Novità in arrivo per Opzione donna, che dovrebbe confluire in un unico fondo insieme all’Ape Sociale, ossia l’ammortizzatore sociale di accompagnamento alla pensione, riservato a disoccupati, caregiver e disabili (con 30 anni di contributi). Dunque, l’accesso anticipato al pensionamento, ideato per le donne, dovrebbe di fatto sparire. Ad annunciarlo è stata la premier, Giorgia Meloni, nell’illustrare i contenuti nella Manovra finanziaria 2023, appena varata dal Governo.
Niente più Opzione Donna?
Che Opzione Donna dovesse essere cambiata era nell’aria, ma da quanto emerso dalla Manovra finanziaria, si tratta di una vera rivoluzione. a confermarlo è stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha chiarito: «Sarà più restrittivo l’accesso al pensionamento anticipato». Il riferimento è a Opzione Donna, ma anche all’Ape sociale e a Quota 103.
Nuovo fondo unico e nuovi criteri
Di fatto è stato introdotto un Fondo per la flessibilità in uscita per l’accesso alla pensione. I criteri previsti sono 63 anni di età e 36 di contributi per caregiver, disoccupati, coloro che sono impegnati nei lavori gravosi, i disabili e per le donne, tutti insieme. Bisogna anche avere maturato, però, «come prevedeva Opzione donna, «35 anni di contributi», ha chiarito Meloni. La conseguenza, secondo gli esperti, è che si alza il requisito anagrafico per le lavoratrici, che invece ad oggi è di 60 anni.
Dell’incentivo, finora, hanno goduto in 2.900 donne, mentre l’obiettivo nel recente passato era di innalzare la platea delle potenziali beneficiarie quadruplicandolo fino a portarlo a 13.200.
Cosa cambia per chi ha figli?
Al momento è ancora presto per capire cosa cambierà per la madri con più figli. Confermando una direzione già intrapresa nei mesi scorsi, si pensa di introdurre criteri più “morbidi” per le lavoratrici madri, in particolare a una sorta di “sconto” sui requisiti contributivi di accesso a Opzione Donna. Secondo quanto riassume La Repubblica, non si esclude di scendere a 30 anni.
Opzione Donna: perché cambiarla?
Da tempo si parlava di una revisione di Opzione donna, che però ora segna un’inversione di marcia rispetto alle attese della vigilia della messa a punto della Manovra. Si ipotizzava, infatti, eliminare il criterio dei figli e di abbassare l’età minima necessaria per accedere all’uscita dal lavoro anticipata, entrambi ritenuti parametri troppo restrittivi. Già prima del nuovo testo, l’Avvocato Celeste Collovati, dello studio Dirittissimo ed esperta in materia, osservava che «La legge di Bilancio 2023 ha introdotto, perlomeno per il 2023, criteri piuttosto restrittivi per quanto riguarda la possibilità di usufruire di Opzione donna, stabilendo la possibilità di uscire dal lavoro con requisiti decisamente inferiori a quelli previsti per la pensione anticipata e di vecchiaia ordinaria previsti dalla Legge Fornero. Con la circolare Inps n. 25 dello scorso 6 Marzo scorso, il limite di età anagrafica era sceso dai 60 anni ai 59 o 58 anni solo se la lavoratrice ha uno, due o più figli (criterio dei figli)». L’obiettivo, quindi, sembrava fosse quello di estendere la platea di donne lavoratrici che avrebbe potuto accedere all’Opzione Donna. Cambiando i requisiti, come spiegava avvocato, si sarebbe «data la possibilità a oltre 10mila donna italiane di andare in pensione un anno prima».
Le altre novità sull’uscita dal lavoro
L’obiettivo, quindi, sembrava fosse quello di estendere la platea di donne lavoratrici che avrebbe potuto accedere all’Opzione Donna. Cambiando i requisiti, come spiegava avvocato, si sarebbe «data la possibilità a oltre 10mila donna italiane di andare in pensione un anno prima». Il testo uscito dal consiglio dei Ministri, che ora andrà al vaglio del Parlamento, prevede però anche altre novità in tema di uscita dal mondo del lavoro. In particolare, per quanto riguarda Quota 103, che finora permetteva di andare in pensione a 62 anni di età e 41 di contributi, si innalza il requisito anagrafico a 63 anni e mantenendo stabile quello contributivo a 41. Dovrebbe rimanere identica, invece, la possibilità di uscire dal lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne). Rimarrebbe invariata la finestra mobile di 3 mesi, a prescindere dall’età. Confermato, invece, il cosiddetto “bonus Maroni”, che mira a incentivare chi rimane al lavoro, nonostante abbia maturato i requisiti per la pensione.
Il nodo dell’età anagrafica
«Senza dubbio le condizioni introdotte dalla Legge di Bilancio 23, avendo eliminato l’accesso libero a tale misura, sono state decisamente troppo restrittive; è a mio avviso auspicabile ed “accattivante” una misura che parifica le condizioni per accedervi, senza distinzioni di sorta, in un’ottica di semplificazione generale delle regole, tanto più in una società moderna dove sono sempre di più le donne lavoratrici senza figli». Così rifletteva l’avvocato Collovati, prima però, delle ultime novità previste dalla Manovra.
I figli potranno fare la differenza?
Anche questo è un punto rimasto in sospeso. Nei mesi scorsi si lavorava ad eliminare il requisito dei figli come discrimine nell’accesso a Opzione Donna. L’interesse era quello di eliminare il riferimento al numero di figli in base al quale poteva «essere concessa una diminuzione di 2 anni sul requisito anagrafico». In questo modo, sarebbe stata ampliata notevolmente la platea di donne (anche le lavoratrici senza figli) alle quali sarebbe riconosciuta la «possibilità di accedere alla pensione anticipata, evitando disuguaglianze tra di loro», spiegava l’esperta.
Quando entreranno in vigore le novità?
Era previsto che le ipotesi dei mesi scorsi potessero entrare in vigore dal 2024, ma quanto annunciato dal Governo rimettere tutto in discussione. Il nodo, quindi, è soprattutto economico nella ricerca e disponibilità di fondi adeguati. D’altro canto, sia il ministro dell’Economia, Giorgetti, sia la premier, Meloni, avevano chiarito e hanno ora ribadito che l’obiettivo è quello di definire una manovra all’insegna della prudenza, date le difficoltà economiche e finanziarie del momento.