Per la riforma delle pensioni vera e propria occorrerà attendere, dopo che la trattativa tra Governo e sindacati si è arenata. Nel frattempo, però, arrivano i primi interventi-ponte, con misure che scatteranno già a partire dal 2022. Quota 100 è in scadenza il 31 dicembre, infatti, ma sarà sostituita da Quota 102, per un solo anno, mentre Opzione donna viene rinnovata per permettere alle lavoratrici di andare in pensione prima, a certe condizioni. Ecco le novità in arrivo e chi ne potrà usufruire.
Quota 102: cos’è e come funziona
Si tratta del meccanismo messo a punto per superare Quota 100, che scade a fine 2021. Dal prossimo primo gennaio, quindi, si potrà andare in pensione con 64 anni di età e 38 anni di contributi. È un’opzione possibile, però, solo per un anno, anche se c’è un aspetto importante da non sottovalutare: se si maturano i requisiti nel 2022, si potrà beneficiare della misura anche in seguito. «Di fatto è uno scivolo previsto solo per l’anno 2022 che dovrebbe interessare circa 50.000 persone su base nazionale. Per il 2023 si punta a strutturare una nuova Riforma delle Pensioni o, in caso di mancanza di opzioni, si torna alla Legge Fornero» spiega Carolina Casolo, consulente fiscale, previdenziale e founder di Sportello Mamme.
Un altro vantaggio è che non c’è alcuna penalizzazione sul calcolo della pensione: «La penalizzazione c’è solo nel caso si decidesse di uscire in anticipo dal mercato del lavoro. In questo caso, secondo le varie simulazioni discusse prima del documento programmatico, sembrerebbe che chi ha un reddito di circa 30.000 euro lordi, potrebbe perdere tra i 50 e i 150 euro all’anno per il fatto di avere un’età anagrafica più bassa, a cui è applicato un coefficiente per calcolo dell’assegno» precisa l’esperta.
Opzione donna: come sarà rinnovata
In dubbio fino a qualche giorno fa, è stato poi deciso di rinnovare questa misura, estendendola alle lavoratrici che maturano i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2021. Permette, infatti, di andare in pensione alle donne con 58 anni di età anagrafica che hanno lavorato come dipendenti (59 se autonome) e 35 anni di contributi. Rimangono, però, alcune criticità: comporta il ricalcolo totalmente contributivo della pensione e anche un taglio sull’assegno del 25/30% dell’assegno di pensione. Potrebbero poi subentrare altre modifiche: «L’età anagrafica rimane di 58 anni per le lavoratrici subordinate e di 59 per le lavoratrici autonome, ma è anche in discussione la possibilità di arrivare a 60 anni, mentre gli anni contributivi versati rimangono almeno 35» conferma Casolo.
Ape sociale: le novità
Anche l’Ape sociale, introdotta per tre anni in via sperimentale, è stata prorogata a tutto il 2022. Consente di lasciare anticipatamente il lavoro a chi ha almeno 63 anni e 30 di contributi, e appartiene a una di queste categorie: caregiver, handicap almeno al 74%, mansioni gravose (in questo caso occorrono 36 anni di contributi) e disoccupati. Una delle novità riguarda proprio chi è senza lavoro: per accedere all’Aper sociale non occorre più il requisito di aver terminato di utilizzare gli ammortizzatori da almeno tre mesi, ma si potrà usufruirne subito. Nel caso dei gravosi, invece, l’elenco dei lavori ammessi è stato allungato di recente. In questo caso, però, «il rinnovo non era atteso, tuttavia è stata “rimaneggiata” questa insieme ad altre misure oramai in dirittura d’arrivo» spiega l’esperta fiscale.
Il ritorno al sistema contributivo: cosa significa
Un altro obiettivo del Governo è poi il ritorno a un contributivo pieno nel 2022, cioè quello che «segue il principio del “più versi, più avrai”. L’importo dell’assegno è determinato dalla somma dei contributi accumulati e rivalutati durante la vita lavorativa, ai quali sono poi applicati specifici coefficienti in base all’età del lavoratore al momento del pensionamento. Più elevata è l’età, più alta sarà la pensione. Diciamo che l’introduzione di Quota 100 aveva sospeso questo sistema contributivo pieno – chiarisce Casolo – Oggi, però, il Governo Draghi ritiene che il sistema contributivo sia l’unico in grado di far fronte alle fragilità legate al sistema retributivo misto (quindi in parte contributivo e in parte retributivo, NdR). Al contrario, i sindacati supportano la possibilità per i lavoratori di scegliere se abbandonare il mercato del lavoro a 62 anni compiuti e incentivano l’adozione di prodotti previdenziali complementari». Insomma, il negoziato è ancora aperto, anche se di fatto rinviato ai prossimi mesi.