Il postino suona sempre due volte? Un tempo lo faceva. Ora non succederebbe più, o perlomeno non nella totalità dei casi, come racconta chi ha avuto un disservizio e come ipotizza anche l’Antitrust. Così chi aspetta una raccomandata che non arriva – pur essendo presente al momento del recapito nel luogo (casa o ufficio che sia) indicato – è costretto a perdere tempo, recarsi all’ufficio postale indicato dalla cartolina trovata nella cassetta delle lettere, mettersi in coda, attendere il proprio turno, ritirare il plico non ricevuto a domicilio, tornare al punto di partenza. O deve delegare qualcuno che, armato di santa pazienza e di delega, si sacrifichi al posto suo. Specularmente il mittente, che la spedizione l’ha pagata e non poco, non ha certezze sui tempi effettivi di recapito.
I servizi promessi e i costi
Eppure, sul sito istituzionale e agli sportelli, Poste Italiane promettono che con il servizio “raccomandata 1” (6.90 euro di tariffa fino a 20 grammi di peso, 9.50 da oltre 20 a 100 grammi) il portalettere fa due tentativi di consegna brevi manu e il recapito è garantito “entro un giorno oltre a quello della spedizione”, quindi all’indomani dell’invio. Anche l’ancora più costosa formula “raccomandata 1 con prova di consegna” (ben 9.90 euro fino a 20 grammi, 12,50 da 20 grammi in avanti a 100 grammi) viene associata a “due tentativi di consegna” a domicilio e alla “consegna veloce” (da uno a tre giorni lavorativi successivi all’accettazione, a seconda della frequenza dei giri dei postini nelle località di destinazione). Per le raccomandate generiche (5.40 euro fino a 20 grammi, 6.95 da 20 a 50 grammi, 7.45 da 50 a 100 grammi) il sito parla di quattro giorni lavorativi, escluso il giorno della presa in carico. In contemporanea la Spa prova a spingere i nuovi servizi online, a cominciare proprio dalla ricezione digitale dei plichi riportati indietro dai postini, presentati come un’appetibile alternativa al ritiro allo sportello, non obbligatoria.
L’Antitrust apre un’istruttoria sul servizio raccomandate
Nella realtà, però, la tempistica promessa e le procedure non sempre verrebbero rispettate. Per questo si è mossa l’Antitrust, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. C’è una ricognizione preliminare, le ispezioni sono già scattate. Poste Italiane Spa è al centro di un “procedimento istruttorio” – come l’inchiesta si chiama in burocratese – avviato per “accertare una presunta pratica commerciale scorretta, posta in essere nell’ambito del servizio di recapito della corrispondenza e in particolare delle raccomandate, con la possibile violazione degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del consumo”, relativi ad azioni e omissioni ingannevoli e a messaggi informativi con contenuti non corrispondenti al vero. Funzionari dell’Autorità e i militari del Nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza, di supporto, hanno effettuato un primo giro di ispezioni delle sedi della Spa. L’impressione è che gli accertamenti non riguarderanno “solo” i postini, la parte finale della catena, ma anche tutti i passaggi delle procedure e le fasi a monte.
L’ipotesi: «Non rispettate le condizioni promesse»
L’ipotesi sui cu lavora l’Antitrust è che il cliente/mittente potrebbe essere «ingannevolmente indotto ad acquistare un servizio pubblicizzato da claim, cioè da messaggi di Poste Italiane che enfatizzano determinate caratteristiche dell’offerta, poi non rispettate al momento dell’erogazione concreta» della prestazione. Il passaggio critico è la mancata verifica della presenza del destinatario delle raccomandate. L’avviso di giacenza del plico raccomandato spesso “verrebbe depositato” nella cassetta postale dell’interessato – il verbo è utilizzato al condizionale dalla stessa Autorità garante, in un comunicato stampa – senza accertarsi se l’utente sia in casa o no, in pratica senza nemmeno fare lo sforzo di bussare alla porta o di suonare al citofono, anche quando i nomi sono stampigliati sopra e non ci sono sigle o cifre. Di conseguenza il destinatario ignorato – così come le persone effettivamente assenti – si deve sobbarcare le «procedure alternative di ritiro previste dalle stesse Poste, con uno slittamento dei tempi di consegna ed un dispendio di tempo ed energie che non sarebbe necessario qualora il tentativo di consegna venisse realmente effettuato».
Nel mirino anche i recapiti online
Non è tutto qui. L’Antitrust aggiunge, sempre attraverso il comunicato stampa destinato ai media e pubblicato online, che la Spa Poste avrebbe veicolato “messaggi ingannevoli” relativamente al servizio di ritiro digitale, cioè la versione evoluta della consegna fisica delle raccomandate, «con riferimento alle condizioni economiche e di utilizzo». Si tratta di una procedura di recente attivazione, che richiede una registrazione. «Permette di ritirare online – spiega il sito aziendale – le raccomandate che non ti hanno trovato a casa, essere avvisato della presenza di una raccomandata in giacenza tramite sms o e-mail e avere uno spazio di memoria dedicato dove poter consultare le tue raccomandate».
Soddisfatte le associazioni di consumatori
Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, definisce “un’ottima notizia” l’avvio dell’istruttoria. E incalza: «Era ora. Adesso si faccia luce sul servizio delle raccomandate, decisamente troppo caro e poco efficiente. Bisogna tornare ai tempi in cui il postino suona sempre due volte. Non è possibile che il destinatario non si cerchi nei dovuti modi e che si lasci sistematicamente l’avviso di giacenza in casella, obbligando i cittadini a fare lunghe code in posta per recuperare i plichi a loro indirizzati». «Se l’Antitrust dovesse accertare illeciti – aggiunge Carlo Rienzi, numero uno del Codacons – Poste sarà chiamata a rimborsare i danni economici subiti ai clienti coinvolti nella pratica commerciale scorretta per i danni economici subiti. Qualora emergano irregolarità, faremo partire azioni legali contro l’azienda».
L’autodifesa di Poste Italiane spa
Poste Italiane spa si autoassolve e si dichiara “stupita” per la pubblicità degli accertamenti in corso, ritendendosi lesa e ingiustamente messa all’indice. In una nota «precisa, con fermezza, che le proprie condotte commerciali sono improntate a principi di correttezza e trasparenza per la piena tutela dei clienti e si riserva di dimostrarlo nel corso dell’istruttoria. Rispetto alle paventate condotte evidenziate nel comunicato dell’Autorità, è priva di qualsiasi fondamento l’ipotesi secondo la quale siano state poste in essere azioni che ingannino i clienti in merito alle caratteristiche del prodotto raccomandata. È assoluto interesse dell’azienda, in termini di efficienza e controllo dei costi, che la consegna avvenga sin dal primo tentativo di recapito al domicilio del destinatario. Riconsegnare presso l’ufficio postale le cosiddette “inesitate” rappresenta una chiara inefficienza economica a tutto danno dell’impresa, anche alla luce del fatto che il ritiro di corrispondenza non consegnata a domicilio è totalmente gratuito per il destinatario (escludendo l’onere per il viaggio, il tempo da investire, magari anche la sosta da pagare o il biglietto dell’autobus, ndr)». Altrettanto infondata – sempre a detta dell’azienda – risulta l’ipotesi di aver «veicolato messaggi ingannevoli riguardo al servizio di ritiro digitale».
La parola ai rappresentanti dei lavoratori
«Il postino – confermano dal sindacato autonomo CobasPt Cub Usb – è sempre tenuto a verificare se al domicilio del destinatario sia presente qualcuno, abilitato a ricevere la corrispondenza. Quando la persona abita a un piano alto, chiede di scendere. Se l’interessato non può, perché è una persona molto anziana con problemi motori o una mamma sola con un neonato cui badare, il collega decide di salire oppure di non farlo. Non ci sono norme scritte che dicano esattamente come ci si debba comportare in questi casi specifici, non esiste un mansionario così dettagliato e con questa casistica precisa. Manca anche la definizione precisa di domicilio, quella cui fare riferimento senza possibilità di equivoci o contestazioni. Alcuni colleghi prendono l’ascensore o le scale e arrivano fino alla porta di casa, altri lasciano l’avviso di giacenza nella cassetta della posta. Dove ci sono citofoni senza scritti sopra i cognomi, ma numeri o sigle, tutto si complica. Ma le smagliature del servizio non sono in questa fase e i soggetti da colpevolizzare non sono certo i portalettere, su cui l’azienda proverà a scaricare eventuali responsabilità delle pratiche ritenute non corrette. Vi sono problemi generali di organizzazione e gestione, a monte, che si riflettono in particolare proprio sulla consegna delle raccomandante, con tempi e modi diversi da quelli promessi. Il guaio è che le Poste non sono più interessate al settore del recapito, ma puntano sui servizi finanziari, assicurativi e telefonici». Altra considerazione dei delegati dei lavoratori, sempre della sigla di base: «Loro, cioè i dirigenti delle Poste, la chiamano razionalizzazione dei servizi. È la riorganizzazione che sta portando a risultati negativi, soprattutto nelle piccole realtà locali. Uffici aperti a giorni alterni, ridefinizione dei turni, differenziazione tra i compiti del mattino e del pomeriggio, accentramento dei postini in alcune sedi, l’impiego di precari per le sostituzioni, il continuo ricambio degli addetti… Un portalettere non conosce più il paese in cui lo mandano e le persone che ci vivono».
Il ministero dell’Economia e Agcom tacciono
E, ancora: «I servizi in questione scontano le carenze di organico e l’utilizzo di personale precario. Chi viene adibito alla consegna delle raccomandate può commettere errori, perché lo mandano allo sbaraglio senza dargli la formazione necessaria». Quanto all’istruttoria dell’Antitrust, anche i sindacalisti autonomi restano in attesa di ulteriori notizie. «Poste Italiane Spa è una società quotata in borsa. Il 29,26 per cento delle azioni è del ministero dell’Economia e delle finanze e il 35 per cento di una controllata dello stesso Mef, la Cassa depositi e prestiti. Non abbiamo letto commenti da parte di questi soggetti, che pure avrebbero il dovere di attivarsi e di dare spiegazioni ai cittadini». E non si è fatta sentire neppure l’Autorità garante per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), che sulle Poste ha compiti di monitoraggio e vigilanza e di applicazioni di eventuali multe.
I servizi universali e gli standard di qualità
«Il servizio di recapito delle raccomandate – precisa l’azienda finita sotto i riflettori – rientra negli obblighi di servizio universale con specifici standard di qualità che la società assicura puntualmente e che sono oggetto di costante e formale verifica da parte del regolatore di settore, l’Agcom». Nel corso del 2019 – informa sempre Poste Italiane – «sono state recapitate oltre 120 milioni di raccomandate ricevendo, nel medesimo periodo, meno di 1000 reclami relativi agli avvisi di giacenza, pari allo 0,000008 per cento del totale dei plichi regolarmente gestiti». Sfuggono al censimento delle proteste, però, quelle fatte “solo” a voce dagli utenti insoddisfatti oppure mandate ad altri interlocutori. Presentare una segnalazione formale alla Spa non è semplicissimo né veloce. Comporta ulteriori energie e perdite di tempo. E negli uffici, se si cerca di parlare con un funzionario, si finisce in situazioni kafkiane.