Con la fine dello stato di emergenza, il 31 marzo scatta per tutti il ritorno alla normalità, dopo due anni neri di pandemia. Sarà però anche il momento di riscrivere le regole di convivenza e di lavoro, prime tra tutte quelle sullo smart working, che coinvolge tra i 5 e gli 8 milioni di persone.
Ma cosa accadrà nelle aziende? Si torna in massa, o si attendono nuovi accordi? E quali i diritti dei lavoratori? «D’ora in poi, per parlare di smart working bisognerà fare riferimento a un sistema di regole molto più articolato», premette Enzo Mesagna, segretario di Cisl Lombardia. «Questo significa che da aprile, se le aziende non hanno stretto nel frattempo accordi collettivi con i sindacati, si torna alla modalità precovid: tutti in ufficio, salvo accordi individuali». Vediamo cosa possono fare i dipendenti.
Se vuoi restare a casa
Se vuoi restare a casa, devi presentare una richiesta al tuo datore di lavoro, prima del 1° aprile, proponendo un accordo individuale. Puoi anche affidarti al rappresentante sindacale, e fare la domanda con altri colleghi che hanno le tue stesse esigenze. «Il datore di lavoro non è però tenuto ad accogliere la richiesta» avverte Mesagna. «E l’eventuale accordo dovrà tenere conto delle esigenze produttive dell’azienda. Anche i cosiddetti lavoratori fragili non avranno automaticamente diritto a lavorare da casa, salvo accordi aziendali».
Smart working: cosa puoi contrattare
Intanto chiariamo che l’adesione allo smart working è volontaria, chi vuole rientrare in ufficio non può essere obbligato a restare a casa. Per passare al lavoro agile, inoltre, vanno definiti orari e luoghi (alcuni si possono escludere) giornate di presenza in ufficio, dotazioni informatiche. «Queste dovrebbe fornirli l’azienda, ma si può decidere per esempio che venga usato lo smartphone del lavoratore, e la sim fornita dall’ufficio, o viceversa, così per il pc aziendale», dice Mesagna.
Smart working: un orario va definito sempre
«Occhio al diritto alla disconnessione» consiglia il sindacalista. «Significa stabilire per iscritto tempi di lavoro e tempi di riposo. Il rischio altrimenti è ritrovarsi davanti al pc 12 ore al giorno e sovrapporre le attività casalinghe con quelle lavorative, a scapito della produttività. L’ideale sarebbe definire orari di lavoro e un margine di tempo per la reperibilità, in cui il lavoratore fa altre cose ma può essere contattato per esigenze particolari».