Borse che cadono a picco, mercati finanziari allo sbando, titoli venduti e che nessuno vuole più. La settimana della borsa italiana è stata come un ottovolante. Giù Piazza Affari. Giù i mercati asiatici. Nel sali e scendi delle quotazioni, di mezzo ci sono aspetti geopolitici. E poi c’è da considerare che tutte le borse sono connesse fra di loro. Se una tempesta finanziaria si scatena a Shangai, impossibile che non ne risenta Milano. Cosa sta succedendo?
Perché va male il petrolio?
Cominciamo dalla questione del Petrolio. Il suo valore sta scendendo in modo impressionante, toccando addirittura quota inferiore ai 30 dollari al barile (nel giugno del 2014, ultimo mese con il valore stabile, eravamo a 116,7 dollari al barile). Le quotazioni dell’oro nero rimandano al gioco della domanda e dell’offerta. In sintesi: alcuni Stati ne producono tanto, troppo. Altri, come gli Usa o la Cina, ne comprano meno rispetto al passato. Gli States infatti hanno sviluppato tecnologie estrattive proprie e sono meno dipendenti dal mercato orientale. La Cina invece ha rallentato i suoi piani di sviluppo. Stati produttori dell’oro nero (come Arabia Saudita e Venezuela) sono entrati in difficoltà economica perché gli introiti non sono più quelli del passato.
Perché vanno male i titoli delle nostre banche?
Se nei mercati si è scatenata una tempesta finanziaria con un’impennata di vendite. Da noi, si è abbattuta una doppia bufera. Non sono scesi solo i titoli connessi al petrolio, ma anche quelli delle banche. Il listino italiano si chiama Ftse Mib: il suo indice si compone anche di diversi titoli bancari. A un certo punto è successo che si sono registrate vendite massicce di alcuni titoli di banche come Monte dei Paschi e Carige, che nei giorni scorsi hanno chiuso con un forte indice negativo. Tutti volevano disfarsi dei loro titoli per un semplice motivo: i due istituti sono fra quelli che hanno un’elevata sofferenza. Che cosa significa? Significa che, nella loro pancia, hanno un alto numero di “crediti deteriorati”: titoli che rappresentano soldi che gli stessi istituti hanno prestato a privati e aziende e che dovrebbero riavere indietro, ma che in pratica non vedranno mai. Quindi, carta straccia. L’intero sistema bancario italiano registra sofferenze per 200 miliardi di euro. Il Governo sta giocando una partita diplomatica con l’Unione Europea su come gestire e controllare queste sofferenze. L’Ue ci guarda in cagnesco perché teme aiuti di Stato alle nostre banche.
Il panico
Tanto è bastato per scatenare il panico fra azionisti e risparmiatori. E’ un meccanismo psicologico: se con le attuali regole di salvataggio delle banche ci rimette chi detiene i titoli azionari di quella banca, tanto vale disfarsene quanto prima. Di qui, la corsa alla vendita soprattutto dei titoli di quelle banche come Monte dei Paschi e Carige, che avevano avuto guai per altre vicende. E che oggi partono fortemente penalizzate.
Le paure dei correntisti
Ma quando una banca va malissimo in borsa, il panico contagia anche correntisti e quelli che hanno anche un piccolo libretto di risparmio. Lo abbiamo visto in tv anche con la crisi dei mutui subprime, nel 2007. E in qualche immagine d’epoca sulla grande crisi di Wall Street del 1929. File di persone, davanti agli sportelli, per ritirare i propri risparmi: spaventati dall’idea che se la banca perde in borsa, i soldi nei depositi possano sparire.
C’è da stare tranquilli?
Per questo autorità di vigilanza e governo ricordano che il nostro sistema bancario è solido e che non ci saranno grandi sconquassi da queste tempeste di titoli. Gli analisti osservano che a fronte dei 200 miliardi di sofferenze, i nostri istituti hanno anche ‘accantonamenti’, ovvero riserve di denaro messo da parte proprio per fronteggiare queste emergenze. In questo scenario, giovedì 21 gennaio si è fatto sentire anche il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che ha calmato le acque. “C’è stata una percezione significativamente confusa”, ha detto. Non è un caso che, subito dopo, gli acquisti di titoli sono ripresi.