I prossimi mesi porteranno una boccata d’ossigeno in più per i professionisti che lavorano da autonomi, ossia quel popolo di freelance e partite Iva (esclusi piccoli imprenditori, artigiani e commercianti) che rivestono un ruolo sempre più importante nel mercato del lavoro e che ammontano a circa 2 milioni di italiani.
Il Consiglio dei ministri ha approvato un Ddl, conosciuto anche come Statuto del lavoro autonomo, o ancora Jobs Act delle professioni, che dovrebbe sancire una serie di miglioramenti a livello di diritti, detraibilità di alcune spese e certezza dei pagamenti. “Anche se, al momento, è meglio usare il condizionale. Perché dopo l’ok dell’esecutivo occorrerà aspettare ancora il passaggio parlamentare” spiega Anna Soru, presidente di una delle principali associazioni di categoria dei freelance, Acta (Associazione consulenti terziario avanzato). La buona notizia, però, è che queste misure trovano già una copertura finanziaria nell’ultima Legge di stabilità. Quindi, superato l’ok delle Camere, si può prevedere che, nel giro di qualche mese, diciamo entro metà 2016, molte di queste novità diventino realtà.
Tempi di pagamento più brevi e formazione deducibile
Il testo del Governo dovrebbe contenere norme più severe per porre rimedio a uno dei problemi più gravi dei freelance: farsi pagare dai committenti con i tempi dovuti. La legge dovrebbe fissare un limite di 60 giorni entro cui è obbligatorio saldare le fatture. In caso contrario, il lavoratore può rivolgersi alla magistratura, ma non più a quella Civile, bensì al Giudice del lavoro. “Questo è un vantaggio, perché il diritto del lavoro ha tempi più rapidi” spiega l’esperta. Inoltre, altro punto importante, lo Statuto prevede un articolo secondo cui le attività di formazione professionale possono essere “scaricate”, cioè diventare deducibili, ai fini della dichiarazione dei redditi. Queste misure sono valide per tutti, sia per gli appartenenti agli Ordini professionali, sia per le semplici partite Iva.
Maternità e lavoro insieme
Oggi l’Inps assicura il trattamento di maternità, della durata di 5 mesi, a tutte le lavoratrici iscritte alla Gestione separata. Artigiane e commercianti, però, possono continuare a lavorare, mentre tutte le altre devono obbligatoriamente sospendere il lavoro per vedersi riconosciuto l’assegno di maternità (l’80% mensile calcolato sul reddito medio dichiarato). Un’astinenza forzata che per molte è un vero autogol, perché si incassano i soldi, ma si perdono contatti e commesse indispensabili per il lavoro. Quando il decreto sarà legge, anche queste lavoratrici potranno continuare a lavorare e percepire allo stesso tempo l’assegno. Questa misura, però, vale solo per chi versa i contributi all’Inps, mentre le casse previdenziali private legate ad altre professioni seguono ciascuna le proprie regole. “Un’altra misura molto attesa, che speriamo di veder confermate nel testo definitivo, è la possibilità anche per questi lavoratori di prendere un periodo di congedo parentale nei primi anni di vita di un bambino, come succede oggi per i dipendenti” aggiunge Anna Soru di Acta.
Stop ai versamenti in caso di malattia
Un vero salasso per gli autonomi è l’obbligo di versare ogni anno i contributi previdenziali, che invece per i dipendenti sono tratti direttamente dal lordo della busta paga. Il decreto in via di approvazione prevede per gli autonomi la possibilità di sospendere i versamenti in caso di malattia grave (di durata superiore a 2 mesi) e per un arco di tempo massimo di due anni. Il versamento viene “congelato” e dovrà poi essere saldato una volta che si è ripreso a lavorare, anche diluito a rate. Anche questa una novità che coinvolgerà gli iscritti all’Inps e alle casse previdenziali private.