adempimenti e dei pagamenti di tributi e ritenute fiscali per i cittadini e le imprese negli 11 comuni interessati dalle misure di contenimento del contagio da Coronavirus (Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini, nel lodigiano, e Vo’ Euganeo in provincia di Padova). Il provvedimento riguarda i versamenti con scadenza tra il 21 febbraio e il 31 marzo 2020, e anche le cartelle di pagamento emesse dalle agenzie di riscossione e i pagamenti conseguenti ad accertamenti esecutivi. In accordo con l’associazione bancaria italiana, sono sospese anche le rate dei mutui per gli abitanti delle stesse “zone rosse”.