All’interno del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che è stato approvato da Bruxelles e che sarà finanziato con i soldi del Recovery Fund, la parità di genere rappresenta una priorità. Draghi ha annunciato che verranno investiti 7 miliardi di euro da qui al 2026 e sicuramente il Piano contiene obiettivi precisi e misure che vanno nella direzione giusta.

Da quale situazione partiamo?

L’Italia arranca sul gender gap agli ultimi posti delle classifiche internazionali e la pandemia ha addirittura peggiorato la situazione, sia in termini di distribuzione dei carichi di lavoro all’interno della famiglia sia di prospettive occupazionali, colpendo soprattutto le donne.

Cosa prevede il Pnrr per le donne?

Va fatta una premessa: la condizionalità dei fondi – che devono essere spesi tutti entro il 2026 con un monitoraggio attento e una valutazione precisa degli stanziamenti e del loro impatto – ha portato una dose di sano realismo all’interno del Piano. Dopo la prima versione piuttosto fumosa presentata a gennaio scorso, con indicazioni di principi generali e pochissime azioni definite, il documento si è fatto concreto. Il che, gioco forza, lo espone alle critiche.

I fondi destinati al gender gap dal Pnrr si dividono in interventi diretti, volti a promuovere imprenditoria femminile e occupazione: il “fondo impresa donna”, la revisione delle procedure di reclutamento nella Pubblica amministrazione o la definizione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere (il cosiddetto “Equal Salary”). Sono misure potenzialmente in grado di generare impatti misurabili e veloci. Ci sono poi tutta una serie di fondi indiretti, per esempio della missione “Istruzione e Ricerca”, che hanno l’obiettivo di incentivare occupazione femminile e parità di genere.

Cosa verrà fatto per gli asili e le materne?

Verranno destinati circa 4,5 miliardi di euro agli asili nido e alle scuole per l’infanzia. Si è deciso di privilegiare queste misure con un ragionamento semplice: interveniamo sui settori di assistenza e cura, dove le donne vivono maggiormente l’asimmetria che dà il la a disuguaglianza e discriminazione. Liberiamo tempo e favoriamo la conciliazione tra tempi di vita e lavoro.

Quanti posti in più ci saranno? L’Italia arranca in Europa rispetto a un indicatore: il rapporto tra posti disponibili negli asili nido e numero di bambini tra 0 e 3 anni. Attualmente è al 25.5% con obiettivo europeo del 33% e fortissime differenze geografiche (in alcune regioni la percentuale scende al 6%). I posti negli asili nido sono oggi circa 355.000 e con questo intervento ne verranno creati altri 228.000. Insomma, è una misura molto significativa.

Mamma bambini

Si creeranno nuove opportunità di lavoro per le donne?

La risoluzione del problema asilo nido può avere una ricaduta importante sull’occupazione e sul Pil: solo per il 2021 è previsto un aumento di 1 punto percentuale dell’occupazione femminile, con crescite successive negli anni a venire. Più domanda di lavoro per educatori e insegnanti delle scuole di infanzia; più tempo per le donne la cui occupazione aumenterà: Banca d’Italia stima addirittura che se l’occupazione femminile arriverà al 60% il Pil potrebbe crescere di 7 punti percentuali.

Il Pnrr stanzia risorse sufficienti?

È presto per dirlo, ma si tratta di un investimento concreto che va nella direzione giusta. Semmai i dubbi nascono fuori dal Pnrr, dove un segnale importante poteva essere dato dal governo Draghi nelle nomine del Nucleo Tecnico il cui compito è monitorare l’attuazione del Piano. Non una donna è stata nominata e non si tratta di un gesto puramente simbolico, ma di un’azione concreta.

Lo dimostrano molti studi sperimentali del premio Nobel per l’Economia Ester Duflo: uomini e donne hanno preferenze diverse anche rispetto alle politiche da applicare. Là dove le donne ottengono più rappresentanza, vengono decise politiche che rispecchiano meglio le priorità femminili e che aumentano il potere contrattuale di una donna all’interno della famiglia, di un’azienda o di un’istituzione. Dare potere alle donne dunque incide sulle politiche adottate: per questo sarebbe bene partire da qui.

Recovery Fund: i 6 settori di intervento

L’Italia è la prima beneficiaria in Europa del NextGeneration UE (Recovery Fund): riceve risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026. Il Pnrr del governo (finanziato con il Recovery fund e altri fondi) si articola in 6 missioni: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura 49,86 miliardi; Rivoluzione verde e transizione ecologica 69,94 miliardi; Infrastrutture per una mobilità sostenibile 31,46 miliardi; Istruzione e ricerca 33,81 miliardi; Inclusione e coesione 29,83 miliardi; Salute 20,23 miliardi.

Luciano Canova economista
L’autore di questo articolo
Luciano Canova insegna Economia Comportamentale al master della Scuola Enrico Mattei. Il suo ultimo saggio è Favolosa economia (HarperCollins).