L’assegno di mantenimento per i figli è un tema sempre “caldo”, senza distinguo tra i ceti sociali, e le cronache puntualmente ce lo dimostrano: a discutere dell’assegno di mantenimento sono finiti in tribunale anche il ct della Juve Massimiliano Allegri e Piero Chiambretti, in polemica con le loro ex.
Assegno di mantenimento: chi e come decide
«Il mantenimento resta uno dei maggiori terreni di scontro tra gli ex, anche perché nel nostro Paese, al contrario di altri, non esistono norme o tabelle per stabilirne l’importo in modo automatico», spiega l’avvocato Armando Cecatiello, esperto di diritto di famiglia e di tutela dei patrimoni, e autore del libro Patrimoni Famiglie e Matrimoni. Conoscere i propri diritti e doveri per scelte consapevoli e serene appena pubblicato in collaborazione con Forbes. «È il giudice a decidere di volta in volta se e quanto uno dei due genitori debba all’altro per il mantenimento dei figli. E si basa essenzialmente su due criteri: il tenore di vita attuale dei genitori, quello della famiglia quando era ancora unita e gli effettivi costi dei figli ». Spesso però è proprio questa la principale fonte di dissidio. Come accordarsi al meglio, allora?
Che spese sono comprese nell’assegno di mantenimento?
Per prima cosa, quando viene stabilito l’assegno bisogna tenere conto di diversi fattori, che a volte si trascurano. «Sappiamo che la cifra mensile viene corrisposta da un genitore a quello che trascorre più tempo con i figli, a copertura delle spese ordinarie, come cibo, abbigliamento e utenze», spiega l’avvocato Cecatiello. «Ma bisogna anche andare oltre il criterio puramente economico. Chi passa più tempo con i figli impiega più risorse ed energie, e probabilmente si sacrificherà di più sul lavoro. Tutto questo deve entrare nel conteggio», chiarisce l’avvocato.
Se i genitori trascorrono lo stesso tempo con i figli?
E se gli ex si accordano per trascorrere con la prole periodi della stessa durata, per esempio una settimana e una settimana? Non è detto che l’assegno in questo caso non sia dovuto. «Se la situazione economica dei due è molto differente, si può stabilire che il più benestante versi all’altro un assegno perequativo. È un modo per garantire che non si creino squilibri, e che i figli mantengano il più possibile lo stesso tenore di vita, indipendentemente dal genitore con cui abitano in quella settimana».
Come calcolare la cifra?
L’importo dell’assegno mensile viene generalmente pattuito tra le due parti, e solo in mancanza di un’intesa ci si rivolge al giudice. «Questa è una fase delicatissima. Il consiglio che dò ai miei clienti è di ragionarci con calma, perché una volta siglato l’accordo, tornare indietro sarà più difficile. Ho visto molti che, pur di chiudere subito la questione, hanno accettato condizioni che con il tempo si sono rivelate svantaggiose», racconta l’avvocato. «Quando si arriva al momento di stabilire una cifra, ai miei clienti consiglio di ragionare sui prossimi 5 anni, è l’orizzonte temporale giusto per non farsi trovare impreparati. È un arco di tempo sufficientemente lungo per capire cosa può succedere nell’immediato futuro: si può chiudere un mutuo, magari scade il contratto di una casa che si è data in affitto, insomma la situazione economica può variare in meglio o in peggio. Inoltre bisogna sempre partire dall’assunto che le spese per i figli crescono con il passare del tempo, e quello che sembra una buona cifra oggi, tra qualche anno non lo sarà più. L’ideale è farsi aiutare da un commercialista, per fare una proiezione sul lungo periodo».
Come regolarsi con le spese straordinarie?
Un’altra fonte di lite sono le spese straordinarie. L’università fuori, il campeggio con gli amici, il corso di musica ma anche il dentista. Alcune possono essere decise senza il consenso dell’altro genitore, ma per quanto riguarda tutto il resto, i motivi di conflitto possono essere tantissimi. Persino l’apparecchio per i denti rientra tra le decisioni da concordare se si è seguiti da un dentista privato, come nella stragrande maggioranza dei casi. «Per evitare motivi di conflitto, alcuni tribunali hanno stilato protocolli con l’elenco delle spese che possono essere fatte in automatico, e quelle su cui occorre l’ok», spiega Cecatiello. Una buona regola sarebbe stabilire tutto prima, seguendo linee guida chiare. Va anche detto che anche le uscite extra non devono necessariamente essere ripartite in misura uguale. Chi ha di più può contribuire in una percentuale maggiore, ma anche in questo caso l’accordo va trovato in fase preliminare.
Si può chiedere la revisione dell’assegno di mantenimento?
Lo abbiamo visto con il caso di Piero Chiambretti, che si è rivolto al giudice per rivedere l’assegno di mantenimento per sua figlia dopo che le sue entrate si sono dimezzate. Può succedere, infatti, che la situazione economica di uno dei due genitori cambi. Cosa accade? «È legittimo chiedere una revisione dell’assegno, che deve essere riparametrato di volta in volta», chiarisce il matrimonialista. «Non ci sono regole fisse, se per esempio il genitore versa un assegno di piccola entità, anche un aumento di poche centinaia euro al mese può giustificare la revisione della quota». Se si vuole chiedere un aumento della somma versata dall’ex, non serve necessariamente dimostrare il miglioramento delle sue condizioni economiche. «A volte è sufficiente dimostrare che il suo tenore di vita è cambiato. Mi spiego meglio: se il mio ex o la mia ex acquista una macchina nuova costosa, frequenta ristoranti stellati, va in vacanza quattro volte all’anno mentre fino a un anno prima si limitava a una settimana al mare in agosto, devo presumere che qualcosa è cambiato, e posso chiedere una revisione degli accordi».
La richiesta di revisione può essere rigettata?
Oggi, tra l’altro, tutto questo è anche più facile da scoprire, visto che la maggior parte delle persone mette in mostra la sua vita sui social. «La richiesta può essere oggetto di negoziazione tra avvocati. Se poi l’accordo non si trova, non resta che la strada del giudice», sottolinea Cecatiello. Attenzione però, continua l’avvocato, l’istanza deve essere motivata da fatti nuovi e da dati oggettivi, e deve trascorrere un tempo congruo dal precedente accordo o dalla sentenza. una domanda presentata a soli sei mesi rischia di essere rigettata. «In più di un’occasione il tribunale di Milano ha giudicato ricorsi di questo tipo del tutto infondati, e condannato il coniuge soccombente al risarcimento dei danni per “lite temeraria”».