Nel solo 2019, saranno 355mila i lavoratori in più che, secondo il governo, andranno in pensione rispetto a prima del varo del decreto che ha fissato le nuove regole per lasciare il lavoro anticipatamente.
Ci sono cinque modi per farlo, il primo dei quali è l’ormai celebre “quota 100” di cui tanto abbiamo sentito parlare negli ultimi mesi; gli altri casi sono per lo più proroghe di meccanismi già rodati, come Opzione donna e Ape sociale.
Quota cento: si sperimenta per tre anni
Partiamo proprio dalla novità più rilevante: da quest’anno fino al 31 dicembre 2021, chi matura 38 anni di contributi con almeno 62 anni di età può andare in pensione (62 + 38 = 100, da qui il nome). È una misura sperimentale: l’età anagrafica naturalmente può anche essere superiore, ma il paletto dei 38 anni di contribuzione resta fisso.
Attenzione alle “finestre” e al tipo di impiego. Prendiamo una persona, dipendente di azienda privata, che ha raggiunto il fatidico 100 il 31 dicembre 2018: può andare in pensione il 1° aprile. Chi ha totalizzato il 100 dal 1° gennaio 2019 in avanti, lascia il lavoro tre mesi dopo la data di maturazione.
Prendiamo invece un dipendente pubblico: qui conta la data di approvazione della norma. Per chi ha già i requisiti, pensione dal 1° agosto. Per chi li matura dopo l’entrata in vigore di queste nuove regole, finestra di attesa di 6 mesi e poi pensione.
Infine, un insegnante: potrà fare domanda fino al 28 febbraio 2019 per andare in pensione con quota 100 nell’anno scolastico 2019-2020.
Importante ricordare che si è parlato più volte di una riduzione dell’assegno, in caso di pensione con questo meccanismo. E anche che l’assegno non è comulabile con reddito da lavoro oltre i 5mila euro l’anno, fino al compimento dei 67 anni di età.
Opzione donna prorogata
Categorie svantaggiate: un altro anno di Ape sociale
Prorogato anche l’Ape sociale per il 2019. È una formula di anticipo pensionistico: chi compie 63 anni e 5 mesi di età nel 2019 e nei successivi tre anni matura il diritto alla pensione di vecchiaia, può richiederlo. In sostanza si viene “accompagnati” fino all’età pensionabile con un ammontare mensile che arriva al massimo a 1.500 euro lordi. È riservato ai lavoratori che rientrano in particolari categorie svantaggiate:
– invalidi civili (sopra soglia del 74% di invalidità);
– disoccupati che non percepiscono più l’indennità di disoccupazione da almeno 3 mesi;
– lavoratori costretti ad assistere il coniuge, compagno, genitore o figlio con handicap grave da almeno 6 mesi;
– lavoratori con 36 anni di contributi che svolgono attività considerate gravose (come conciatori di pelli, conduttori di mezzi pesanti, operai delle miniere, personale infermieristico ed educatrici di asilo nido e scuola dell’infanzia).
Lavoratori precoci e requisito unico
Chi ha iniziato a lavorare molto presto e ha in tasca un anno di contributi al compimento dei 19 anni, va in pensione con il requisito unico dei 41 anni di contributi. Anche qui, c’è la finestra di 3 mesi per l’accesso alla pensione.
Infine, viene cancellato un automatismo che avrebbe innalzato di 5 mesi il requisito contributivo unico per la pensione anticipata: dal 2019 al 2026 le donne potranno andare in pensione con 41 anni e 10 mesi di contributi, gli uomini con 42 anni e 10 mesi. Dal 2027 tornerà l’innalzamento, che sposta in avanti la soglia di contributi in virtù dell’aumento della speranza di vita.