Da sempre utilizzate per decorare abiti da cerimonia e da ballo ma anche per dare un tocco di glamour a capi casual o sportivi, le paillettes finiscono nell’occhio del ciclone quanto a implicazioni ambientali e sociali legate alla loro produzione e impiego. Con l’ascesa dell’abbigliamento sostenibile su red carpet e passerelle, in molti si sono chiesti perché non fare a meno anche di questo ornamento, generalmente realizzato in plastica.
Problema microplastiche: “Impossibile contenerle”
Il problema delle paillettes è lo stesso dei glitter (quelli in plastica e non biodegradabili sono vietati da ottobre 2023 in Europa). Entrambi sono generalmente realizzati in plastica con un rivestimento riflettente metallico. Una volta smaltiti, rimarranno nell’ambiente per secoli, eventualmente frammentandosi nel tempo in pezzi più piccoli. “Poiché le paillettes sono sintetiche e realizzate con un materiale che quasi certamente contiene sostanze chimiche tossiche, ovunque finiscano – aria, acqua, suolo – è potenzialmente pericoloso“, afferma Jane Patton, responsabile delle campagne per plastica e prodotti petrolchimici del Centro per il diritto ambientale internazionale. “Le microplastiche sono un problema pervasivo ed enorme. Poiché sono così piccole e si muovono così facilmente, è impossibile ripulirle o contenerle“.
Paillettes pari al 2% della plastica dispersa nell’ambiente
Secondo uno studio del 2019, le paillettes rappresentano circa il 2% del peso totale della plastica dispersa nell’ambiente. Questo significa che ogni anno vengono rilasciate circa 14.000 tonnellate di paillettes nel mondo, con conseguenze negative per la biodiversità e la salute umana. Le paillettes sono difficili da riciclare e da rimuovere dall’acqua, perciò alcuni Paesi hanno introdotto delle normative per limitarne l’uso o promuoverne delle alternative ecologiche. Tuttavia, la soluzione più efficace sarebbe quella di ridurre il consumo di prodotti che contengono paillettes e di preferire materiali naturali o riciclati.
Moda usa e getta tra le cause di inquinamento
L’organizzazione benefica Oxfam ha intervistato 2.000 donne britanniche di età compresa tra i 18 e i 55 anni. Il 40% ha affermato che avrebbe acquistato un capo di abbigliamento con paillettes per le festività natalizie. Un quarto di loro era sicuro che lo avrebbe indossato di nuovo, in media almeno altre quattro volte prima di metterlo da parte. Il 5% ha inoltre affermato che avrebbe gettato il vestito una volta finite le festività, portando Oxfam a calcolare che 1,7 milioni di pezzi di abbigliamento sarebbero finiti in discarica dopo Capodanno.
Tuttavia “la discarica non è il deposito finale della plastica, ma una potenziale fonte di microplastiche” affermano i ricercatori dopo che uno studio ha provato che i rifiuti liquidi che fuoriescono dalle discariche contengono anche microplastiche.
Gli abiti invenduti possono essere smaltiti
Viola Wohlgemuth, responsabile dell’economia circolare e delle sostanze tossiche per Greenpeace Germania, afferma che il 40% degli articoli prodotti dall’industria dell’abbigliamento resta invenduto in Europa. Tutti questi capi potrebbero poi essere spediti in altri Paesi e smaltiti, afferma. Tra queste spedizioni rientrano, inevitabilmente, gli abiti decorati con paillettes.
Wohlgemuth sostiene di averli visti nei mercati dell’usato e nelle discariche in Kenya e Tanzania. “Non esiste alcuna regolamentazione per le esportazioni di rifiuti tessili. Tali esportazioni sono mascherate da tessili di seconda mano e scaricate nei paesi poveri, dove finiscono in discariche o corsi d’acqua, e inquinano”.
Gli sprechi durante il processo produttivo
Le paillettes vengono fustellate dai fogli di plastica e ciò che rimane deve essere smaltito. “Anni fa, alcune aziende hanno cercato di bruciare i rifiuti nei loro inceneritori”, dice alla BBC Jignesh Jagani, proprietario di una fabbrica tessile nello stato indiano del Gujarat. “Ciò ha prodotto fumo tossico. L’ente statale per il controllo dell’inquinamento ne è venuto a conoscenza e ha costretto le aziende a smettere. Gestire tali rifiuti è davvero una sfida”.
Paillettes e fibre sintetiche
Il problema non sono solo le paillettes, ma anche i materiali sintetici su cui vengono solitamente cucite.
Secondo il Programma ambientale delle Nazioni Unite, circa il 60% del materiale utilizzato per realizzare indumenti è di plastica, come poliestere o acrilico, e ogni volta che gli indumenti vengono lavati perdono minuscole microfibre di plastica. Queste fibre trovano la loro strada nei corsi d’acqua e da lì nella catena alimentare.
L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura stima che i tessili sintetici siano responsabili del 35% delle microfibre rilasciate negli oceani.
George Harding della Changing Markets Foundation, che si occupa di problemi di sostenibilità, afferma che l’uso da parte dell’industria della moda di paillettes e fibre di plastica (derivate dal petrolio o dal gas) dimostra ancora una volta l’eccessiva “dipendenza dalle industrie di combustibili fossili per le materie prime”. Poiché si prevede che la produzione di abbigliamento quasi raddoppierà nel giro di 15 anni, “il problema – conclude – non potrà che peggiorare senza interventi significativi”.