Quando si pensa ai sessant’anni, spesso la mente accarezza l’idea di viaggiare, leggere, vedere nipoti, andare in palestra e prendere il caffè con le buone amiche. Avere il tempo, di qualità, negato negli anni veloci del lavoro. Alt. Non è più così: provate ad andare al cinema a vedere l’ultimo film con Robert De Niro uscito il 15 ottobre, “Lo stagista inaspettato“, e scoprirete che ritrovarsi anche a 70 anni catapultati nei ritmi di un’azienda magari a fare un tirocinio non è un’immagine così assurda e lontana.
Il grande esercito degli over 50
Perché al di là della provocazione di De Niro, assunto a 70 anni dalla bella e giovane Anne Hathaway, i tempi della pensione si allontanano sempre più. Complice in Italia la legge Fornero, ma anche il mancato ricambio generazionale dovuto al turn over bloccato (è accaduto per esempio nella pubblica amministrazione dove negli anni di crisi non sono state fatte assunzioni e concorsi), la generazione del baby boom oggi è la maggioranza nelle file aziendali, in tutti i settori: pubblico e privato. Gli over 50 sono più degli under sul posto di lavoro e la legge li blocca in azienda ancora molto, molto a lungo. E allora, come fare a gestirli al meglio e cosa fare per chi si trova davanti ancora molti anni ma non ha più le energie dei 30 anni?
Acustica, luci, seduta: più attenzione al benessere fisico
Qualcosa si muove. I gruppi leader in Italia sono Sanofi Italia, AMIU (Azienda Multiservizi e d’Igiene Urbana di Genova), Società Reale Mutua di Assicurazioni, Philips, Gruppo UBI Banca, Abb, Axa Assicurazioni, Bosch, STMicroelettronics. “Alcune aziende si sono dotate di sedie ergonomiche per schiena e postura, o le hanno sostituite con speciali palloni, che non sono completamente stabili e quindi permettono che il punto di contatto delle varie vertebre si sposti, evitando i dolori alla schiena” racconta il professor Marco Rotondi, presidente di IEN (Istituto Europeo di Neurosistemica). “La Bmw, per esempio, ha alzato il piano della linea di produzione, di modo che gli over non si debbano abbassare troppo”Acustica, luce, sedute sono i risvolti pratici su cui si presta sempre più attenzione; si tratta di cose semplici, che in realtà danno benefici a tutte le fasce di età e allontanano il momento degli acciacchi.
5 modi di vivere il lavoro (dopo i 50)
Il secondo fronte su cui si lavora è quello dei corsi di sensibilizzazione alle persone, organizzati dalle aziende stesse, con una premessa: ogni persona vive diversamente gli ultimi anni al lavoro ed è importante capire di che categoria si fa parte. Tra gli over 50 uno studio ha definito almeno 5 categorie diverse, spiega ancora il professor Rotondi: “Ci sono gli aspirer che aspirano ad andare avanti così, non accusano stanchezza col passare degli anni e affrontano il lavoro come se nulla fosse; i mezzofondisti invece puntano alla ripetizione quasi meccanica delle loro mansioni, sono contenti di lavorare ma non desiderano uscire dal loro tran tran quotidiano. I downsizer invece vorrebbero ridimensionare l’attività lavorativa, a loro andrebbe benissimo un part time (come prevede la legge di stabilità appena approvata) , anche in cambio di meno soldi. Le ultime due categorie sono i lavoratori a rischio che, rimasti fermi per tanto tempo, si accorgono che l’azienda non ha investito su di loro (per esempio in corsi di formazione). Sono solitamente in sofferenza e nervosi, perché sentono di essere, appunto, a rischio. Per ultimi ecco i leavers: nonostante la pensione non sia vicina, vorrebbero andare via subito e dunque studiano tutte le strategie per poter lavorare sempre meno, anche fingendo disabilità”.
Un bilancio per migliorare se stessi
E se le aziende più attente producono ormai strategie strutturate per offrire a ogni tipologia una soluzione alla ageing diversity, la diversità in termini di età rispetto ai colleghi, le più apprezzate sono quelle per aiutare ad andare in pensione serenamente. Sono percorsi strutturati sulle persone: si chiamano di “self empowerment” o di auto potenziamento. Le aziende vogliono far passare il messaggio che “Devi pensare tu a te stesso, sei tu responsabile della tua vita, anche se sei in azienda”, spiega il professor Rotondi. Il percorso diventa un necessario bilancio della propria vita, dei propri interessi, per poter capitalizzare le proprie esperienze ed essere pronti a gestire sia gli anni che restano ancora da passare al lavoro (ma in autonomia), sia quel che verrà dopo (l’età della pensione).
Qualità della vita
Uno dei problemi meno banali è quello della qualità della vita: sì perché se la vita si è allungata, l’aspettativa di vita sana si è invece accorciata. Eurostat dice che per la donna è in media di 60,9 anni (ma nel 2004 era di 71) e per gli uomini di 61,8 (nel 2004 era 68). E dopo? Acciacchi, malanni, prime malattie, disturbi di ogni tipo minano la quotidianità. Ecco perché entrano in gioco i tre pilastri della qualità della vita. Il primo è l’attività fisica, costituito dalla ricerca della giusta postura e dal movimento. Il secondo è l’alimentazione, che deve essere corretta per prevenire malesseri e sentirsi più energici. Il terzo è l’attività del pensiero, come spiega Rotondi: “È la cosiddetta mindfullness tanto di moda, la consapevolezza di sé. Occorre fare pulizia del proprio pensiero, perché pensieri storti producono corpi storti e di conseguenza malattie, spesso psicosomatiche”.