La lotta allo sfruttamento della foresta amazzonica è uno dei principali obiettivi del governo di Luiz Inacio Lula da Silva, tornato presidente del Brasile il 1° gennaio. Alcuni risultati incoraggianti iniziano a vedersi. La deforestazione della parte brasiliana della foresta pluviale amazzonica è diminuita del 33,6% tra gennaio e giugno 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando al potere era il leader di estrema destra Jair Bolsonaro, molto criticato per la sua gestione dell’Amazzonia. Per raggiungere i suoi obiettivi, Lula cerca regolarmente di convincere i paesi più ricchi a finanziare la salvaguardia della foresta. Norvegia e Germania hanno già contribuito al Fondo Amazon creato a questo scopo.
Deforestazione diminuita di un terzo
La deforestazione amazzonica in Brasile è diminuita di un terzo nella prima metà del 2023. Le immagini satellitari dell’Istituto nazionale per la ricerca spaziale del Brasile (INPE) hanno mostrato 2.649 km quadrati disboscati nella prima metà dell’anno, rispetto ai 3.988 tra gennaio e giugno 2022. Solo a giugno la deforestazione è diminuita del 41% rispetto al 2022.
Stop alla deforestazione illegale entro il 2030
“Stiamo arrivando a un trend di costante diminuzione della deforestazione in Amazzonia”, ha dichiarato il ministro brasiliano dell’Ambiente Marina Silva che ha attribuito questi risultati alla “decisione del presidente Lula di fare della lotta al cambiamento climatico e alla deforestazione una politica di governo”. Dalla sua rielezione, Lula ha promesso di annullare le politiche ambientali del suo predecessore e porre fine alla deforestazione illegale entro il 2030. Lula ha predisposto misure drastiche come il sequestro immediato di metà delle aree sfruttate illegalmente all’interno delle aree protette, la creazione di tre milioni di ettari aggiuntivi a queste aree protette entro il 2027, nonché l’assunzione di migliaia di specialisti in questo settore. Sotto il mandato di Jair Bolsonaro (2019-2022), la deforestazione in Amazzonia è aumentata del 75% rispetto alla media dell’ultimo decennio.
Nata l’Alleanza amazzonica contro la deforestazione
Di recente, otto Paesi dell’area amazzonica riuniti in Brasile hanno annunciato il lancio di una “alleanza” contro la deforestazione. Lula ha salutato l’accordo come un “punto di svolta” nella lotta contro il riscaldamento globale. La nascita dell'”Alleanza amazzonica per combattere la deforestazione” è stata siglata a Belem da Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela, ovvero dai Paesi dell’Organizzazione per il Trattato di Cooperazione Amazzonica (OTCA) nata nel 1995 con l’obiettivo di preservare le foreste pluviali della regione, habitat per circa il 10% della biodiversità mondiale. L’obiettivo aggiornato è “evitare che l’Amazzonia raggiunga il punto di non ritorno”, ovvero che l’Amazzonia emetta più gas serra di quanto ne assorba.
“Deforestazione zero”, obiettivo ancora da negoziare
Alcuni esperti hanno giudicato il documento finale del vertice, la Dichiarazione di Belem, come “poco ambizioso”. I Paesi amazzonici infatti non hanno trovato un accordo per impegnarsi concretamente nel perseguire l’obiettivo “deforestazione zero”. “Tutto ciò che non è stato ancora possibile stabilire dal punto di vista dei governi è già un consenso dal punto di vista della scienza e della società”, ha commentato la ministra dell’Ambiente del Brasile, Marina Silva sottolineando che il raggiungimento di obiettivi concreti “fa parte di un processo negoziale” e che “nessuno può imporre la sua volontà a nessuno”.
Appello di Lula ai Paesi ricchi
Il presidente del Brasile ha affermato che “la povertà è un ostacolo alla sostenibilità” e ha rivendicato un maggior peso nella gestione del Fondo mondiale per l’ambiente (Gef) da parte dei Paesi chiamati a preservare le foreste tropicali. Inaugurando la seduta del Vertice dell’Amazzonia allargata ai Paesi invitati (Francia, Norvegia, Congo, Repubblica del Congo e Indonesia), il leader progressista ha ricordato che “il 10% più ricco della popolazione mondiale concentra oltre il 75% della ricchezza ed emette quasi la metà di tutto il carbonio immesso nell’atmosfera“. E nonostante questo, ha ammonito Lula, i Paesi ricchi “non rispettano gli obblighi di sostegno finanziario, cooperazione tecnico-scientifica e trasferimento di tecnologia, sanciti dalle Convenzioni di Rio del 1992″. “L’impegno dei Paesi sviluppati di mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno in nuovi e ulteriori finanziamenti per il clima non è mai stato attuato”, ha insistito.