Senza un intervento deciso per ridurre le emissioni di gas serra, entro 25 anni avremo perso quasi la metà della superficie attualmente coperta dai ghiacciai sulle Alpi italiane. Mentre nel 2100 dovremo dire addio alla quasi totalità (il 94%) della superficie dei nostri giganti bianchi. È quanto emerge dal rapporto «Ghiacciai italiani, addio» diffuso da Greenpeace Italia.

Entro fine secolo ghiacciai italiani ridotti del 94%

Insieme agli esperti del Politecnico di Zurigo e dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL di Sion, in Svizzera, Greenpeace ha lavorato per offrire un quadro previsionale della fusione dei ghiacciai italiani al 2050 e al 2100. I risultati mostrano che dal 2000 a oggi 136 ghiacciai sulle Alpi sono andati persi. Secondo gli ultimi modelli, se non si faranno passi avanti nel contrasto alla crisi climatica, entro fine secolo avremo perso il 94% della superficie dei ghiacciai italiani. Che si ridurrà dagli attuali 379,1 Kmq ad appena 22,8. Significative in questo caso le perdite delle riserve idriche rese disponibili ogni estate dai ghiacciai, indispensabili per sopperire alle minori piogge della stagione secca, che poi si ricostituiscono grazie alle nevicate invernali. Se questo meccanismo si dovesse interrompere, quelle preziose riserve d’acqua dolce andrebbero perse per sempre.

Veneto e Friuli-Venezia Giulia resteranno senza ghiacciai

Nel report Greenpeace fa notare che se fossero rispettati gli accordi di Parigi sul clima, nei prossimi 25 anni risparmieremmo 800 milioni di metri cubi d’acqua, sufficienti a riempire circa 35 piscine olimpioniche ogni giorno per 25 anni. Con il tempo, mantenendo il rialzo delle temperature al di sotto dei 1,5°C, la fusione dei ghiacci rallenterebbe fino a stabilizzarsi. E nel 2100 disporremmo ancora di circa 94,4 kmq di ghiaccio, distribuiti in 222 ghiacciai. Se invece non si facesse nulla per ridurre le emissioni di gas serra, entro fine secolo in Italia rimarrebbero solo 75 ghiacciai, nessuno dei quali in Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

«Se non vogliamo dire addio per sempre ai nostri ghiacciai, perdendo così i benefici forniti da questi ecosistemi naturali preziosissimi, dobbiamo mettere un freno alla crisi climatica e adottare un impiego sostenibile delle risorse idriche», dichiara Federico Spadini, campaigner Clima di Greenpeace Italia: «Il governo italiano deve fissare obiettivi di riduzione delle emissioni ambiziosi e abbandonare al più presto lo sfruttamento di petrolio, gas e carbone, puntando su fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Deve inoltre ridurre gli sprechi e i consumi idrici, a iniziare da quelli legati all’agricoltura e all’allevamento, nonché il consumo di suolo e la cementificazione».

Ghiacciai Dolomiti

Ghiacciai dolomitici al punto di non ritorno

Secondo un altro studio in via di pubblicazione sulla rivista The Cryosphere anche ghiacciai delle Dolomiti sono ormai oltre il punto di non ritorno: si trovano, infatti, al di sotto della cosiddetta linea di equilibrio glaciale. Ciò significa che non possono più accumulare neve per rifornirsi.

La ricerca, alla quale per l’Italia hanno partecipato anche il Comitato Glaciologico Italiano di Torino, l’Università di Roma Tre, l’Agenzia per la Prevenzione e la Protezione Ambientale (Arpa) del Veneto e la Società Meteorologica Alpino-Adriatica, è riuscita per la prima volta a quantificare il volume di ghiaccio che è andato perduto negli ultimi 40 anni. E non solo quello della Marmolada, il ghiacciaio simbolo delle Dolomiti che scende lungo il versante della montagna più alta, ma anche tutti gli altri rimasti sono destinati a frammentarsi e poi sparire.

Grave la situazione del ghiacciaio della Fradusta

Al 2023, ultimo anno preso in esame dallo studio, si contavano nove ghiacciai, anche se la frammentazione della Marmolada in quattro corpi distinti porta il numero totale a 12. «L’area totale di questi ultimi 12 ghiacciai – afferma all’ANSA Andrea Securo di Università Ca’ Foscari di Venezia e Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche – è passata da poco più di quattro chilometri quadrati negli anni ’80 a poco meno di due chilometri quadrati oggi con una perdita del 56%, di cui il 33% a partire dal 2010. Il ghiacciaio che ha subito la riduzione maggiore è quello della Fradusta – aggiunge – che ha visto una diminuzione di spessore medio di 50 metri ed una riduzione areale del 90%». Il ghiacciaio della Fradusta si trova su una delle principali vette delle Pale di San Martino, in provincia di Trento.

L’aumento delle temperature

Analizzando i dati sulle temperature, lo studio ha inoltre evidenziato che in quest’area c’è stato un aumento di circa due gradi in 40 anni, circa 0,5 gradi in più ogni decennio. Allo stesso tempo, è stato registrato un aumento delle precipitazioni nevose ma solo in alta quota: questo fenomeno non è stato quindi sufficiente a controbilanciare la sempre crescente fusione del ghiaccio dovuta a estati sempre più lunghe e sempre più calde.