Chi ha scelto lo smart working dice di riuscire a conciliare meglio gli impegni di lavoro con quelli familiari. Il lavoro agile, flessibile negli orari e nelle sedi, scelto dai dipendenti in accordo con la proprietà, offre anche questo. Un disegno di legge in discussione in Parlamento cerca di regolamentarlo anche se è già praticato in alcune grandi realtà produttive italiane.
Vediamo perché questa nuova formula di lavoro potrebbe tornare utile tanto ai lavoratori e alle lavoratrici, quanto alle aziende.
Perché conviene ai lavoratori
Immaginiamo una mamma che per recarsi in ufficio deve sorbirsi due ore di mezzi pubblici fra andata e ritorno. Tutto tempo sottratto, per esempio, ai figli e a se stessa. Lavorando da casa, invece, riuscirebbe a organizzare meglio la qualità e la quantità del suo tempo. È lei a decidere come scandire la sua giornata, che pause prendersi, come alternare produttività e relax. “Questo si può fare grazie allo smart working: per definizione, una modalità di lavoro innovativa basata, anche grazie ad un intelligente uso delle nuove tecnologie, su un forte elemento di flessibilità, in modo particolare, di orari e di sede” ci spiega Giancamillo Palmerini, dottore di ricerca in diritto del lavoro e cultore della materia in gestione delle risorse umane presso l’Università di Pisa.
Pc, reti, conferenze via web e documenti elettronici condivisi permettono la gestione delle pratiche anche senza essere fisicamente presenti in ufficio. Aggiunge Palmerini: “Molti esperti sostengono che il futuro dell’organizzazione del lavoro passerà necessariamente da qui. Quando, infatti, il lavoro incontra le nuove tecnologie nascono sempre più spesso occasioni che non possiamo più permetterci di ignorare e che ci devono portare a un importante e irrinunciabile cambiamento di mentalità”.
Perché conviene alle aziende
Un’organizzazione smart può migliorare la produttività? Risponde Palmerini: “Numerose ricerche realizzate anche al di fuori dei confini nazionali ci dimostrano che chi lavora fuori dell’azienda è mediamente più produttivo anche del 35-40 per cento, rispetto ai dipendenti che sono in ufficio. Inoltre, si assenta circa il 63 per cento in meno”. Numeri questi che si tradurrebbero in vantaggi economici per le imprese.
“L’adozione, anche in Italia, di pratiche di smart working significherebbe ben 27 miliardi di euro in più di produttività e 10 miliardi di euro in meno di costi fissi per le imprese. L’Italia – ricorda Palmerini – non può perdere quest’occasione di innovare, in maniera intelligente, il suo mercato del lavoro e rendere smart il Jobs Act che rappresenta, finora, il principale atto riformista dell’attuale esecutivo”.
Gli incentivi
Alle aziende sarà conveniente proporre lo smart working ai suoi dipendenti, perché il disegno di legge prevede alcuni incentivi fiscali e contributivi. I datori di lavoro potranno accedere a una quota di quei 430 milioni che costituiscono il “Fondo per la contrattazione di secondo livello”. Come specifica il Jobs Act, il 10% di quella somma potrà finanziare anche accordi per la flessibilità lavorativa.