Il tempo stringe ed entro la fine dell’anno, quando scadranno Quota 102 e altre misure per agevolare il prepensionamento, si dovranno trovare alternative. Quella che si fa largo con sempre maggiore insistenza si chiama Quota 103 e, come lascia intuire il nome, permetterebbe di lasciare il lavoro con cinque anni di anticipo rispetto all’età pensionabile: a 62 anni, invece che a 67, ma a fronte di 41 di contribuzione.
Ecco come funziona quota 103, chi potrebbe accedere e come cambierebbe l’assegno di pensione.
Cos’è Quota 103
Manca solo l’ufficialità, ma Quota 103 diventa un’opzione sempre più concreta, che potrebbe essere inserita nella Legge di Bilancio 2023, al vaglio dell’esecutivo fin dalle prossime ore e giorni. Dovrebbe prendere il posto di Quota 102, che scadrà il 31 dicembre 2022, come potrebbe accadere anche all’Ape sociale e a Opzione donna.
«Nel 2023 sembra ormai quasi una certezza che quota103 sostituirà la modalità di pensione quota 102» conferma l’avvocato Celeste Collovati, dello studio legale Dirittissimo, che spiega: «È una misura nata dall’unione tra quota 100 e quota 41, in quanto il diritto alla pensione si può raggiungere con la somma tra contributi versati ed età anagrafica che appunto deve raggiungere la quota 103».
In questo caso la platea dei potenziali beneficiari sarebbe di almeno 50mila lavoratori e lavoratrici, senza distinzioni di genere né di tipo di lavoro (non ci sarebbero requisiti relativi, per esempio, a mansioni gravose).
Differenze rispetto a Quota 100 e 102
Il meccanismo di Quota 103, del resto, è semplice: per andare in pensione occorreranno 62 anni di età e 41 di contributi. Si tratta di due requisiti che offrono maggiori opportunità di lasciare il lavoro in anticipo. Rispetto a Quota 102, per cui occorrevano 64 anni di età, si può anticipare la pensione di due anni anagrafici, anche se aumenta la quota contributiva rispetto, per esempio, a Quota 100 (erano 38 gli anni contributivi necessari per l’accesso). «A differenza di quota 102, occorre aver compiuto almeno 62 anni contro i precedenti 64, mentre rispetto a quota 41, che non prevedeva un limite di età, in questo caso occorre il requisito anagrafico oltre ai 41 anni di contribuzione”, chiarisce Collovati.
Rispetto all’Ape sociale, infine, si ha il vantaggio che lo strumento non è riservato ad alcune specifiche categorie, come appunto nel caso dei lavoratori impegnati in attività “gravose”.
Pensione più bassa con Quota 103?
Uno degli aspetti di maggiore interesse riguarda poi l’ammontare dell’assegno pensionistico. Rispetto a Opzione donna, per esempio, c’è una forte penalizzazione, cioè il taglio di circa il 30% sulla cifra spettante, come conferma l’esperta: «Non è prevista alcuna penalizzazione dell’uscita anticipata dal mondo del lavoro, ma bisogna sempre tener conto che il sistema di calcolo contributivo, ovviamente, abbassa l’importo pensionistico: prima si accede alla pensione, tanto più si riduce l’assegno pensionistico. Questo perché al montante contributivo che viene trasformato in pensione (cioè la somma dei contributi, NdR) si applicherà un coefficiente più basso». In termini pratici, oggi l’importo della pensione, per chi ci va a 67 anni, è calcolato sulla base del 5,575% sul montante contributivo (cioè la somma dei contributi versati nel corso degli anni di lavoro). Chi invece andrà a 62 anni, dovrebbe avere un coefficiente pari al 4,770%. Per fare un esempio, se i contributi ammontano a 200mila euro complessivi, significherebbe avere una pensione di 9.540 euro all’anno invece che 11.150 euro all’anno nel caso di pensione “regolare”, riscossa dai 67 anni di età.
Cumulo con reddito da lavoro
Infine, un altro nodo riguarda la possibilità di sommare la pensione riscossa anticipatamente con il reddito da attività lavorative. Come è accaduto per Quota 100 e Quota 102, non pare sia possibile cumulare gli importi, a meno di interventi in questo senso, che al momento non sono previsti. «Sembra che anche per Quota 103 valga, come per le altre modalità di pensione, il divieto di cumulo con attività lavorative: ciò significa che non si potranno cumulare i redditi da pensione con i redditi da lavoro e ciò, sempre nell’ottica di garantire il ricambio generazionale – commenta l’avvocato Collovati – Un proposito che condivido totalmente, tenendo anche conto del fatto che in un mondo in continua evoluzione e molto veloce come il nostro, il ricambio generazionale, specialmente in alcuni settori, è fondamentale, anche solo per garantire il costante aggiornamento delle competenze. Tuttavia auspico, a prescindere da quale sarà nello specifico il regime introdotto per andare in pensione, che il Governo introduca sistemi che possano durare almeno qualche anno, perché dal nostro osservatorio riscontriamo che il continuo cambiamento ogni anno di regimi e modalità diverse sta generando non poche confusioni nel cittadino. Personalmente temo che possa generare problematiche anche per gli addetti ai lavori, che si occupano di far accedere il lavoratore al mondo pensionistico. Spero che tra le varie riforme, l’attenzione rimanga alta anche sulle categorie più deboli e sulle donne, cercando di realizzare il sempre difficile equilibrio tra sostenibilità delle spese dello Stato e realizzazione degli interessi del cittadino» conclude l’esperta.