A pochi mesi dal debutto, avvenuto il 1° gennaio, i Pir – e cioè i Piani individuali di risparmio – sono già considerati la nuova frontiera dei piccoli investimenti. Ad attirare sono sostanzialmente due fattori: il vantaggio fiscale e la garanzia che i propri soldi verranno utilizzati per sostenere le piccole e medie imprese (pmi) italiane. Cioè quelle che, pur costituendo la gran parte del tessuto economico nazionale, hanno maggiore difficoltà a finanziarsi. Vantaggi per tutti, quindi? Vediamo se è proprio così.
Come funzionano i Pir (Piani individuali di risparmio)
I Pir possono includere azioni, obbligazioni e fondi comuni: unica condizione, il 70% dell’investimento deve essere fatto in strumenti finanziari emessi da aziende italiane. Per accedere a uno di questi piani devi prevedere un investimento minimo di 500 euro (il massimo è 30.000 all’anno) e devi mantenerlo per almeno cinque anni.
Quanto costano davvero i Pir
La normativa ha previsto la detassazione di cedole e plusvalenze (si incassa il guadagno lordo) e l’esenzione dalle imposte di successione. Se tuttavia la performance è negativa, se cioè il Pir che hai scelto non guadagna o perde, non avrai cedole e quindi non godrai di nessun beneficio fiscale. Se poi decidi di vendere il tuo Piano individuale di risparmio prima dei 5 anni, pagherai la normale aliquota del 26% prevista sulle rendite finaziarie.
«Anche i costi di gestione potrebbero azzerare il risparmio fiscale sperato» sostiene Alessandro Pedone, consulente dell’Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori) per gli investimenti finanziari. «I costi sono indicati chiaramente nei prospetti informativi: è bene leggerli con attenzione senza farsi intimidire dalla lunghezza». La commissione di ingresso, per esempio, può arrivare al 4% , quella di gestione al 2% all’anno, senza considerare i “diritti fissi” che spesso ammontano a diverse decine di euro. Per l’Aduc un Pir dovrebbe rendere almeno il 5% all’anno per essere conveniente. Un livello che, in questa fase di mercato, costituisce una vera sfida.
I Pir sono sicuri?
Su una scala di rischio da 1 a 7 i Pir vanno dal livello 3 al 6. «In generale, il rischio di un fondo è maggiore quando la componente azionaria è più elevata» spiega l’esperto. «Nel caso dei Pir si aggiunge il fatto che le società su cui investono sono di piccole e medie dimensioni, meno stabili sul mercato rispetto a quelle più grandi». Il vincolo a cinque anni, infine, rende i Pir adatti a chi può contare su altre risorse in caso di emergenza. In definitiva sono una soluzione di investimento per risparmiatori con una buona disponibilità patrimoniale, a caccia di strumenti in grado di rendere qualche punto in più rispetto ai titoli di Stato.
Dove puoi trovare i Piani individuali di risparmio
I maggiori operatori finanziari sono già scesi in campo o hanno annunciato il lancio di Pir. Tra questi: Anima, Pioneer, Arca, Zenit, Kairos, Ersel, Symphonia, Eurizon, Bnp Paribas, Mediolanum, Amundi, Sella Gestioni, Ubi Pramerica, Anthilia, Azimut, Sella Gestioni e Banca Generali. Assogestioni, l’associazione italiana del risparmio gestito, stima che la somma investita dagli italiani in Pir potrebbe arrivare a 16 miliardi di euro.