Superamento della riforma Fornero. Introduzione della quota 100. Pensioni di cittadinanza. Mantenimento dell’Ape sociale. Bonus fiscali per chi riscatta gli anni d’università o colma i “buchi” contributivi. E conferma dell’Opzione donna. La manovra di bilancio messa a punto dal Consiglio dei ministri – il pacchetto di provvedimenti economici e di finanza pubblica che il Parlamento dovrà approvare entro fine anno, con o senza modifiche e correzioni – contiene importanti novità anche sul fronte delle pensioni, con la proroga di condizioni specifiche per le donne.

Arriva la “quota 100”, per tutti

Quota 100 – in estrema sintesi – è la formula che consentirà a tutti gli interessati di andare in pensione anticipata al compimento dei 62 anni di età, purché siano stati versati almeno 38 anni di contributi e sempre che si scelga questa opzione (non è obbligatoria e comporta una riduzione dell’assegno mensile percepito).  A 63, 64, 65 e 66 anni d’età il tetto sale a 101 (63+38), 102, 103 e 104.

Ecco le alternative

A 67 anni si potrà continuare a uscire dal mondo del lavoro secondo le regole della pensione di vecchiaia, cioè con 20 anni di contributi. Oppure si andrà in pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi di contributi, a prescindere dall’età (un anno in meno per le donne e con il blocco dell’innalzamento automatico a 43 anni e 3 mesi legato alle speranze di vita).

Introdotta la “pensione di cittadinanza”

Oltre che di reddito di cittadinanza, si parla di pensione di cittadinanza. Le pensioni minime – questo almeno è l’impegno confermato per ora da Palazzo Chigi – saranno aumentate fino a 780 euro, con una differenziazione tra chi è proprietario di uno o più immobili e chi non lo è.

Prorogata l’Opzione donna

Per le aspiranti pensionate, come detto e fatte salde modifiche in corso d’opera, si prevede la proroga dell’Opzione donna sperimentale, introdotta nel nostro sistema dalla legge Maroni del 2004 e confermata dalla riforma Fornero nel 2011. Nel 2019 il meccanismo permetterà alle lavoratrici di almeno 58 anni (se dipendenti) o di 59 anni e più (se autonome) di andare in pensione con 35 anni di contributi, con l’assegno mensile – quasi sempre – sforbiciato.

Clausole, pro e contro

“In cambio dell’uscita anticipata dal lavoro – spiega la consulente Noemi Secci, dalle pagine web del portale laleggepertutti.it  – il trattamento che spetta con l’Opzione donna è calcolato solo col sistema contributivo. Questo metodo si fonda sui contributi effettivamente accreditati e risulta normalmente sfavorevole rispetto al sistema di calcolo retributivo, che invece si basa sulla media degli ultimi stipendi o redditi. Non esiste una penalizzazione fissa, perché il calcolo della pensione dipende da numerose variabili. Tuttavia  – precisa sempre Secci – si parla di un taglio della pensione pari al 25-30 per cento rispetto al trattamento calcolato col sistema retributivo. Raramente si supera il 30 per cento e in alcuni casi – rivela –  il calcolo contributivo può addirittura risultare vantaggioso”.  

Come funziona oggi

Ad oggi – in attesa che la manovra di bilancio diventi legge e scattino i nuovi parametri –  per avere diritto alla pensione con l’Opzione donna le lavoratrici devono possedere, entro il 31 dicembre 2015, un’anzianità assicurativa e contributiva di almeno 35 anni (34 anni, 11 mesi e 16 giorni per le gestioni esclusive dell’Assicurazione generale obbligatoria) e un’età anagrafica di 57 anni e 3 mesi se dipendenti e di 58 anni e 3 mesi se autonome. Lo confermano gli addetti al centralone dell’Inps, ribadendo le istruzioni riportate nel portale dell’istituto (Inps).

La sperimentazione è stata estesa retroattivamente anche alle lavoratrici che al 31 dicembre 2015 avevano compiuto 57 anni, se dipendenti, e 58 anni, se autonome (ma che a tale data non erano in possesso degli ulteriori tre mesi richiesti per effetto degli incrementi alla speranza di vita applicati dal primo marzo 2013). Si deve accettare, come succederà l’anno prossimo, che la pensione venga liquidata interamente con il calcolo contributivo. Al momento della decorrenza del trattamento, inoltre, la beneficiaria deve cessare l’attività di lavoro dipendente.

Domande e procedure

La domanda – procedura che dovrebbe essere mantenuta – va presentata online all’Inps attraverso il servizio dedicato. In alternativa, si può fare istanza tramite il Contact center dell’Istituto (al numero 803.164, gratuito da rete fissa, oppure allo 06.164.164 da rete mobile e secondo il proprio piano tariffario) oppure con l’aiuto di patronato, caf, sindacati, commercialisti, consulenti del lavoro.