Linee guida per ridurre i costi in caso di recesso anticipato
Stop ai costi extra, fine del balzelli aggiuntivi, possibilità di scelta senza più condizionamenti o timori, informazioni dettagliate e trasparenti. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcom, ha approvato quelle che burocraticamente si chiamano “Linee guida sulle modalità di dismissione e trasferimento dell’utenza nei contratti per adesione”. In parole povere, sono state riscritte le regole per tutelare i consumatori che vogliono passare a un altro operatore o chiudere in anticipo un contratto stipulato con una società di telefonia, una pay tv o un fornitore di connessioni internet.
Quanti soldi possono essere chiesti, al massimo? Che cosa ci si rimette, magari dopo aver approfittato per qualche mese di sconti e benefit? Esistono reti di protezione? Nel caso di variazioni unilaterali dei contratti, da parte delle aziende di riferimento, resta in vigore il sistema attuale: i clienti hanno il diritto di non accettare le modifiche calate dall’alto e di recedere, senza penali né spese.
Quale è il campo di applicazione delle direttive
La nuova disciplina riguarda tutti i costi che le società di settore addebitano agli utenti, quando sono questi ultimi a decidere di cambiare operatore o interrompere il rapporto contrattuale. Si tratta delle spese sostenute dalle aziende (senza ricarichi) per dismettere o trasferire il cliente, della restituzione degli sconti accordati al nuovo utente attratto con offerte promozionali, del pagamento delle rate residue dei prodotti (smartphone, decoder…) e dei servizi supplementari (configurazione e attivazione di una linea e simili) offerti insieme al servizio principale.
Le spese non devono superare il canone mensile
Le spese di recesso richieste all’utente – primo cardine delle linee guida – devono essere commisurate al valore del contratto e ai costi reali sopportati dalla società di settore. In soldoni, ha stabilito Agcom, non possono superare l’importo del canone mensile mediamente pagato dal cliente che passa in corsa a un altro operatore o vuole sospendere un abbonamento. Il recupero degli sconti, però, è conteggiato a parte e viene aggiunto alla somma base. Cambiano, per definire l’importo relativo alle agevolazioni, le modalità di calcolo.
Taglia alle richieste di restituzioni degli sconti
Anche la richiesta di restituzione degli sconti concessi al cliente, altro caposaldo, deve essere equa e proporzionata al valore del contratto e alla durata residua della promozione associata. Viene così messa fine alla prassi della pretesa di farsi ripagare integralmente, in caso di recesso anticipato, gli abbuoni erogati. Gli operatori potranno richiederne ancora il versamento, ma in misura inferiore a quella fin qui applicata.
Di quanti soldi si parla? Un esempio
Un esempio, per capire meglio. “Supponiamo di avere un’offerta a canone pieno di 30 euro e in promozione a 20 euro” provano a spiegare da Agcom. “Prima dell’intervento dell’Autorità l’operatore poteva chiedere l’intero ammontare degli sconti goduti dal cliente e, dunque, nel nostro caso 10 euro (pari alla differenza tra canone pieno e canone in promozione) e per il numero di mesi di permanenza dell’utente nell’offerta. Ora l’operatore può richiedere solo parte degli sconti goduti, dati dalla differenza tra canone medio (calcolato come media tra il canone a prezzo pieno e quello in promozione) e il canone in promozione. Nella situazione tipo presa in considerazione – ecco il risultato – l’importo sarà pari a 5 euro per il numero di mesi di permanenza nell’offerta”.
Pagamenti anche a rate, non solo una tantum
Terza novità, sempre pro consumatori: chi recede anticipatamente da un contratto da adesso in poi potrà scegliere se continuare a pagare la somma residua dovuta in più rate (relative ai servizi e ai prodotti offerti congiuntamente al servizio principale) oppure con la formula una tantum, tutta insieme. L’Agcom ha anche previsto che la durata della rateizzazione non potrà superare i ventiquattro mesi. Stessa durata massima, due anni, è fissata per i contratti che contengono offerte promozionali.
Più informazioni e maggiore trasparenza
Nel solco di quanto stabilito dalla legge concorrenza, inoltre, sono stati rafforzati gli obblighi informativi e di comunicazione: gli operatori, in particolare, dovranno rendere note tutte le spese che l’utente dovrà sostenere in ogni mese nel quale il diritto di recesso potrebbe essere esercitato.
Unc: “Bene, ma vanno abolite tutte le spese di recesso”
L’Unione nazionale consumatori plaude all’emissione delle linee guida. E subito rilancia: “Bene – dice il presidente, Massimiliano Dona – ma ciò che serve è l’abolizione in toto delle spese di recesso. Chiediamo al Parlamento di varare al più presto una nuova legge annuale sulla concorrenza, dopo la legge farsa numero 124 dello scorso anno. Le vecchie penali, fatte uscire ufficialmente dalla porta con la prima lenzuolata Bersani, sono rientrate subito dalla finestra sotto forma di spese giustificate. Anche se le spese adesso andranno commisurate al valore del contratto e ai costi sostenuti dalle aziende – continua – non avremo una vera concorrenza, finché non saranno abolite del tutto, come per i mutui. Solo così gli utenti potranno essere realmente liberi di scegliere l’operatore più conveniente”.
Gli altri diritti degli utenti
L’Unc ricorda altre due “vecchie” regole già in vigore, ribadite dall’Autorità. Il cliente ha diritto al riconoscimento del credito residuo che ha sul cellulare e, in caso di portabilità del numero, anche alla sua trasferibilità. La sopravvivenza del “tesoretto” è prevista pure in caso di scioglimento del rapporto contrattuale.
Non è invece ammessa la possibilità di trasferire l’eventuale credito residuo su altra sim dello stesso gestore. L’utente, inoltre, deve poter recedere dal contratto o richiedere il trasferimento presso un altro operatore di telecomunicazioni con un preavviso non superiore a 30 giorni. L’operatore, a sua volta, ha 30 giorni al massimo per provvedere alla disattivazione o al trasferimento dell’abbonato “in fuga”.
Che cosa fare in caso di abusi
Se arrivano richieste esose e ci sono presunti abusi (perché non è detto che tutte le società interessate si adeguino – e subito – alle nuove linee guida) la prima mossa da fare è presentare un reclamo direttamente all’operatore di riferimento, “preferibilmente in forma scritta”, suggeriscono dall’Unione nazionale consumatori. In questo modo – come viene spiegato sul sito istituzionale di Agcom (agcom.it) – si attiva una procedura finalizzata a trovare una soluzione.
Le modalità di inoltro sono varie (attraverso il servizio di assistenza clienti dell’azienda controparte, a mezzo posta, con e-mail semplice o certificata, per fax o telefono). L’importante è conservare la prova dell’avvenuta ricezione del reclamo da parte del gestore (codice identificativo del reclamo che l’addetto di call center è tenuto a rilasciare, copia o ricevuta dalla mail…).
Reclami e richieste: come procedere
Il reclamo deve essere esaminato e gestito entro 45 giorni dal ricevimento (oppure nel termine più breve indicato nel contratto e/o nella carta dei servizi) e l’esito va comunicato all’utente. Se la risposta è negativa, o non arriva, il cliente insoddisfatto può far avviare un tentativo di conciliazione attraverso la piattaforma conciliaweb di Agcom (conciliaweb.agcom.it) o tramite un soggetto esterno abilitato (le associazioni di consumatori iscritte in uno specifico elenco o altri mediatori riconosciuti).
Se la conciliazione dà risultati condivisi, l’”arbitro” redige un verbale – titolo esecutivo a tutti gli effetti – con il quale si prende atto dell’accordo che conclude la controversia tra le parti. Se invece non si raggiunge l’accordo, su tutti o su alcuni dei punti trattati, per l’utente le successive opzioni sono due: chiedere alla stessa Autorità o a uno dei suoi Corecom (la struttura territoriale, una per regione) la definizione della controversia (a condizione che non siano passati più di tre mesi dalla data di conclusione del tentativo di conciliazione) oppure fare ricorso alla giustizia ordinaria.
Come presentare una denuncia ad Agcom
Parallelamente alla via del reclamo è possibile presentare una denuncia a Agom (oppure anche all’Antitrust). Si deve utilizzare il modello D reperibile sul sito ufficiale (alla pagina “Denunce all’Autorità”, in agcom.it), Per avere assistenza alla compilazione, se si hanno difficoltà, occorre mandare una mail all’indirizzo [email protected]. L’analisi degli esposti raccolti, viene garantito, “contribuisce a far individuare i problemi degli utenti e a contrastare gli abusi perpetrati a danno dei consumatori, con sanzioni o misure di tipo regolamentare”.