Meno scaglioni e aliquote Irpef, un ritocco alla No Tax area e un taglio all’Irap sono alcune delle novità in arrivo con la riforma fiscale, attesa da tempo e che al momento vede un’intesa tra tutte le forze politiche. Le novità sono state accolte con favore anche dai commercialisti, da tempo alle prese con una giungla di norme che cambiano fin troppo spesso e con una pressione fiscale ritenuta troppo alta: «Sicuramente è positivo che si sia avviata una riforma che si attendeva da tempo, che porti a un alleggerimento della pressione fiscale, che nel nostro Paese è molto più alta che in altri, ma soprattutto è diventata insostenibile. Basti pensare che tra imposte generali, locali e contributi previdenziali si arriva a versare quasi il 50% dei guadagni» spiega Pasquale Saggese, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale dei Commercialisti.
Importante anche il processo di semplificazione, visto che «viviamo in un sistema definito di “ipertrofia normativa”, con regole che ormai non cambiano più solo di anno in anno, ma di mese in mese, se non di giorno in giorno, da quando siamo in stato di emergenza» aggiunge Saggese.

Ecco cosa cambierebbe e chi ci guadagnerebbe di più dal riordino.

Aliquote Irpef da 5 a 4

La novità principale riguarda la riduzione degli scaglioni dell’Irpef, l’imposta regionale sulle persone fisiche legata al reddito, che passa da 5 a 4. Per la fascia di reddito più bassa, fino a 15mila euro, l’aliquota resterebbe invariata al 23%. Per quella tra 15 e 28mila l’imposta scenderebbe dal 27% al 25%. Riduzione anche per la fascia 28-50mila euro, per cui passerebbe dal 38% al 35%, mentre oltre i 50mila si andrebbe direttamente al 43%. Di fatto sarebbe, quindi, sarebbe cancellata l’aliquota del 41%.
Per attuare questo intervento sono previsti 6,5/7 miliardi, mentre 1 miliardo circa andrebbe al taglio dell’Irap.

Taglio dell’Irap

Cambiamenti sono previsti, infatti, anche per l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, versata dalle imprese. In base all’intesa non dovrebbero più versarla «tutte le ditte individuali e i lavoratori autonomi», comprese le start up innovative. «Chiedevamo un intervento da tempo: certo, la cancellazione immediata non è possibile, ma è giusto andare nella direzione di una progressiva eliminazione di una imposta che ha regole proprie e una base imponibile differente, mentre andrebbe sostituita con un sistema più semplice e chiaro» commenta Saggese.

No tax area e detrazioni

Per la fascia esente da tassazione, per redditi minimi, si valutano piccole modifiche: per gli autonomi potrebbe salire da 4 mila a 5.500 euro, mentre per i pensionati da 8.130 a 8.500 euro. Non dovrebbe cambiare, invece, l’area esente da tassazione per i dipendenti, che rimarrebbe a 8.145 euro. «In questo caso si tratta di ritocchi molto contenuti, che non incidono realmente sui lavoratori autonomi perché riguarda occupazioni occasionali, redditi e pensioni ai minimi» chiarisce l’esperto della Fondazione nazionale dei commercialisti.
Diverso il discorso per il Bonus Renzi da 80 euro, poi portato a 100, che dovrebbe essere cancellato e riassorbito dal riordino delle detrazioni. «Su questo fronte attendiamo di conoscere i dettagli, perché saranno proprio le detrazioni a stabilire la portata della riforma. Le aliquote e gli scaglioni da soli sono positivi, ma non sufficienti. E poi occorre più trasparenza, che potrebbe arrivare anche dal riassorbimento del Bonus Renzi nelle detrazioni generali» spiega Saggese.

Chi ci guadagna di più?

Le modifiche saranno incluse in un emendamento al Ddl di Bilancio, da presentare in prima lettura al Senato prima di Natale. Se dovessero passare, a guadagnarci di più dovrebbe essere chi guadagna tra i 40 e i 60mila euro, almeno per quanto riguarda l’Irpef.
«Osservando le proiezioni sull’ammontare del risparmio che si avrebbe con le novità Irpef, si vede che la fascia che otterrebbe un maggiore risparmio va dai 35/40mila euro fino ai 65/70mila» spiega l’esperto fiscale. La percentuale maggiore di risparmio, infatti, va a chi ha un reddito di 60mila euro (6%), seguito da chi guadagna 45mila euro (5,7%) e 40mila euro (5,4%). In termini assoluti equivalgono a risparmi rispettivamente di 920 euro, 770 e 620 all’anno. Oltre i 70mila euro ci sarebbe invece un crollo del “vantaggio” al 3,9%, pari a 670 euro.
«Ripeto, è un primo passo positivo, anche se occorre tenere presente che ad oggi chi guadagna 51mila euro (lordi), ne versa quasi la metà al Fisco: al 43% di tassazione generale si aggiungono le imposte locali, pari a circa il 2%, più i contributi previdenziali se si tratta di un lavoratore autonomo – spiega l’esperto commercialista – Si tratta di chi guadagna circa 2.500 euro al mese: non parliamo di soggetti con problemi economici, ma neppure di ricchi. Il peso è troppo elevato, occorre ancora mettere mano».