L’ipotesi di una tassa patrimoniale è emersa dopo la presentazione di un emendamento alla Legge di Bilancio, firmato dai parlamentari Nicola Fratoianni (Leu) e Matteo Orfini (Pd). I due esponenti avevano proposto una imposta progressiva sui grandi patrimoni, che sostituisse l’Imu (l’imposta sulla prima casa) e l’imposta di bollo su conti correnti e depositi di titoli. Dopo il no della Commissione Bilancio della Camera per mancanza di copertura finanziaria, però, è possibile che un altro provvedimento analogo sia preso in considerazione. Ecco in cosa consiste e come potrebbe diventare realtà.
Cos’è la patrimoniale
La patrimoniale è un’imposta che viene calcolata sul valore dei patrimoni, sia mobili che immobili, quindi disponibili sui conti correnti, possesso di azioni, obbligazioni e rendite, ma anche case o valori preziosi. Può essere applicata sia a persone fisiche che giuridiche, dunque imprese. A differenza delle tasse, che scattano a fronte di specifici servizi erogati (come la raccolta e smaltimento rifiuti), l’imposta viene richiesta per servizi erogati dallo Stato o da Enti pubblici, nel corso del tempo e destinati alla collettività.
Può essere «una tantum», dunque prevista una sola volta in via del tutto straordinaria, oppure periodica, come ad esempio applicata in occasione della dichiarazione dei redditi annuale. Infine, può essere fissa, quindi richiesta a tutti i contribuenti con un importo identico, o variabile (e progressiva), dunque in base al patrimonio di ciascuno, come nel caso della proposta di Leu e parte del Pd.
Una proposta di applicazione
Una proposta di Leu e parte del Pd prevedeva la sostituzione dell’Imu e dell’imposta di bollo sui conti correnti e depositi di titoli con una imposta progressiva sui grandi patrimoni, dunque quelli dei cittadini considerati super-ricchi. La proposta è stata bocciata in prima istanza da parte della Commissione Bilancio della Camera, i due firmatari hanno annunciato di voler presentare ricorso.
A chi sarebbe applicata la patrimoniale
La tassa sarebbe applicata a tutti coloro che hanno una base imponibile, cioè un patrimonio tassabile, dai 500 mila euro in su. Il calcolo della ricchezza netta sulla quale calcolare l’imposta prevede la “somma delle attività mobiliari ed immobiliari al netto delle passività finanziarie” posseduta o detenuta sia in Italia che all’estero.
A quanto ammonterebbe
L’aliquota base partirebbe dallo 0,2% per patrimoni da 500 mila euro a 1 milione di euro. Salirebbe allo 0,5% nella fascia tra 1 e 5 milioni di euro, per arrivare all’1% tra i 5 e i 50 milioni di euro. L’ultimo scaglione sarebbe pari al 2% per patrimoni superiori ai 50 milioni di euro.
Da quando
Se la proposta passasse, seppure ripresentata in modo leggermente differente, scatterebbe col prossimo anno fiscale. Per il solo 2021 sarebbe anche prevista una 5° aliquota, pari al 3% su base imponibile superiore a 1 miliardo di euro. Quest’ultimo scaglione sarebbe motivato dall’esigenza di far fronte alle spese straordinarie per l’emergenza Covid.
La clausola anti-evasione
Il testo in discussione prevede anche multe salatissime per chi cercasse di evadere la tassa, ricordando l’obbligo di dichiarazione dei patrimoni esteri «suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia». In caso di omessa dichiarazione scatterebbe una “una sanzione amministrativa pecuniaria che va dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato“, dunque molto maggiore della patrimoniale stessa.
Imposta per pagare il costo del Covid
Oltre a permettere di aumentare i fondi anti-Covid, secondo i firmatari dell’emendamento la patrimoniale permetterebbe un risparmio per coloro che hanno ricchezze inferiori ai 500mila euro, perché taglierebbe l’Imu, ma anche il valore residuo del mutuo e altre passività finanziarie sugli immobili posseduti. Per i Comuni, che vedrebbero venire meno l’introito dell’Imu, sarebbe invece creato un apposito fondo compensativo.
Quanto frutterebbe
A simulare il guadagno che potrebbe portare la patrimoniale, così come è stata pensata, è stato Il Fatto Quotidiano, secondo cui un prelievo del 2% per i contribuenti con patrimoni superiori ai 50 milioni di euro e del 3% per quelli oltre il miliardo (meno di 3.000 italiani) porterebbe circa 10 miliardi di euro all’anno nelle casse del Fisco.
Le ragioni e le reazioni politiche
Secondo il parlamentare di Leu Nicola Frantoianni, l’obiettivo non sarebbe «mettere le mani nelle tasche degli italiani, ma eliminare tutte quelle mini-patrimoniali che colpiscono il ceto medio e intervenire sulla progressività della tassazione, a partire dei super-ricchi, quei poco più di 2.000 persone con un patrimonio superiore ai 50 milioni di euro».
L’emendamento è stato bocciato anche dal M5S, con il ministro degli Esteri Di Maio che si è detto contrario, da Italia Viva e da una parte dello stesso Pd.
La patrimoniale all’estero
In occasione dell’ultimo World Economic Outlook, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha esortato tutti i paesi a «considerare di aumentare le tasse sui ricchi per ridurre i debiti nazionali, dopo essersi ripresi dalle ricadute economiche della pandemia». A colpire è il fatto che lo scorso luglio la rivista Forbes aveva pubblicato una lettera, firmata da 83 milionari di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Nuova Zelanda, nella quale chiedevano di essere tassati di più.
In Europa i primi Paesi a introdurre imposte patrimoniali sono stati Spagna e Belgio, in particolare per titolari patrimoni ingenti e per grandi aziende.
Le altre patrimoniali “nascoste” italiane
In Italia ci sono già state e sono ancora in vigore imposte sul patrimonio. Ci sono l’imposta di bollo sulle attività finanziarie e l’estensione dell’Ici-Imu alla prima casa, decise dal Governo Monti nel 2012 e considerate a tutti gli effetti patrimoniali, così come la tassa di successione. Ma secondo la CGIA di Mestre (Associazione artigiani e piccole imprese), al momento nel nostro Paese ci sarebbero una quindicina di patrimoniali, più o meno nascoste, che frutterebbero in tutto quasi 46 miliardi di euro: tra queste l’imposta di bollo auto, applicata a chi possiede un veicolo e che varia a seconda della potenza e cilindrata del mezzo, che da sola vale circa 6,3 miliardi di euro.