Addio ai ticket uguali per tutti? Cambierà tutto? Pare di sì anche se all’interno del governo ci sono divergenze sui tempi. Il neoministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato la riforma del sistema di compartecipazione alle spese sanitarie, in nome della “maggiore equità”. Allo studio c’è un disegno di legge governativo, legato alla manovra di bilancio, che rimodula meccanismi e importi. I tempi di attuazione? Il premier Giuseppe Conte ridimensiona le prospettive più ottimistiche: “Nessuna urgenza”.
Come funzionerà il ticket?
Il contributo da pagare per visite, esami, farmaci (e forse accesso al pronto soccorso) sarà rapportato e proporzionale al reddito del nucleo familiare (tecnicamente il reddito familiare equivalente Re, commisurato al numero di appartenenti) e crescerà progressivamente, in base a scaglioni prestabiliti (come succede per la tassazione Irpef). Le esenzioni per i malati in condizioni economiche o di salute particolari (per patologie croniche, maternità, invalidità, disabilità, povertà estrema) non spariranno, però potrebbero cambiare. “Chi ha di più è giusto che paghi di più – ha riassunto l’esponente del governo giallo rosso – e chi ha di meno è giusto che paghi di meno. È l’idea di un sistema sanitario universale in cui non conta quanti soldi hai, in che regione vivi o il colore della tua pelle, perché hai il diritto sacrosanto ad essere curato”.
Ci sarà un tetto massimo di spesa?
Non solo. Verrà fissato un importo massimo annuale di partecipazione alla spesa sanitaria, sempre rapportato al reddito equivalente. Una volta superata la soglia, cesserà l’obbligo di pagare il ticket.
E il superticket?
All’esame del ministro e dell’esecutivo c’è anche la questione dei superticket da 10 euro, per ora non inserita nel disegno di legge. Speranza ha già più volte annunciato l’intenzione di abolirli (e in alcune regioni sono già stati tagliati o vincolati alle fasce di reddito), ma ancora non è stati concordato se scalare le risorse dal Fondo sanitario nazionale o trovare altrove la copertura finanziaria .
Servirà a combattere le disuguaglianze?
Tornando al cuore della rivoluzione – la progressività dei ticket – nella relazione che accompagna il ddl si legge: “L’attuale configurazione del sistema di compartecipazione prevedendo l’importo fisso per tutti i cittadini, crea evidenti disparità di accesso al servizio sanitario nazionale in relazione alle capacità di reddito dei singoli cittadini. L’uguaglianza, infatti, si realizza nel momento in cui tutti i cittadini hanno le medesime possibilità di accedere alle prestazioni erogate dal sistema sanitario nazionale. È di tutta evidenza che questo non può prescindere dalle relative condizioni economiche e reddituali”. Il gettito finale, però, dovrà essere lo stesso: “La nuova disciplina dovrà garantire, comunque, un introito per il Servizio sanitario nazionale equivalente a quello attualmente percepito a titolo di ticket e di quota fissa sulla ricetta”.
Cambieranno le detrazioni fiscali?
Resta da capire se il sistema che si sta progettando impatterà anche sulle detrazioni fiscali per spese mediche inserite nella dichiarazione dei redditi. Fin qui si è potuto scalare il 19 per cento degli esborsi, oltre una certa franchigia (129,11 euro per quest’anno). Secondo gli addetti ai lavori, sembra difficile che possa essere mantenuto l’assetto attuale. Altro aspetto da approfondire: chi farà i controlli e con quali risorse?
Quando entrerà in vigore?
Che tempi si prevedono? Nella bozza del ddl si fa riferimento all’emissione di un decreto attuativo interministeriale, quello che dovrà fissare le nuove quote di compartecipazione alla spesa. La scadenza indicata è il 31 marzo 2020. Utopia o risultato alla portata di parlamento e governo? “L’impostazione della riforma e la filosofia di fondo ci sono – risponde Sandra Zampa, sottosegretaria alla Salute – e l’obiettivo finale è chiaro e dichiarato: rendere il sistema sanitario più equo. I tempi saranno spediti, considerata l’importanza del provvedimento, visto il valore politico. Certo, gli aspetti da mettere a punto sono tanti e complessi, all’interno del quadro che è stato definito. L’iter richiede una serie di passaggi obbligati. Tutto, ad esempio, dovrà essere sottoposto alla conferenza Stato-Regioni. Ma l’attenzione – ripete – è massima, così come l’impegno per condurre in porto questo progetto”. E lei è ottimista: “Se non sarà marzo dell’anno prossimo, sarà aprile o maggio”. Ventiquattro ore dopo gli annunci dal fronte del ministero, però, il premier Giuseppe Conte tira il freno: “Gli interventi sul super ticket e sul ticket sanitario – dice – sono programmati non domani mattina ma in un arco temporale più ampio. Ricordo che il nostro progetto non scade a dicembre, ma è da attuare nel corso della legislatura. E anche i tempi degli interventi sono da dosare nel corso dei prossimi mesi e anche degli anni”.
Che impatto avrà sulle famiglie?
Il sito quotidianosanità.it ricorda qualche cifra, per inquadrare l’impatto sulla collettività, oltre che sui singolo: “Il sistema di compartecipazione (specialistica, farmaceutica e pronto soccorso) vale quasi 3 miliardi (importo che comprende il miliardo di spesa che i cittadini decidono di pagare per la differenza tra il farmaco generico passato dallo Stato e quello di marca). Il ticket massimo che si versa ora è di 36,15 euro (per i non esenti). Le esenzioni per reddito stabilite su scala nazionale (poi le singole Regioni si regolano come credono) sono per 4 tipologie: minori di 6 anni e over 65 con reddito familiare entro i 36 mila euro, disoccupati fino a un reddito di 8 mila euro fino a un massimo di 11 mila euro se ci sono figli a carico, titolari di pensione sociale e titolari di pensioni al minimo fino a un massimo di reddito di 11 mila euro. Il superticket invece vale 400 milioni”.
Il nuovo ticket non peserà sempre sui soliti contribuenti?
In rete i commenti non si fanno aspettare. Molte sono le voci positive. Però emergono anche perplessità e dubbi. Dario, ad esempio, scrive: “C’è il rischio che, alzando troppo il ticket ai più abbienti, convenga loro sempre più ricorrere al privato (senza tempi di attesa e a costi quasi simili), trasferendo risorse dal pubblico verso quel settore”. Giuseppe osserva: “La sanità viene finanziata già con la fiscalità generale che è basata sul reddito. Forse a Speranza sfugge che si mungono sempre le stesse vacche”. Un altro Giuseppe incalza: “In un paese che è oppresso da oltre 100 miliardi di evasioni fiscali varie, introdurre il pagamento progressivo dei ticket sanitari in relazione al reddito significa fare un bel regalo agli evasori fiscali e accanirsi sui tonti che pagano regolarmente le tasse per sostenere il Servizio sanitario nazionale, tipicamente dipendenti con trattenuta alla fonte. La classica beffa per un provvedimento dal sapore tardo novecentesco”.