I primi e più temerari a credere nel potenziale delle criptovalute ci sono alcuni nomi noti del mondo dello spettacolo, dello sport e dell’imprenditoria, a partire dall’ex pugile Mike Tyson, che fin dal 2015 ha aderito a progetti di lancio, in particolare di Bitcoin, prestando il proprio volto per pubblicizzare una catena di bancomat della moneta digitale. Poi è stata la volta di Elon Musk, patron di Tesla e non solo, che soltanto usando l’hashtag #Bitcoin nel promuovere il suo libro biografia ha avuto l’effetto di far schizzare il valore della criptovaluta del 25%. Tra gli altri vip che hanno investito in Bitcoin ci sono anche il numero 1 di Microsoft, Bill Gates, e il calciatore Lionel Messi, il cantante Kanye West, ma persino Paris Hilton e Gwyneth Paltrow, la quale nel 2018 è diventata consulente di un portafoglio di monete virtuali chiamato Alba.
Ora che Bitcoin sta vivendo un nuovo momento d’oro, le attenzioni tornano a crescere anche verso le altre criptovalute. Facciamo il punto, allora, su cosa sono, a cosa servono, chi le usa e come, per evitare brutte sorprese o magari riuscire ad aumentare il proprio patrimonio.
Cosa sono le criptovalute
La prima e più famosa tra le criptovalute è sicuramente Bitcoin, nata all’indomani della crisi finanziaria del 2008. Era il 2009, infatti, quando è partito il progetto di una moneta digitale, o “virtuale”, anche se non tutti gli addetti ai lavori la considerano tale: «Più che una moneta con la quale comprare e vendere, è un bene su cui investire a medio e lungo periodo, come alternativa ad azioni e obbligazioni. Al suo esordio era considerata un esperimento destinato a fallire, ma oggi è una realtà, tanto da essere usata sia da grandi investitori che da semplici privati» spiega Ferdinando Ametrano, docente di Bitcoin e Blockchain Technology all’università di Milano-Bicocca.
Nessuna protezione dalle banche
Come dice il termine stesso, sono valute criptate da codici matematici. Si scambiano tramite internet, si comprano su borse specializzate, possono essere custodite in un proprio “Wallet” o “portafoglio”, oppure presso società specializzate che hanno la stessa funzione di una cassetta di sicurezza o del caveau di una banca. Possono anche essere “prelevate” tramite postazioni Atm, che prevedono commissioni. A differenza delle valute tradizionali, però, oltre a non avere un corrispondente fisico (come le banconote o monetine), non sono controllate da alcun ente o istituto superiore, come una banca centrale o commerciale. Questo è un vantaggio, ma comporta anche rischi, sia in termini di protezione assoluta che nell’eventualità di smarrimento dei codici di accesso al proprio “conto”: se ciò avvenisse sarebbe pressoché impossibile recuperare i propri risparmi in criptovaluta.
Quanto valgono
Nel 2011 Bitcoin valeva appena 1 euro, nel 2014 è arrivata a 320 euro, ora ne vale oltre 50mila. Secondo alcuni esperti la tendenza sarà confermata anche in futuro, tanto che qualcuno azzarda la previsione che possa arrivare al valore di 100mila. Ovviamente questo non vale per tutte le criptovalute.
La differenza tra Bitcoin e le altre
«Sulla scia del successo di Bitcoin, sono nate come tentativi di emulazione almeno 10mila criptovalute, ma sono poche quelle considerate serie e solide. L’unica realmente significativa è Ethereum, anche se io nutro personalmente perplessità rispetto alla sua tenuta sul lungo periodo. Il mercato, comunque, la considera l’unica vera proposta complementare al Bitcoin» spiega l’esperto del settore. Tra le altre monete digitali ci sono Litecoin, che è la più “vecchia” subito dopo Bitcoin, Monero, che privilegia la privacy, Ripple, emessa da una azienda che gestisce una rete di pagamenti.
Pagare in Bitcoin conviene?
Al momento in Italia si possono usare Bitcoin anche per pagare o fare acquisti. Per esempio, in Trentino Alto Adige fin dal 2017 era previsto come metodo di pagamento per la mensa scolastica, mentre alcuni ristoranti e hotel accettano che il conto sia saldato con moneta digitale. Il problema è che, nel corso degli anni, il valore di Bitcoin è cresciuto continuamente, al punto tale da non rendere conveniente utilizzare questo sistema per i pagamenti: il conto finale pagato in Bitcoin risulta a posteriori molto più caro rispetto al pagamento in euro.
Sono strumenti di investimento e speculativi
Piuttosto Bitcoin rappresenta un bene rifugio, una forma di investimento a medio e lungo periodo, al riparo da svalutazioni tipiche dei mercati delle altre valute fisiche, come dollaro o euro, con un’altra caratteristica: è slegata dai circuiti degli istituti bancari tradizionali, non soggetta a emissione da parte di banche centrali. Questo vale, almeno in parte, anche per le altre criptovalute: i concorrenti di Bitcoin devono, però, ancora dimostrare la loro capacità di tenuta nel tempo e per ora sono piuttosto oggetto di compravendite speculative di breve orizzonte. Tutte queste monete si acquistano su borse specializzate e il trasferimento, che avviene tramite internet, è velocissimo.
Non affidarsi a esperti improvvisati
La relativa facilità di utilizzo, però, prevede anche una certa conoscenza tecnica del settore, per evitare di incappare in spiacevoli situazioni: «È esattamente ciò che accade quando si decide di investire i propri risparmi in azioni, obbligazioni e titoli vari: se non si è esperti ci si rivolge a un consulente. Lo stesso si dovrebbe fare con le criptovalute: occorre prestare attenzione alle borse dalle quali si acquistano o all’esperto o sedicente tale a cui ci si affida» spiega Ametrano, amministratore delegato di CheckSig, società specializzata nella custodia e servizi Bitcoin, e tra i massimi esperti del settore.
Attenzione alle piattaforme di scambio
La stessa Banca d’Italia qualche tempo fa metteva in guardia da perdite o furti di Bitcoin, fallimento delle piattaforme di scambio, attività di riciclaggio e altre situazioni criminali. D’altro canto, gli esperti rassicurano che si tratta pur sempre di valute digitali certamente cifrate tramite crittografia e formule matematiche, ma perfettamente tracciabili perché tutte le transazioni sono documentate su un registro pubblico chiamato blockchain: significa che si può sempre risalire a tutta la storia transazionale, arrivando tramite indagini anche a chi le ha inviate o ricevute.