Il Portogallo potrebbe non essere una meta così ambita dai pensionati italiani. Colpa di una decisione del Governo di Lisbona, che ha annunciato una stretta fiscale nei confronti dei residenti stranieri non abituali. Tradotto, significa che non sarà più possibile pensare di trascorrere solo una parte dell’anno nel Paese, godendo della tassazione minore rispetto a quella dell’Italia.
Tasse in aumento anche in Portogallo
Con le norme attuali in Portogallo è prevista un’imposta del 20% per professionisti qualificati e cosiddetti nomadi digitali, ossia i lavoratori in smart working che possono svolgere mansioni anche non necessariamente dal proprio ufficio, e del 10% per i pensionati. Questi ultimi fino al 2020 godevano persino di un’esenzione totale dal pagamento di imposte. Ma ora sembra tempo di svolte per l’esecutivo portoghese, il cui premier, il socialista António Costa, in un’intervista rilasciata al canale televisivo Cnn Portugal, ha fatto temere la fine della “pacchia”.
Cosa cambia dal 2024 in Portogallo
La legge che permetteva di pagare meno tasse anche agli stranieri “residenti” era entrata in vigore nel 2009. Ma se i pensionati di mezza Europa (Italia in testa) non hanno esitato e beneficiare dello sconto fiscale introdotto proprio per attrarre in Portogallo consumatori da oltre confine, la misura ha portato qualche scontento tra gli abitanti nati e cresciuti sul suolo portoghese. «Le agevolazioni per i pensionati provenienti dall’estero sono state molto consistenti e li hanno messi in competizione con quelli locali, che non hanno potuto goderne e sono soggetti a tassazione ordinaria. La conseguenza è che il potere d’acquisto di chi si è trasferito è molto maggiore e ha portato a far lievitare i costi, specie delle case», spiega Luca Furfaro, consulente del lavoro, specializzato in politiche del lavoro e del welfare. Proprio per questo Costa ha anche parlato di un nuovo tetto ai rincari degli affitti, ora al 2%.
Chi può continuare a pagare meno tasse in Portogallo
La riduzione delle agevolazioni fiscali, però, non dovrebbe riguardare chi ne usufruisce già e che potrà continuare a farlo per tutta la durata prevista per legge (10 anni). «Per ora il Governo ha solo annunciato la misura, che non è ancora effettiva. I pensionati, comunque, dovrebbero continuare a godere del vantaggio fiscale, che invece non sarà riconosciuto ai nuovi ingressi – conferma Furfaro – Per i nomadi digitali, invece, cioè i lavoratori in smart working che operano nel settore digitale, il vero fattore attrattivo non è la tassazione: se sono nomadi “veri” non si fermano nel Paese quel minimo necessario per ottenere le agevolazioni, che solitamente è di almeno 6 mesi ossia 183 giorni). Piuttosto ad attrarre sono i costi inferiori delle strutture di coworking da cui lavorare, insieme alla disponibilità di una rete di connessione adeguata. Il problema degli affitti, invece, potrebbe portare con sé anche un aumento dell’inflazione che peserebbe anche sui nomadi digitali», aggiunge l’esperto.
I nomadi digitali sono giovani e soprattutto uomini
Se il Portogallo perde un po’ di appeal, sicuramente il fenomeno del nomadismo digitale non è destinato a scomparire. Oggi coloro che lo praticano sono circa 35 milioni nel mondo: «Sono lavoratori nell’ambito del digitale, che hanno la possibilità di organizzare la propria attività in modo autonomo. Questo è un requisito indispensabile, se si pensa ad esempio a chi sceglie mete come Bali, con un fuso orario diverso che comporta lavorare in fasce differenti rispetto, per esempio, a quelle italiane». Al momento si tratta soprattutto di uomini: «Il digitale è un ambito ancora a prevalenza maschile, le donne sono poche anche se si sta ampliando l’inserimento di professionalità femminili, specie nelle attività di programmazione. Quanto all’età sono soprattutto giovani e, dato il nomadismo, prevalentemente senza una famiglia strutturata, che mal si concilia con la caratteristica di spostarsi con una certa frequenza da un Paese all’altro», dice il consulente del lavoro.
Come si cambia la residenza fiscale
Un aspetto da non sottovalutare è quello burocratico, in particolare la gestione della fiscalità all’estero: «Va detto che non è necessario spostare la residenza fiscale: questa è il luogo dove una persona decide di mantenere i propri interessi fiscali, dove ha la partita Iva e i conti correnti, per intenderci. Di solito i nomadi digitali non la cambiano, nonostante gli spostamenti in diversi Paesi. Se però si dovesse trovare un luogo particolarmente vantaggioso da un punto di vista fiscale, allora si potrebbe decidere un cambio», spiega Furfaro. Un’operazione che in alcuni casi può essere complicata: «Ci sono aspetti burocratici sui quali si sta lavorando, cioè i permessi di soggiorno, necessari al di fuori dell’Ue dove c’è la libera circolazione. In diversi paesi sono stati studiati specifici permessi per i nomadi digitali, per esempio, per aumentare l’attrattività nei confronti di questi lavoratori altamente qualificati. L’Italia è uno di questi», aggiunge il consulente del lavoro.
Le nuove mete estere per pagare meno tasse
«Tra i Paesi che oggi offrono maggiori vantaggi fiscali in Europa ci sono Malta, la Grecia, la Spagna e le sue isole Canarie (il visto qui si può prorogare per due anni, godendo di un’aliquota fiscale del 15% anziché del 24%), ma anche paesi meno caldi come l’Estonia che, però, ammette un reddito minimo netto da dichiarare di 3.504 euro al mese. Il vantaggio di questo Paese è la facilità nell’ottenere un permesso di ingresso, oltre al costo della vita più basso. Anche Bali ha annunciato l’introduzione di un nuovo visto denominato Second-Home Visa che consente alle persone di rimanere quasi 10 anni, e da tenere d’occhio anche l’Argentina con il visto di un anno: coloro che arrivano in aeroporto saranno accolti con un Welcome Kit, un chip per cellulare, una tessera per i trasporti e alcuni sconti. Infine – spiega Furfaro – si distinguono anche le isole Cayman e Dubai, oltre che per il loro clima, per coloro che viaggiano con la famiglia: le isole infatti offrono un Global Citizen Concierge programme, un programma per frequentare scuole internazionali. Dubai invece offre un visto di lavoro virtuale».
Se si cambia, si può sempre tornare
Cosa accade se poi si cambia idea o mutano le condizioni e si vuole tornare? «In Italia è stata creata una politica del rientro molto favorevole agli expat: si tratta di una misura che prevede un regime temporaneo di tassazione agevolata, riconosciuto ai lavoratori che trasferiscono la loro residenza in Italia, a condizione che la durata del trasferimento non sia inferiore ai due anni e che la maggior parte del lavoro venga svolto sul territorio italiano. Il beneficio prevede la riduzione dell’imponibile del 70%: di fatto si paga solo il 30% dei redditi percepiti, il 10% se la residenza è collocata in una regione specifica italiana – Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia – spiega Furfaro – In passato la misura era limitata a persone altamente qualificate, mentre oggi è estesa a tutti i lavoratori: l’agevolazione fiscale, inoltre, è riconosciuta anche a coloro che vogliono trasferirsi in Italia o continuino a lavorare alle dipendenze del precedente datore di lavoro estero in modalità`smart working. L’Italia ha riconosciuto i Nomadi Digitali nel Testo Unico dell’immigrazione, andando ad agevolare il loro arrivo con un particolare permesso di soggiorno», chiarisce l’esperto, che aggiunge: «L’unico consiglio se si prende in considerazione l’ipotesi di spostarsi per motivi fiscali è di valutare anche gli aspetti previdenziali: potrebbe capitare di avere un buco che potrebbe pesare ai fini della pensione, per cui si dovrebbe pensare magari di risparmiare per poter compensare questo gap».