Le donne che sono anche madri possono riuscire meglio nel lavoro. Sembra un paradosso, in un momento in cui emerge più che mai il pay gap, la differenza rispetto ai colleghi maschi, soprattutto in termini di retribuzioni e possibilità di carriera. Eppure la maternità è in grado di far sviluppare alcune delle cosiddette soft skills, competenze relazionali e organizzative fondamentali nel campo professionale.
La genitorialità, dunque, non deve essere vista solo come “limite” alle possibilità di carriera ma come opportunità: “Ascolto, empatia, agilità mentale, ma anche maggiore capacità di problem solving sono solo alcune delle competenze che si sviluppano quando si diventa madri. Diversi studi sul cervello e le sue trasformazioni lo hanno provato” spiega a Donna Moderna Riccarda Zezza, Ceo di Life Based Value e coautrice di MAAM, Maternity as a Master. Si tratta di un programma che permette di trasformare le capacità sviluppate attraverso l’essere madri (e padri) in competenze professionali.
Primo progetto al mondo di questo genere, si presenta sotto forma di master per le aziende e i loro dipendenti, che vogliono acquisire o migliorare le soft skills in grado di fare la differenza in ufficio, in termini di produttività e innovazione.
La maternità va inserita nel curriculum
Le donne in cerca di nuove opportunità lavorative sono avvertite: ai dati anagrafici, alle esperienze professionali e alla conoscenza di lingue straniere o informatica dovrebbero aggiungere la “genitorialità”: “Moltissime donne lo hanno già fatto e mi scrivono spiegando di aver inserito nel curriculum anche le competenze sviluppare “sul campo” con la maternità. Persino Dee Dee Myers, la portavoce dell’ex presidente Usa, Bill Clinton, e prima donna a ricoprire questo ruolo, ha chiesto provocatoriamente perché assistere a partite di football sia considerato un modo per migliorare le proprie capacità manageriali, mentre una maternità no. Se nei cv vengono inseriti anche gli sport, non si capisce perché non possa trovare spazio l’essere genitore” dice Zezza.
Quali sono le competenze di una madre?
“Praticamente tutte: noi abbiamo fatto una selezione, limitandoci al periodo della nascita di un bambino, anche se poi con la crescita se ne sviluppano tante altre. Sono comunque 12, suddivise in tre aree: 4 sono quelle dell’ambito relazionale, come ad esempio, l’ascolto, la comunicazione, l’empatia, perché quando nasce un bambino è come se si attivassero delle antenne speciali che ci insegnano a intepretare un linguaggio nuovo, non fatto di parole. Dell’area organizzativa fanno parte le capacità di coordinare un certo numero di attività, l’agilità mentale per gestire la complessità, la stessa gestione delle priorità e, contemporaneamente la capacità di abbassare l’ansia da perfezione. La terza area è invece quella delle competenze nel campo dell’innovazione: non a caso molte aziende madano i dipendenti a giocare con i Lego, per allenare il loro pensiero laterale e la creatività nel trovare soluzioni innovative. I bambini, infatti, ogni giorno ci presentano situazioni nuove” spiega Zezza.
I figli sono un “limite” o una risorsa?
In Italia le aziende a guida “rosa” sono ancora troppo poche (appena il 21,8% del totale) e per molte donne la maternità rappresenta anche il congelamento – se non la fine – della carriera: la popolazione femminile tra i 25 e i 54 anni che lavora è pari al 57%, rispetto all’87% di quella svedese. Peggio di noi solo Grecia e Macedonia. L’Italia si colloca al 117° posto su 124 nella partecipazione socioeconomica delle donne. A ciò si aggiunga una bassissima natalità: 1,34 figli in media contro il dato di 1,9 della Svezia.
A tutto ciò si somma anche una differenza salariale rispetto ai colleghi uomini, che in media guadagnano il 15% in più, a parità di mansioni. Eppure anche il Word Economic Forum, nella sua Agenda 2030, ha sottolineato l’esigenza di ridurre il Gender Gap, ovvero “raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”. A pesare, però, sono i costi della genitorialità e la mancanza di servizi adeguati. Ma se la maternità diventasse una risorsa?
Le 10 competenze chiave per il lavoro entro il 2020
Secondo un’analisi, condotta su oltre 2mila partecipanti alla piattaforma MAAM, oltre l’80% delle donne aveva definito la maternità come un’occasione per diventare più consapevole, più del 54% si è sentita più motivata dopo la nascita dei figli, mentre oltre l’11% ha parlato di crescita delle competenze trasversali.
È ancora una volta il World Economic Forum ad aver indicato le 10 competenze-chiave per il mondo del lavoro entro il 2020: ascolto, comunicazione, intelligenza emotiva, creazione di alleanze, giudizio e presa di decisione, gestione del tempo e delle priorità, delega e collaborazione, gestione della complessità, creatività, apprendimento attivo e agilità intellettuale, complex problem solving, visione e gestione del cambiamento, networking.
La maternità come “rivoluzione”
Che il “mestiere di mamma” diventi un’opportunità rappresenta una sorta di rivoluzione. “Lo è in molti sensi, prima di tutto perché ci porta a superare una serie di limiti che pensavamo di avere: un bambino piccolo occupa l’80% del tempo di una madre, che però spesso scopre di riuscire a fare sia la mamma, che quello che faceva prima. Ovviamente questo comporta un’organizzazione di più” spiega a Donna Moderna Lara Ferrari, psicologa e psicoterapeuta clinica e comportamentale del Centro Kairòs di Parma. “Per alcune, invece, rappresenta un’opportunità per reinventarsi: magari si scopre che il lavoro che si faceva prima non è più consono e ci si reinventa in qualche ambito professionale differente, dando una svolta alla propria vita lavorativa”.
Multishifting e empatia: competenze femminili ricercate
Uno studio di un gruppo di etologi dell’Università di Pisa, pubblicato su Royal Society Open Science, la rivista della Royal Society britannica, ha mostrato come le donne siano più empatiche rispetto agli uomini. Proprio la capacità di capire e recepire gli altri stati d’animo degli altri rappresenta una delle competenze relazionali più importanti anche in ambito lavorativo: “L’empatia è forse la competenza “regina” in quasi tutte le professioni e in particolare nelle helping professions, i lavori di aiuto” spiega ancora la psicologa.
Un’altra caratteristica che viene attribuita all’universo femminile è il multitasking, che viene ritenuto una “marcia in più” per le donne”. “In realtà non esiste: il nostro cervello non è in grado di fare contemporaneamente più cose con attenzione. Noi parliamo invece di multishifting, ovvero della capacità di concentrarsi su di una cosa alla volta, spostandosi poi in modo veloce da un’attività all’altra. Con la maternità si sviluppa proprio la capacità di gestione del tempo e delle priorità” spiega Riccarda Zezza.
“Occorre prestare attenzione al concetto di multitasking, perché è un’arma a doppio taglio: sembra aiutare a fare tutto in maniera veloce, ma è fonte di fonte di stress e spesso porta a non delegare e a pretende di controllare tutto. La maternità può essere un ottimo momento per allenarsi in questo, lasciando che le cose seguano anche il loro corso” conclude Lara Ferrari.
Essere madri è essere già leader
“Il progetto è nato come teoria nel 2012, poi sono arrivati i primi workshop e, nel 2014, il libro Maam. La maternità è un master che rende più forti uomini e donne (con Andrea Vitullo, Bur). Alla fine del 2015 la è nata la società che vende il percorso digitale, con più di 30 aziende che l’hanno comprato, oltre 2.000 mamme e 400 papà che hanno aderito. Il percorso per i papà è partito lo scorso anno, e prevede un’attenzione particolare all’intelligenza emotiva, nella quale gli uomini sono un po’ più indietro, faticano a svilupparla in aula” spiega Zezza, che conclude: “Alle donne manca il ruolo di leadership in cui riconoscersi, mentre essere madri è essere già anche leader. Uno dei nostri slogan è Porta nel mondo tutto quello che sei diventata perché il mondo ne ha bisogno. Si tratta di quello che io chiamo la leadership generativa: le donne la riconoscono e la sentono come propria”.