Altro che Caraibi. Per molti pensionati e pensionate italiani il Portogallo ha rappresentato finora un vero “paradiso fiscale”: oltre a essere un paese vicino, europeo, in Portogallo le tasse sugli assegni previdenziali finora sono state pari a zero. Finora, appunto, perché il governo di Lisbona ha annunciato l’intenzione di introdurre un’aliquota fino al 10% del reddito annuo su tutte le entrate dei cosiddetti “immigrati economici”. Tra questi, appunto, ci sono migliaia di italiani, ognuno con un contributo minimo di 7.500 euro.
Portogallo “paradiso fiscale”? Non più
La misura è stata annunciata dall’esecutivo del premier socialista Antonio Costa nell’ambito della Finanziaria 2020 e pone fine a un regime fiscale super agevolato per gli stranieri residenti in Portogallo che durava dal 2009, anno in cui, per agevolare la ripresa economica dovuta alla grave crisi finanziaria, si era decisa una detassazione completa per incentivare il turismo. E così è stato, tanto che in Portogallo nel 2019, secondo i dati Inps, vivevano stabilmente poco meno di 2.900 connazionali, 1.000 in più rispetto all’anno precedente. Si trovano soprattutto in Algarve, che si affaccia sulla costa sud, e sono per lo più over 65.
Ora la nuova misura, che pure non sarà retroattiva, potrebbe rendere meno conveniente trasferirsi nel paese in cerca di una nuova, seconda vita. «A spingere il Portogallo a varare questa norma sono stati soprattutto i paesi scandinavi, dove invece sui pensionati grava un peso fiscale persino superiore rispetto a quello dei lavoratori attivi. Questo li ha penalizzati finora, rendendoli meno attrattivi per i turisti meno giovani o per coloro che hanno intenzione di trasferirsi all’estero in vista del pensionamento» spiega Michele, antropologo dell’agenzia Reframed, specializzata nel supporto a chi ha intenzione di “cambiare vita”. «Di recente, comunque, il costo della vita in Portogallo aveva già iniziato a crescere: per un bilocale in affitto in Algarve, ad esempio, non si spende meno di 650 euro al mese, molto più che in passato anche se resta un costo ancora contenuto rispetto a quello di appartamenti in località di mare in Italia. Di sicuro stanno emergendo nuove mete, più attrattive, sia in Europa che fuori dall’Ue» aggiunge l’antropologo.
Perché il Portogallo era conveniente
Finora per godere della totale esenzione fiscale era sufficiente vivere in Portogallo per almeno sei mesi all’anno e non essere stato inquadrato come residente abituale nei 5 anni precedenti. Oltre al beneficio di poter usufruire dell’intera pensione, al netto delle imposte applicate invece in Italia, ad attrarre sono stati anche il costo della vita inferiore a quello italiano e un sistema sanitario efficiente: «Grazie alle convenzioni europee è possibile usufruire della sanità pubblica portoghese (dopo essersi cancellati dal Sistema Sanitario Nazionale nel nostro paese)» conferma Michele. La lingua, seppure non facilissima, così come gli usi e i costumi non sono così distanti da quelli italiani e il clima, specie nelle località del sud, è secco e soleggiato. Secondo i dati Inps, gli italiani che vi si sono trasferiti hanno percepito in media una pensione da 2.719,99 euro al mese (netta), uno degli assegni più sostanziosi per i connazionali all’estero. Ma quali sono gli altri paesi in cui si sono trasferiti i pensionati italiani?
Dove sono andati i pensionati italiani
Secondo le rilevazioni dell’ente di previdenza italiano, Cipro rappresenta un’altra meta ambita: la pensione media degli italiani che vi sono andati a vivere è di 2.548,10 euro al mese. A confermare i benefici sono anche i molti siti e le pagine Facebook dedicate ai trasferimenti all’estero, come “Nuova Vita” che elenca tutti i motivi per cui l’isola è conveniente: 300 giorni di sole all’anno, mare cristallino e spiagge da sogno, regime fiscale favorevole (no-tax area fino a 19.500€/anno), poi un’aliquota del 5% per sempre, a fronte di una tassazione in Italia del 43% medio. «Il costo della vita – si legge sulla pagina Facebook di “Nuova Vita” – è fino al 50% più basso, grazie al cambio favorevole euro/Lira turca». La benzina costa 0,85 €/litro e si può cenare con poco più di 10 euro. Secondo i dati più recenti dell’Inps sono erogate poco meno di 60 pensioni ad altrettanti connazionali, mentre sono di più quelle che finiscono in Irlanda (138), in Slovacchia 106) e in Belgio (1.647). Tra le mete che stanno emergendo, però, ci sono Tunisia, Bulgaria e Albania.
Dove iniziare una “nuova vita”
«Tra le nuove mete, alcune delle quali si sono affermate ormai da diverso tempo, ci sono la Tunisia e la Bulgaria. Nel primo caso basti pensare che ad Hammamet vivono circa 4.000 italiani. A dispetto di quanto non si possa pensare, la vita lì è tranquilla: io ci sono stato per monitorare la situazione anche in occasione delle recenti elezioni e, come confermato dagli osservatori Onu, non ci sono stati brogli. La Tunisia è ritenuto un paese democratico, ha il vantaggio di un ottimo clima e di una totale esenzione fiscale per chi vi si trasferisce. Inoltre il costo delle case è basso: per un bilocale a 300 metri dal mare non si spendono più di 200 euro al mese. C’è un ottimo sistema sanitario basato su cliniche private dove operano medici che si sono formati in Europa, soprattutto Francia e Italia, e dove una visita oculistica o dermatologica privata non costa più di 30 euro» spiega Michele di Reframed, che aggiunge: «La Bulgaria, invece, essendo un paese Ue gode delle convenzioni europee per la sanità e il costo della vita è in media un terzo rispetto a quello italiano: basti pensare che uno stipendio medio è di 350 euro al mese ed è sufficiente per vivere. C’è poi anche l’Albania, dove le condizioni sono simili, anche se per la sanità ci si affida a cliniche private più economiche rispetto a quelle italiane. In entrambi i casi la tassazione è pari a zero per i nuovi residenti».
E le Canarie? L’aliquota è del 12,5% con esenzione fino a 12.000 euro annui: «Resta una meta attraente, soprattutto per il clima. Fiscalmente è meno vantaggiosa, anche se le tasse sono la metà rispetto a quelle italiane. Il turismo russo di lusso, però, ha fatto aumentare i prezzi, trasformando molte località in zone vip» spiega Michele.
Cosa fare (e a cosa stare attenti)
A prescindere dal paese che si sceglie, esistono alcune limitazioni a cui prestare attenzione. Trasferendosi all’estero si diventa cittadini Aire, iscritti all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero. Si perde il diritto a godere della sanità pubblica italiana e si passa a quella del paese in cui ci si è trasferiti. Ad ogni modo se si torna in Italia si è coperti per emergenze e urgenze in quanto cittadini europei. Un vincolo per poter godere dei benefici fiscali all’estero è di viverci almeno 183 giorni all’anno (sei mesi), non necessariamente continuativi. Se si hanno case o beni in Italia, questi continuano a essere tassati secondo il nostro regime fiscale: ovviamente si perderà il beneficio della “prima casa”, non essendovi residenti. Se si è in comunione di beni, anche il coniuge deve trasferirsi all’estero.
Infine, fatta eccezione che per alcuni stati (Tunisia, Senegal e Australia), i pensionati ex Indap e/o ex dipendenti pubblici non possono godere della defiscalizzazione all’estero. Si può comunque cambiare idea in qualunque momento e tornare… a casa in Italia!