Dopo le strade, anche le vetrine meno illuminate
Negozi con vetrine meno illuminate o costretti a chiudere prima? Qualcuno avanza un’ipotesi a cui, fino a tre anni fa, nessuno pensava. Non solo le strade, i palazzi pubblici e i monumenti potrebbero essere (e in molti casi lo sono già) meno illuminati, con un aumento dei rischi legati alla sicurezza nelle strade, ma ora anche i negozianti potrebbero essere costretti a scelte drastiche, come chiusure anticipate.
Bollette insostenibili per i negozi
Dopo la crisi per la pandemia, adesso c’è l’esigenza di ridurre i consumi energetici. Lo chiede il Governo, lo chiede l’Europa, ma lo “chiedono” anche le bollette, ormai insostenibili per i commercianti così come per molte famiglie. E allora che si pensa a tagliare sull’illuminazione delle vetrine o sull’aria condizionata.
A rischio chiusura un negozio su 10
Secondo i dati di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza i rincari dell’ultimo periodo sono del +121%. Troppo per molti: «Si tratta di un aumento insostenibile, persino assurdo. Sicuramente queste bollette dovrebbero essere riviste al ribasso: di fronte ai rincari energetici ormai ci sono situazioni non sostenibili. Non si può lavorare solo per pagare le bollette. Chi ha un negozio deve anche pensare agli stipendi dei propri collaboratori e a liquidare i fornitori, oltre a pagare l’affitto. Almeno se si vuole rimanere aperti» spiega Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, che rappresenta una fetta importante dei commercianti. «A rischio c’è un negozio su 10 – aggiunge Felloni – che non significa solo posti di lavoro, ma anche un presidio sul territorio».
Nuovi rincari, negozi a rischio chiusura
Il piano del Governo parla chiaro: occorre tagliare i costi energetici, consumare meno luce (e gas). Tralasciando il tormentone social della pasta cotta a fuoco spento per poter risparmiare, i problemi sono reali. Li toccano con mano i cittadini e le famiglie, con rincari sugli alimenti (+181%), sulle vacanze (+161% per hotel e +123% per i ristoranti), e in genere per gli acquisti, che variano tra il +119% e +116%.
Ma pesano anche sugli stessi commercianti, tanto che qualcuno teme non solo nuove chiusure (15%) dopo quelle per la pandemia, ma anche una riduzione dell’attività (10%).
Abbassare i riscaldamenti e le luci nei negozi non basta
«Io considero gli imprenditori degli eroi, oggi più che mai – prosegue Felloni – Chi continua a voler aprire le saracinesche compie sforzi titanici, altro che tagli all’aria condizionata. Dopo la pandemia, che ci ha costretto a chiudere per mesi, ora facciamo i conti con le conseguenze della guerra in Ucraina e della crisi energetica. Ben vengano i tagli ai consumi, ma il problema è anche sostenere le attività e le famiglie. I problemi della gente sono quelli reali e quelli delle imprese sono quelli reali: le imprese dovranno fare sacrifici, diminuire l’impatto sull’energia, abbassare le luci quando non ce n’è bisogno o tenere l’aria condizionata e il riscaldamento solo a livelli accettabili e quando occorre, ma non ci si può limitare a questo».
La luce costa troppo: negozi al buio?
L’esigenza di risparmio, dettata dall’Europa e recepita dal piano del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, porterà a ridurre la temperatura nelle abitazioni e nei pubblici uffici, ma si rischia di veder chiudere prima anche i negozi o di lasciarli al buio? «No, non è questo il messaggio che vogliamo dare: noi faremo di tutto per rimanere aperti come abbiamo sempre fatto, specie adesso che si torna alla normalità dopo la pandemia. I negozi non sono solo punti vendita, ma spesso c’è un rapporto di conoscenza con i clienti. Non spegneremo le vetrine, ma certamente si cercherà di non tenere l’aria condizionata a temperature eccessive come 18 gradi quando fuori ce ne sono 30, così come non terremo accese le luci di notte, quando non serve» spiega ancora il presidente di Federmoda Italia-Confcommercio. «Certo, a soffrire maggiormente sono soprattutto i negozi di prossimità, magari nei centri storici, mentre l’impatto sui centri commerciali è sicuramente inferiore» aggiunge.
Anche le città si spengono: diminuisce la sicurezza?
Certo l’effetto della riduzione dei consumi energetici si vedrà non solo sulle bollette. In alcuni Comuni sono già state spente le illuminazioni notturne di alcune strade, oltre che quelle dei monumenti, seguendo le linee del Governo. Ma non sono mancate le polemiche, per esempio in occasione di alcuni incidenti stradali, legati proprio alla scarsa illuminazione delle vie.
Che ne sarà, quindi, delle strade delle città più o meno piccole, se i negozi spegneranno o ridurranno le luci, e le Amministrazioni anche? «Ridurre sensibilmente le ore di accensione dell’illuminazione pubblica in alcune strade, senza intaccare la percezione della sicurezza urbana, è un provvedimento che molti Comuni hanno già adottato, per risparmiare sui consumi energetici e contenere la bolletta. Si tratta di iniziative drammatiche, che producono un impatto anche mediatico che comunica il senso della gravità del momento che viviamo. Ma che non sono strategiche» spiega il Sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, delegato dell’Associazione dei Comuni italiani (ANCI) per il settore Energia.
Ai Comuni non basta abbassare le luci: bisogna ristrutturare gli edifici
«È di altro che i Comuni italiano hanno bisogno – prosegue Salvemini – Servono interventi strutturali come un piano nazionale per l’efficientamento degli alloggi popolari, per rendere sostenibili i circa 700mila condomini di edilizia residenziale pubblica in Italia, garantendo risparmio di energia e l’abbattimento delle bollette per le famiglie che vi abitano. Interventi che riescano a coniugare l’obiettivo della sostenibilità con quello di una maggiore equità sociale» osserva il primo cittadino. Da troppo tempo si sa di sprechi dovuti all’inefficienza, a edifici vecchi che invece, se ristrutturati, permetterebbe un notevole risparmio di di energia e dunque di denaro anche pubblico.
«Oggi i Comuni italiani fanno fronte, esattamente come le famiglie e le imprese, ad aumenti della bolletta energetica, sostenendo costi che alla fine dell’anno saranno raddoppiati o triplicati. Come le famiglie e le imprese c’è bisogno di realizzare risparmi immediati, ma soprattutto di investimenti per accrescere l’efficienza energetica degli immobili e l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili» conclude il rappresentante dell’ANCI.