Riscattare la laurea diventa molto più conveniente grazie al cosiddetto “decretone”, approvato dal Governo, che contiene anche “Quota 100” e il reddito di cittadinanza. L’esecutivo ha deciso, infatti, di fissare una cifra uguale per tutti, pari a 5.241,30 euro per ogni anno di studio universitario. L’intenzione è quella di rendere più appetibile e vantaggioso il riscatto, che così diventa ancora più conveniente per coloro che oggi hanno una retribuzione più elevata, che possono arrivare a uno sconto del 60%.
La nuova norma viene applicata però solo agli under 45 che abbiano iniziato a lavorare dopo il 1996, dunque sono soggetti esclusivamente al regime contributivo per il calcolo pensionistico. “Abbiamo detto ai giovani che la loro pensione è a portata di mano e dunque possono costruirsi il loro percorso previdenziale. Noi abbiamo deciso di intervenire anche sui buchi magari dovuti a periodi di disoccupazione” ha spiegato il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.
A differenza del regime retributivo, infatti, con il contributivo il calcolo dell’assegno di pensione avviene sulla base dei contributi versati nel corso della vita lavorativa e non su quella dell’ultima retribuzione. Riscattando anche il periodo universitario, il vantaggio è di aumentare il periodo contributivo per raggiungere prima l’età pensionabile.
Il riscatto della laurea: cos’è
La legge italiana consente di riscattare, dunque di versare a posteriori, i contributi universitari per tutti coloro che sono iscritti all’AGO, l’assicurazione generale obbligatoria, o a forme equiparate e sostitutive, come la gestione separata o quella dei commercianti. Riguarda, dunque, tutti i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, i lavoratori autonomi, i professionisti, imprenditori, artisti, ecc.
È possibile riscattare la laurea anche per i giovani ancora senza lavoro, dunque inoccupati.
Cosa cambia
Se con la legge Fornero del 2012 l’età per godere della pensione di anzianità si è spostata notevolmente (43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini, un anno in meno per le donne), rendendo meno vantaggioso il riscatto degli anni di studio universitari, con “quota 100” la situazione si ribalta: versare i contributi per raggiungere la laurea aiuta a raggiungere prima la pensione. L’unico limite è che la misura sarà applicata solo a chi ha meno di 45 anni e ha iniziato a lavorare dopo il 1996. Questo perché è da quella data che è stato modificato il sistema di calcolo della pensione, passando dal sistema retributivo a quello contributivo. Anche il Governo Renzi aveva ipotizzato una misura analoga, ma estesa a tutti, con l’inconveniente di un costo eccessivo per lo Stato. Per questo il provvedimento non aveva avuto seguito.
Con la nuova norma è prevista una rata uguale per tutti, pari a 5.241,30 euro all’anno per ogni anno di studio da riscattare. Secondo la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro lo sconto previsto è notevole: un lavoratore con una retribuzione annua di circa 40.000 euro avrebbe dovuto versare 13.200 euro. Con le nuove disposizioni, invece, la cifra è più che dimezzata con una riduzione del 60%.
E’ inoltre prevista la detraibilità dell’onere al 50% in cinque anni, oltre alla rateizzazione in 60 mesi.
Alcune simulazioni
Finora l’importo per il calcolo del riscatto della laurea era rapportato al 33% del minimo imponibile contributivo per commercianti e artigiani, ossia 15.710 euro annui. Anche calcolando un ritocco, previsto per il nuovo anno, si arriverebbe a 15.882,81, con un contributo di 5.241,32 euro richiesti per ciascun anno di studio. In totale si devono sborsare dai 15 mila ai 25 mila euro, a seconda del tipo di laurea (breve o quinquennale). La nuova norma non ha dunque influenza sui neolaureati, che partono da una retribuzione bassa, ma influisce di molto su coloro che lavorano giù da tempo e possono contare su una retribuzione maggiore. Ad esempio, con 30.000 euro di reddito annuale, il conto del riscatto della laurea con la precedente legge sarebbe stato di 9.900 euro all’anno, salito a 14.850 in caso di reddito da 45.000 euro annui e a 19.800 con un reddito di 60.000 euro.
Perché riscattare la laurea conviene
Il riscatto degli anni di studio all’università permette di aggiungere almeno due anni di contribuzione a seconda della durata del corso di studi seguito, utile ai fini del calcolo dell’età pensionabile. “Con ‘quota 100’ è ancora più appetibile perché la nuova norma, prevista nel decreto fiscale, richiede un’anzianità contributiva di 38 anni e 62 di età anagrafica. È chiaro che, ad esempio, 4 anni di contribuzione in più su 38 sono molto più incisivi rispetto ai 43 (e 3 mesi per gli uomini) contemplati dalla Riforma Fornero” spiega a Donna Moderna Antonello Orlando, esperto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
Ma i vantaggi non finiscono qui: “I versamenti volontari sono considerati contribuzione effettiva, a differenza di quelli della disoccupazione. I contributi non da lavoro, infatti, non sono tutti uguali e questo spesso confonde” aggiunge Orlando. Il riscatto della laurea, quindi, vale di più e facilita l’accesso alla pensione. Esistono poi altri vantaggi. Ad esempio la legge 247/2007 prevede per gli inoccupati un parametro forfettario di calcolo dei contributi da versare, molto vantaggioso perché riferito alla retribuzione minima dei lavoratori artigiani e commercianti (legge 233/1990, che nel 2017 aveva il valore di 15.548 euro).
A ciò si deve aggiungere un’altra possibilità che in questo caso è conveniente per i genitori: “Il costo del riscatto può essere sostenuto anche da madre o padre che hanno a carico l’inoccupato e che possono portare in detrazione fiscale la spesa. In pratica è come se si facesse un investimento sul futuro del proprio figlio, accollandosi l’onere del pagamento in quanto titolari di reddito, ma intanto godendo di una detrazione ai fini della propria situazione reddituale. Tutto ciò è poi rateizzabile in 10 anni senza applicazione di interessi” spiega l’esperto.
I lavoratori non più giovani
Finora la categoria per la quale era ritenuto più conveniente presentare domanda di riscatto erano i giovani inoccupati, perché il calcolo della spesa avviene su base forfettaria e si presuppone che un lavoratore meno anziano abbia anche uno stipendio più basso. Le cose, però, potrebbero cambiare presto anche per donne e uomini di età compresa tra i 50 e i 60 anni.
“Una delle proposte contenute nella legge di bilancio riguarda un’altra forma d’incentivo allettante, sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Prevede che siano questi ultimi a pagare i riscatti della laurea per i dipendenti, nel momento in cui propongono un’uscita anticipata. È una sorta di benefit che potrebbe essere proposto al dipendente, purché lasci prima il lavoro, accollandosi la spesa del riscatto, dunque pagandogli 4 o 5 anni di contribuzione ai fini pensionistici. Questa proposta è favorevole sia per il lavoratore, sia per il datore, perché finora questa possibilità era prevista solo per i dipendenti del settore bancario, mentre per tutti gli altri era soggetta a tassazione prima del versamento. Facendo un esempio: 100 mila euro ipoteticamente offerti al dipendente per pagarsi i contributi, dovevano finora essere prima tassati, poi versati. Con la novità della manovra, sarebbe direttamente utilizzabili dal datore per far fronte al riscatto della laurea del dipendente in uscita” spiega Orlando.
Quanto costa il riscatto
Negli ultimi anni sono state circa 10mila le domande presentate ogni anno all’Inps. A disincentivare questa pratica è stata, come anticipato, la legge Fornero del 2012, che ha allungato l’età pensionabile lasciando intatti i costi del riscatto del periodo di studi universitari, che spesso è piuttosto oneroso.
Nel caso di un lavoratore dipendente con laurea e un guadagno di 20mila euro lordi, per esempio, il costo è pari a circa 26.500 euro. Viene calcolato, infatti, applicando un’aliquota del 33% allo stipendio lordo annuo, pari quindi a 6.600 euro, moltiplicati poi per 4 anni di studio accademico. È prevista la possibilità di pagamento in 120 rate mensili (10 anni), pari 220 euro ciascuna.
Come visto, invece, nel caso di uno studente inattivo ancora in cerca di un’occupazione, il calcolo parte da 15.548 euro, ossia il reddito minimale. Riscattare 4 anni di università costerà in questo caso circa 20.500 euro, pagabili senza interessi con rate da 170 euro al mese.
Si tratta di una cifra molto inferiore a quella che tocca attualmente a un 40enne che abbia, ad esempio, un reddito di 36mila euro annui. In quest’ultimo caso la cifra da sborsare sarebbe di 52.000 euro.
Come riscattare la laurea
Hanno diritto a chiedere il riscatto della laurea tutti coloro che hanno conseguito diplomi universitari (minimo due anni, massimo tre), diplomi di laurea (minimo 4, massimo 5 anni, dunque non per i periodi fuoricorso), diplomi di specializzazione post laurea con un corso non inferiore a due anni, dottorati di ricerca, titoli accademici previsti dal decreto 3 novembre 1999, n. 509 (Laurea dopo un corso di durata triennale e laurea specialistica dopo un corso biennale propedeutico alla laurea).
Il riscatto può riguardare l’intero periodo o singole parti. Una volta iniziato il riscatto, non è possibile chiedere la rinuncia o la revoca della contribuzione.