Il prezzo del petrolio tocca i minimi storici. Mai così in giù, da una settimana. L’ultimo dato dice che un barile costa meno di 30 dollari. Per farsi un’idea del crollo, basti ricordare che nel giugno del 2014 (ultimo mese con il valore stabile) eravamo a 116,7 dollari al barile. Poi il lento declino. Che cosa comporta per noi consumatori?
Il prezzo della benzina va giù: sì o no?
Teoricamente, a un abbassamento del petrolio dovrebbe conseguire una riduzione dei prezzi alla pompa. Ma non è sempre detto: bisogna vedere come la fluttuazione del valore del greggio viene poi tradotta sul mercato internazionale dalle varie multinazionali. Molto dipende anche dai singoli Stati e dalle tasse che questi possono caricare sul valore-base. Alfonso Giordano, esperto di politica economica internazionale e docente all’Università Luiss di Roma, ci fa un esempio molto semplice: “Sono stato in vacanza in Montenegro (Ex-Repubblica Jugoslava), dove la moneta è l’euro, pur non aderendo all’Unione Europea. Il costo del carburante era il 30% inferiore rispetto al mercato italiano. Quindi: stessa moneta, stesso bene, ma il prezzo era molto più basso”. Il prezzo per litro indicato sul display dei distributori italiani è definito da una componente fiscale che pesa per il 59% sul prezzo finale. Quotazioni internazionali e cambio euro/dollaro agiscono solo su circa il 30%. Gli automobilisti notano un ribasso misero. Ma è bene sottolineare che se il valore base del greggio si dimezza, non ci potrà mai essere uno sconto del 50%.
I voli costeranno meno?
La tassazione sul cherosene, il carburante dei voli aerei, è inferiore rispetto a quella della benzina. In questo settore ci potrebbero essere dei vantaggi, ma non nell’immediato futuro, perché molte compagnie (fra cui la nostra Alitalia) acquistano e fanno scorta di carburante da un anno all’altro e al prezzo di quotazione di quel momento. I vantaggi dell’abbassamento del valore del greggio si potrebbero registrare solo da metà anno in poi.
Ci saranno effetti sul suo consumo?
“Un abbassamento del prezzo non è necessariamente una buona notizia: questo potrebbe portare a inflazionare l’uso del petrolio, solo perché costa poco, con un rischio sui mercati finanziari. Immaginiamo un super utilizzo del greggio, dimenticando che si tratta di una risorsa in ogni caso finita. Un valore minore potrebbe renderlo meno interessante sul mercato internazionale”, dice il professore della Luiss.
E i prezzi scenderanno?
Poi c’è da considerare un’altra dinamica, legata ai prezzi dei generi di consumo. Ogni anno l’Istat definisce il tasso di inflazione del paese, selezionando i prezzi di specifici beni, il cosìddetto ‘paniere’. Il petrolio (e quindi il prezzo dell’energia) incide per oltre il 10% su questo indice. Chiaro, quindi che l’inflazione ne uscirà abbassata. Ma una bassa inflazione, cioè prezzi in genere più bassi, non è detto che inducano le persone a incrementare i loro acquisti. Anzi, si crea un gioco psicologico che porta il consumatore al risparmio, a posticipare le compere, nella speranza che il prezzario cali ancora un po’.
Ma questa picchiata al ribasso dell’oro nero a cosa è dovuta?
Molto in sintesi, i fattori principali sono tre. Spiega ancora il professor Alfonso Giordano: “L’Opec, l’organizzazione che definisce il prezzo dell’oro nero, sta attraversando un momento di tensione geopolitica Precisamente, Iran e Arabia Saudita non si accordano sul valore monetario; una seconda ragione è che la Cina ha rallentato la sua corsa allo sviluppo e ne compra meno. Quindi, nel gioco domanda-offerta, anche questo aspetto fa abbassare il prezzo Terzo aspetto, lo sviluppo di tecniche estrattive alternative, in Usa e Canada. Nel Nord America non si estrae più da giacimenti a pozzo. Petrolio e gas si ricavano da argille (shale gas e shale oil). Il disimpegno di Obama sul mercato Mediorientale è legato anche alla minore necessità di rifornirsi di petrolio, visto che ha tutto in casa”.