La stretta era prevista a partire dal 1° gennaio 2022, quando sarebbe entrata in vigore una soglia massima di spesa in contanti di 1.000 euro, o per essere più precisi di 999,99. E così è stato fino a poche ore fa, quando il Parlamento ha modificato quanto previsto dalla legge di Bilancio e con un emendamento al Milleproroghe ha riportato la cifra a 2.000 euro. «Di fatto trattava di un percorso di transizione, iniziato proprio lo scorso anno, con l’abbassamento della soglia dei pagamenti cash da 3.000 a 2.000 euro e, dal 2022, a 1.000 euro» chiarisce l’avvocato Stefano Cherti, docente di Diritto privato all’Università di Cassino ed esperto di banche e assicurazioni dell’Unione nazionale consumatori.

Si torna a 2.000 euro

In realtà, invece, la novità è stata congelata e rinviata al 2023. Il voto di Forza Italia e della Lega agli emendamenti del decreto Milleproroghe ha riportato il tetto massimo dei contanti utilizzabili a 2000 euro. L’obiettivo del Governo, invece, era ridurre l’uso del contante per contrastare l’evasione fiscale permettendo il tracciamento delle spese ed, eventualmente, confrontarle con le entrate di ciascuno. Per questo si era deciso di ridurre la circolazione di banconote in modo da sfavorire i pagamenti “in nero”. Ora si torna appena sotto la soglia dei duemila euro, anche se – come vi spieghiamo più sotto – occorre rispettare la cifra precisa, se non si vuole incappare nel rischio di sanzioni.

L’Italia più rigida dell’Europa per via del “nero”

«La norma seguiva la decisione della Commissione europea di rivedere la soglia massima di pagamento in banconote. Peccato che da Bruxelles è arrivata l’indicazione a non superare i 10mila euro! C’è una differenza abissale rispetto a quanto deciso in Italia e il motivo è semplice: l’Europa mira a contrastare il riciclaggio di denaro di dubbia provenienza, mentre nel nostro Paese l’obiettivo è la lotta all’evasione fiscale. In realtà, l’abbassamento della soglia arriva in un momento in cui, dopo il lockdown e con la pandemia, il ricorso alla moneta digitale, come bancomat o bonifici, è cresciuto moltissimo» prosegue l’esperto. Stefano Cherti, esperto in tema di assicurazioni e banche dell’Unione nazionale consumatori.

Il punto debole: suddividere i pagamenti

Intanto, lo stesso importo 2.000 euro (e, prima, di 1.000 euro) varrà sia per i pagamenti a fronte dell’acquisto di beni materiali, sia per le prestazioni, come per esempio l’intervento dell’idraulico, dell’elettricista o della visita medica. Rimane, ancora permesso, però, suddividere la cifra tra cash e pagamento tracciabile (bancomat, bonifico, ecc.). Se, quindi, il conto fosse di 2.500 euro, se ne potrebbero sempre versare 500 in banconote, saldando la quota restante di 2.000 euro con altra modalità telematica. «Certo, rimane questa possibilità, che dimostra come in realtà forse il limite al contante non sia lo strumento migliore per contrastare i pagamenti in nero. Dal dentista, per esempio, è previsto che si possa dilazionare il conto, magari in tranche da 500 euro (in contanti), ma diventa difficile dimostrare se si tratta del costo di un intervento solo o di più sedute pagate appunto senza traccia» spiega Cherti.

Quanto si potrà prelevare e versare

Il tetto massimo di 2.000 euro, comunque, non riguarda prelievi e versamenti in banca. La differenza sta nel fatto che non si tratta del passaggio di denaro tra due persone fisiche, ma movimenti che uno fa con il proprio denaro, per esempio il versamento sul conto corrente, oppure l’operazione inversa di prelievo. Questo significa che si può continuare a ritirare allo sportello bancomat una cifra superiore (ammesso che le condizioni del conto e della banca lo permettano) oppure che si possano versare in contanti importi superiori a 1999,99 euro. In questo caso, infatti, potrebbe trattarsi di risparmi accumulati nel tempo o di denaro ricevuto per prestazioni differenti e distribuite nel tempo: ad esempio, l’incasso di fattura da 1200, 1300 o 1700 euro. «Infatti si potrà continuare a prelevare anche 2/3.000 euro senza destare sospetti. Diverso il caso del versamento, per cui se dovesse capitare di depositare somme ingenti la banca potrebbe sempre insospettirsi e inviare una segnalazione all’antiriciclaggio per verificare la provenienza del denaro» aggiunge l’avvocato.

Le sanzioni per i trasgressori

Per chi avesse tentato di aggirare la norma erano previste sanzioni: con il limite a 999,99 euro dal 1° gennaio 2022 il minimo edittale, cioè la multa minima prevista, era di 1.000 euro. Si trattava di una sorta di “buona notizia” a metà, visto che prima l’importo era doppio, ossia 2.000 euro. IOra bisognerà attendere conferma del ritorno alla cifra indicata, proporzionata al tetto massimo di 2.000 euro appena reintrodotto. Resta, però, da ricordare che il superamento della soglia prevede comunque una sanzione, sia per chi paga, sia per chi accetta un pagamento in banconote superiore al limite di legge.

È utile contro l’evasione fiscale?

Sull’efficacia della misura come contrasto all’evasione, però, potrebbero esserci dubbi: «Un limite al contante così basso rispetto a quanto previsto in Europa potrebbe anche essere efficace, ma sarebbe un po’ come andare a pesca con una bomba a mano. È un dato di fatto, invece, che da noi ci sia una vera e propria demonizzazione del contante, che è difficile da spiegare a un francese o un tedesco – spiega l’esperto – Sarebbe sufficiente, invece, incrociare le informazioni delle banche dati dei vari uffici della pubblica amministrazione e dell’Agenzia delle entrate per “stanare” in pochi giorni migliaia di evasori fiscali. Non dimentichiamo che esistono anche diversi indici che sono già in uso, in alcuni casi, da parte delle banche. Ad esempio, le spese per i beni futili (viaggi, ristoranti, scuole private dei figli, ecc.) che dovrebbero essere proporzionate al tenore di vita. Se così non è significa che c’è qualcosa che non va». «Diciamo che forse il limite a 1.000 euro era una misura eccessiva o che poteva apparire tale a uno visitatore straniero abituato a maneggiare ben altre cifre in contanti e potrebbe risultare limitante per gli operatori turistici italiani» conclude Stefano Cherti.