Milioni di italiani saranno costretti a cambiare televisore, nei prossimi 4 anni e mezzo, o a mettere in preventivo (di nuovo) l’acquisto di un decoder esterno. Entro il 30 giugno 2022 l’attuale modalità di trasmissione in digitale terrestre dovrà essere sostituita da una nuova versione (tecnicamente lo standard Dvb-T2, con codec Hevc). Oltre il 90 per cento delle tv domestiche (calcolo fatto in base a modelli istallati ad oggi) non sarà in grado di ricevere i programmi, se non con l’aggiunta di un dispositivo supplementare. E si sborseranno altri soldi, qualunque sia la soluzione prescelta (rottamazione o decoder).
La novità “nascosta” nella Finanziaria
La“rivoluzione” è prevista e imposta dalla bozza della manovra Finanziaria messa a punto dal Governo, ancora da sottoporre al vaglio del Parlamento e dunque in teoria correggibile. A scovare il passaggio “incriminato”, passato sottotraccia, sono stati gli attenti redattori della testata online DDay.it . “Ora non si scherza più – rimarca il direttore del notiziario dell’hi-tech, Gianfranco Giardina – si esce dalla ridda di ipotesi e opinioni. Lo spegnimento entro il 2022 delle attuali trasmissioni digitali terresti e lo switch off al Dvb-T2 si apprestano a diventare legge. Il lunghissimo articolo 89 della legge di Bilancio, intitolato “Uso efficiente dello spettro e transizione alla tecnologia 5G”, disciplina tutte le fasi e i tempi di questa innovazione e renderà obsoleti milioni di apparecchi”.
Perché tutto questi cambiamenti?
“L’abbandono dello standard attuale – prova a spiegare l’esperto, in parole povere – nasce dalla necessità di compensare la riduzione delle frequenze disponibili per le trasmissioni tv. Un terzo delle frequenze tv, infatti, per disposizione europea deve passare al 5G e al traffico dati cellulare, che è in forte crescita”.
Tempi e scadenze: la tabella di marcia
“Le operazioni tecniche connesse – informa sempre Giardina – inizieranno il 1 gennaio del 2020 e termineranno entro e non oltre la scadenza tassativa del 30 giugno 2022, un periodo di due anni e mezzo, molto più corto dello switch off dell’analogico, per il quale furono necessari 6 anni. Come per la transizione dall’analogico al digitale, conclusa nel 2012, il processo di passaggio al Dvb-T2 non sarà all’unisono su tutto il territorio nazionale. Avverrà in modo parcellizzato per zona geografica e secondo un piano nazionale che sarà predisposto entro maggio 2018 dell’Autorità per le garanzie nella comunicazione”.
Criticità e difficoltà tecniche
Continua Giardina: “I tempi previsti sono molto stretti, soprattutto perché si tratta del un passaggio a una modalità trasmissiva che al momento è compatibile solo con il 5-8 per cento del parco tv presente nelle case degli italiani. Ma la strettoia maggiore verso il 2022 è l’impossibilità per qualsiasi emittente di fare simulcast, cioè trasmissioni contemporanee nel vecchio e nel nuovo formato: in pratica, emittente per emittente, dall’oggi al domani andranno liberate le vecchie frequenze per andare ad occupare quelle nuove stabilite dal Piano nazionale di Agcom, con un contestuale cambio della modalità di trasmissione, senza un periodo di transizione con entrambe le messe in onda”.
Bisognerà adattare anche le antenne
“Nei condomini e per tutti gli impianti canalizzati – altra informazione preziosa – sarà necessario riconfigurare la centrale di antenna per filtrare correttamente i canali che diventeranno attivi, diversi da quelli precedenti La difficoltà è che i cambi non riguarderanno un canale ma tutti e non succederà saranno all’unisono. Quindi è facile prevedere grandi disagi per gli utenti e un eccesso di richieste di intervento agli antennisti, non in grado di rispondere in maniera tempestiva all’intera ondata di chiamate”.
Pochi fondi per compensare le spese degli utenti
“La legge Finanziaria prevede anche una serie di stanziamenti per agevolare il passaggio. Ma rispetto alle necessità saranno briciole. I fondi non basteranno per tutti gli italiani. Probabilmente saranno erogati ad alcune categorie deboli di utenti. Gli altri dovranno mettere mano al portafoglio. E non pochi preferiranno comprare un nuovo televisore, anziché un dispositivo esterno”.
Decoder scomodi e odiati
“L’esperienza del passaggio dall’analogico al digitale – ancora parole del direttore di DDay.it – ci ha insegnato a “odiare” il decoder per le inevitabili scomodità che questo comporta: l’utilizzo di due telecomandi; la complessità, soprattutto per le persone anziane, della selezione dell’ingresso esterno; i cavi in vista e lo spazio da destinare alla scatoletta”.
Le reazioni dei consumatori
In rete si sta scatenando il dibattito, anche con toni accesi. Le associazioni di utenti per ora sembrano restare alla finestra. Un commento arriva, per ora, solo dall’Unione nazionale consumatori: “Sarà l’ennesima stangata – tuona il presidente, Massimiliano Dona – a carico delle famiglie, di nuovo costrette a dover sborsare soldi. Si tratta di un sopruso bello e buono. Un conto è sostenere una spesa perché un apparecchio si guasta, un altro perché ogni tanto si decide che qualcosa non va più bene. Il contributo stanziato per l’adeguamento delle tv – incalza – non basterà certo per compensare i costi che graveranno sui cittadini, né seccature e fastidi”.