Parmigiano, provolone e gorgonzola. Yogurt, burro e derivati del latte. Prosciutti e salsicce. E ancora ciliegie, pesche, arance, mandarini e pere. Sono alcuni dei prodotti agroalimentari italiani esportati negli Stati Uniti che, a partire dal 18 ottobre, saranno colpiti dai dazi annunciati dal presidente Donald Trump.
«Si tratta di tasse doganali applicate a una serie di beni europei al momento del loro ingresso negli Usa» spiega Gianmarco Ottaviano, professore di Economia politica e titolare della cattedra di Studi europei all’università Bocconi. «I prezzi delle importazioni aumenteranno, a seconda della categoria, del 10 o del 25%». I primi ad accorgersene saranno gli esportatori, che vedranno le loro merci rincarare, e i consumatori americani, obbligati a pagare di più. I danni, per il settore del made in Italy a più alta esportazione dopo la moda, rischiano di essere milionari.
Guerra dei dazi: tutto è nato dallo scontro Boeing-Airbus
Ma come siamo arrivati a questo? Gli screzi commerciali tra Usa e Ue non c’entrano nulla con formaggi e salumi, ma sono nati nei cieli. Per la precisione dallo scontro fra i 2 maggiori produttori di aerei al mondo, l’americana Boeing e l’europea Airbus.
«Da tempo Washington e Bruxelles si accusano a vicenda di aver concesso aiuti di Stato al consorzio rivale» osserva Ottaviano. «Entrambi hanno fatto appello al Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, che regola queste dispute». A settembre, la prima sentenza ha dato ragione agli Usa, autorizzandoli a “punirci” con dei dazi che compensino il danno subito, calcolato in 7,5 miliardi di euro.
L’ITALIA È SOLO AL QUINTO POSTO TRA I PAESI UE PIÙ COLPITI DALLE SANZIONI, CON 117 MILIONI DI EXPORT A RISCHIO. MA È RIUSCITA A SALVARE OLIO D’OLIVA E PROSECCO
C’è ancora spazio per una trattativa
Secondo le stime dell’Istituto per il commercio estero di New York, l’Italia sarebbe il quinto Paese Ue a essere colpito, con 117 milioni di export danneggiato dai dazi. Pagheranno di più Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna, che di Airbus sono azioniste dirette, mentre noi siamo solo fornitori. Ecco perché, per esempio, il nostro olio d’oliva è salvo e quello spagnolo no, o perché il prosecco ha schivato le sanzioni toccate ai vini francesi.
Cosa può fare l’Europa? «Attendere» conclude il professor Ottaviano. «Tra poche settimane arriverà il giudizio del Wto sull’altra causa, che probabilmente darà ragione alla Ue, e a quel punto sarà Bruxelles a poter scegliere su quali prodotti made in Usa applicare le tasse doganali. Quindi può aprirsi uno spazio di negoziazione».