Che fine ha fatto la pensione di cittadinanza, uno dei cavalli di battaglia del Movimento cinque stelle? Quando arriveranno gli annunciati ritocchi sostanziali delle minime, delle sociali e degli assegni di invalidità, da portare a livelli dignitosi? Dalle ultimissime notizie, in un’altalena di promesse e frenate, sembra di capire che se ne riparlerà concretamente a partire dalla primavera 2019.
Assegni adeguati in base al tasso d’inflazione
Nel frattempo, dal primo gennaio 2019, per le pensioni scatterà quella che tecnicamente si chiama perequazione, cioè l’adeguamento al tasso di inflazione previsto. Il ministero dell’Economia e delle finanze ha emesso un decreto ad hoc (reperibile sul sito mef.gov.it e sulla Gazzetta ufficiale del 26 novembre 2019). Un aumento risibile: l’1,1 per cento in più per chi percepisce fino a tre volte il minimo (circa 1.539 euro), percentuali più basse per chi incassa somme più elevate. Il tutto in via provvisoria. A fine 2019, infatti, potrebbero esserci dei conguagli (scongiurati per quest’anno).
Piccoli aumenti: qualche esempio
Tradotto in un esempio e in soldoni, si fa per dire: chi ora porta a casa 1.000 euro lordi al mese, metterà in tasca la bellezza di 8.7 euro netti extra (dagli 11 euro lordi di incremento bisogna togliere l’aliquota Irpef). I pensionati con la minima spunteranno ancora meno, passando da 507 a 513 euro. Per chi ha un assegno da 1.900 euro, dove il meccanismo di calcolo è più complesso, l’adeguamento lordo dovrebbe essere intorno a 20,5 euro (stando alle stime di pmi.it, il portale delle piccole e medie imprese).
Pensione di cittadinanza: quando?
Per il via alla pensione di cittadinanza pare di capire che sarà firmato un disegno di legge entro Natale, fuori dalla manovra di bilancio. L’erogazione delle integrazioni dovrebbe partire da aprile 2019 (ma c’è anche chi ipotizza da febbraio 2019 e chi da giugno). Si parla di una platea di 4,5 milioni di potenziali destinatari.
Come funzionerà la pensione di cittadinanza? A chi sarà erogata?
Gli esperti del portale guidafisco.it provano a spiegare come funzionerà e a chi sarà destinata la nuova misura di sostegno, in base a quanto si è saputo fino ad ora, in attesa di provvedimenti ufficiali definitivi. La pensione di cittadinanza è lo strumento scelto dal governo per sostenere economicamente coloro che hanno un assegno con un importo al di sotto della soglia di povertà, quantificata dall’Istat in 780 euro al mese.
Per ottenerla, sempre che le indicazioni originarie saranno confermate, bisognerà rispettare una serie di condizioni: essere titolari di una pensione sociale, minima o di invalidità civile; percepire una somma inferiore a 780 euro mensili; avere un reddito Isee inferiore a 9.360 euro; non possedere immobili, oltre alla casa d’abitazione, di valore superiore a 30mila euro.
Di quanti soldi di parla, a testa?
Ad ogni pensionato in queste condizioni verrà erogata una integrazione economica, per portarlo a raggiungere 780 euro. Se si vive in coppia, però non si raddoppierà. Il tetto da raggiungere con il contributo statale, in due, sarà di 1.170 euro. Attenzione però. Dalla maggiorazione dell’assegno, sempre a stand alle indicazioni degli esperti di guidafisco.it, dovrà essere scomputato un affitto simbolico, nel caso in cui il pensionato interessato al bonus pensionistico abbia una casa di proprietà. Verrebbero scalati 280 euro.
Ma per chi prende 507 euro al mese, al netto della perequazione, l’annunciata novità potrebbe tradursi in un autogol, in assenza di correttivi. “Nei fatti – sottolineano i redattori di messaggero.it, scovato l’inghippo – chi ha una casa di proprietà rischia di non avere nessuna integrazione. Anzi. Sarà necessaria una clausola di salvaguardia, per evitare che qualcuno ci perda addirittura qualcosa”.